Nodo franco-tedesco
Il corrispondente a Bruxelles di Libé: "A Parigi un governo a guida Spd non è una buona notizia"
Jean Quatremer prova a decifrare il significato del voto in Germania per l'Eliseo. Per Macron il governo "semaforo" sarebbe una pessima notizia, mentre la presenza della Cdu in maggioranza garantirebbe all'asse franco-tedesco continuità con l'èra Merkel
La nostra chiacchierata sulle elezioni tedesche con Jean Quatremer, storico corrispondente a Bruxelles di Libération e fine conoscitore delle istituzioni europee, inizia con un flashback che ci riporta al settembre 2017, poco prima del voto per il rinnovo del Bundestag. “All’epoca, Macron, fresco vincitore delle presidenziali francesi, pronunciò il suo grande discorso sull’Europa con la speranza di incidere sul risultato delle elezioni in Germania. Il programma della coalizione era stato redatto da Martin Schulz, allora presidente del Partito socialdemocratico tedesco (Spd), e nella sua parte europea era ispirato al discorso di Macron. Ma quando Schulz ha lasciato le redini del partito nel febbraio 2018, e Olaf Scholz ha preso il suo posto, la parte europea non è stata più applicata”, dice al Foglio Quatremer, secondo cui la coalizione che, con tutta probabilità, andrà a guidare la Germania (Spd, socialdemocratici, Fdp, liberali, e Grünen, verdi), non è un’ottima notizia per l’attuale inquilino dell’Eliseo.
“Ogni partito è in contraddizione con alcune delle principali idee di Macron sull’Europa. L’Spd è troppo filo atlantico, pro Nato: non è interessato alla Difesa europea, il grande sogno di Macron. Scholz è ancora legato all’idea che la Germania sia una grande Svizzera, un paese pacifico che fa commercio con tutti in giro per il mondo. L’Fdp, i Liberali di Christian Lindner che hanno chiesto il ministero delle Finanze, difendono il rigore budgetario, in contraddizione totale con la visione francese. In più, sono contrari al Piano per la ripresa dell’Europa. I Grünen sarebbero un problema per la questione della Transizione energetica, poiché sono ostili al nucleare, e Parigi non ha alcuna intenzione di smantellarlo”.
La situazione sarebbe diversa se ci fosse “una coalizione Cdu, Spd e Grünen, con i cristianodemocratici come forza motrice, perché ci si avvicinerebbe invece a una visione macronista dell’Europa. Armin Laschet è il cancelliere ideale di Macron: è stato eurodeputato per cinque anni, a differenza di Scholz che non ha avuto contatti ravvicinati con l’Europa”. Eppure nel giugno del 2018, in occasione di un summit franco-tedesco al castello di Meseberg, Scholz mise la sua firma accanto a quella del suo omologo francese Bruno Le Maire per una riforma ambiziosa della zona euro che conteneva, tra le altre cose, la creazione di un bilancio comune per i paesi Ue. “Era una vittoria per la Francia. L’accordo era stato firmato da Scholz in persona. Ma quest’ultimo, non l’ha mai messo in pratica. L’esperienza francese di Scholz è stata assai modesta fino a qui”, dice al Foglio Quatremer. “Ma va aggiunta una cosa. Bruno Le Maire dice che Scholz, ora, è molto più sensibile alle tesi francesi sull’Europ: forse la pandemia lo ha cambiato. In Germania, ha lanciato un grande piano di investimento, lui che è sempre stato un uomo del rigore. Inoltre – sottolinea Quatremer – un vicecancelliere e ministro delle Finanze non è un cancelliere: sono due mestieri diversi, potremmo avere delle sorprese. Il cancelliere Scholz potrebbe, chi lo sa, rivelarsi un grande europeo”.
Per la ripartenza del motore franco-tedesco, ci vorrà tempo, secondo il giornalista di Libé. “Per esperienza, un cancelliere necessita di tre o quattro anni per comprendere il suo ruolo europeo, l’influenza che può avere in Europa. Su queste cose i tedeschi sono lenti. Helmut Kohl ha preso il potere nel 1982, ma è a partire dal 1988 che diventa lo straordinario europeista che tutti conosciamo. E’ qualcosa di culturale e istituzionale in Germania, perché il cancelliere deve sia imporsi come leader della sua coalizione sia sui Länder. Il cancelliere è primus inter pares: non è come un presidente francese”, spiega Quatremer, prima di concludere: “C’è un ultimo elemento da sottolineare. Quando la coalizione tedesca si formerà, tra gennaio e febbraio, saremo in piena campagna elettorale francese. Macron verrà rieletto, penso, ma avrà una maggioranza in Parlamento? Difficile. Il rischio, dunque, è quello di avere un presidente più debole. Con una coalizione non troppo europeista in Germania e una Francia con un presidente senza maggioranza vedo molta incertezza nel futuro dell’Ue”.