In America
Perché i democratici litigano su “Build Back America”
Questa è la settimana decisiva per il piano economico, sociale e climatico di Joe Biden, ma intanto si rischia lo shutdown
I repubblicani del Senato americano hanno bloccato una legge dei democratici per evitare lo shutdown, cioè la sospensione dei salari del settore pubblico, entro la fine della settimana. I fondi governativi sono stanziati fino al 30 settembre quindi se non si trova un accordo (che riguarda anche l’innalzamento del tetto del debito) da venerdì il sistema americano entrerà in shutdown. E il tetto del debito va alzato entro il 18 ottobre, ha detto il segretario al Tesoro, Janet Yellen, altrimenti non ci sono garanzie per il funzionamento del paese. Questi scontri scandiscono il dibattito del Congresso statunitense, ma questa settimana è decisiva per un’altra ragione, che ha a che fare con la visione del presidente Joe Biden riguardo al futuro del paese: sono previsti anche i voti sul piano per le infrastrutture e sul piano per il clima, due capisaldi del progetto “Build Back America” destinato a cambiare il patto sociale degli americani con un intervento massiccio dello stato nell’economia come stimolo alla crescita e come “reingegnerizzazione” del paese (la definizione è del sito Axios). Ma se sullo shutdown il conflitto è tra repubblicani e democratici, su “Build Back America” è per lo più interno ai democratici (i repubblicani lo contrastano, ma era prevedibile). Il partito deve evitare il default, alzare il tetto del debito, spingere il piano per le infrastrutture da mille miliardi di dollari, ottenere i voti per parte del Green deal e per il piano sociale: ha poche ore per farlo e non può permettersi l’opposizione interna.
Dentro alle riunioni dei deputati democratici si comincia a parlare di compromesso: va bene un accordo di massima per discutere poi i dettagli in futuro (è la linea della Speaker della Camera, Nancy Pelosi) e va bene anche ridurre un po’ gli investimenti in infrastrutture, dicono i negoziatori. Ma nell’ala più radicale (quella che idealmente fa capo all’ex candidato presidente Bernie Sanders) non si vuole cedere, non subito almeno e non in grandi proporzioni, perché il “Build Back America” è il motivo per cui questi democratici più a sinistra hanno sospeso o alleggerito le critiche a Biden: senza, la convivenza si farà difficile. Dall’altra parte, tra i moderati, c’è l’opposizione del senatore della Virginia Joe Manchin e della senatrice dell’Arizona Kyrsten Sinema che dicono che la spesa è eccessiva, stravolge i conti e il patto sociale del paese in un modo che si rivelerà rovinoso. I due sono stati ricevuti ieri alla Casa Bianca: evidentemente Biden pensa che siano più convincibili loro che i più radicali, e comunque due voti contrari dei democratici al Senato sono fatali. In particolare, il compromesso prende il nome di “reconciliation” e di fatto potrebbe fornire ai deputati più a sinistra sufficienti garanzie per votare a favore alla prima conta importante che ci sarà giovedì.
Il problema ora per Biden è evitare che un intoppo da qualche parte del processo rischi di bloccare anche tutto il resto: in questo senso la strategia è già cambiata perché il presidente si è accorto che la sua pretesa di unità, giustificata da una proposta così rivoluzionaria per quanto molto onerosa, non sarebbe stata soddisfatta. Non c’è dialogo tra chi pensa che 3.500 miliardi di dollari di investimento nella società sia il minimo (è la linea dei sandersiani) e chi pensa che siano troppi o riducibili. Chi si prenderà la responsabilità di aver fatto collassare la rivoluzione bideniana? Il presidente scommette: nessuno.