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Quanto costa restare nel “sistema Kurz” ora che è indagato? Il dilemma dei Verdi

Daniel Mosseri

Nella sede del Congresso di Vienna, la polizia non si era mai vista prima d'ora. Grünen e socialisti si domandano: "Cosa deve ancora succedere prima che il cancelliere si dimetta?"

La tentazione di andarsene c’è. Prima però di uscire dal governo nel quale si è entrati per la prima volta nella propria storia politica si conta almeno fino a dieci. La crisi politica scoppiata in Austria con le perquisizioni mercoledì presso la cancelleria federale, il ministero delle Finanze e la sede del partito di maggioranza relativa Övp assieme all’iscrizione di Sebastian Kurz, capo del governo e del partito, nel registro degli indagati per sospetta corruzione, sta complicando la vita ai Verdi del vicecancelliere Werner Kogler. “I fatti devono essere completamente chiariti”, ha affermato Kogler chiamando i suoi a raccolta.

 

In Austria aveva fatto già molto scalpore l’Ibizagate nel 2019: quando l’ex leader dell’ultradestra (Fpö) Heinz-Christian Strache apparve in un video-trappola in cui durante un festino pre elettorale a base di vodka assicurava favori futuri a una sedicente oligarca russa in cambio di altrettanti favori futuri. Il video era del 2017, di qualche mese prima cioè che Strache diventasse vicecancelliere, ma gli costò comunque la carriera nel partito mentre Kurz sbatteva lui e tutta la Fpö fuori dal governo.

Questa volta è peggio: negli uffici della tardobarocca Ballhausplatz, eretta sotto Carlo VI d’Asburgo e poi sede del Congresso di Vienna nel 1815, la polizia non si era mai vista. Anche in Austria vige lo stato di diritto. Strache, che è poi stato condannato lo scorso agosto per corruzione nell’ambito di un’inchiesta diversa dall’Ibizagate, allora perse la poltrona perché la sua posizione di leader del partito anti sistema e anti corrotti non era più sostenibile.

 

E Kurz? Le accuse di corruzione, di falso ideologico, di aver messo in piedi un sistema che produceva sondaggi taroccati con soldi pubblici per mettere lui, l’enfant prodige dei popolari, in bella mostra con l’opinione pubblica sono “infondate” e sono state “sistematicamente costruite” dai procuratori ricavandole da sms e comunicazioni fuori contesto, ha replicato il cancelliere.

Le sue parole non sono però bastate a Kogler secondo cui “in questo contesto viene messa in discussione la capacità di agire del cancelliere”. Dopo aver invitato la politica a rispettare il lavoro della magistratura, il capo dello stato Alexander van der Bellen ha preso l’iniziativa e ha convocato a palazzo i principali gruppi politici del paese. Colloqui a quattr’occhi nell’ala Leopoldina dell’Hofburg (il Quirinale viennese) dai quali Kogler, il primo a essere ricevuto giovedì pomeriggio, è uscito senza rilasciare dichiarazioni. Prima di vedere il capo dello stato, Kurz ha da parte sua ricordato come sia un bene che la magistratura possa indagare su chiunque e allo stesso tempo che la presunzione di innocenza è un caposaldo della Costituzione. Più diretto, ha poi aggiunto: “Lavoriamo bene con i Verdi ma se i Verdi non vorranno più continuare questa collaborazione lo accetteremo”. La palla è dunque nelle mani degli ecologisti, un partito oggi schiacciato fra la responsabilità del governo e le pressioni delle opposizioni.

La leader dei socialisti (Spö) Pamela Rendi-Wagner non ha dubbi: serve una mozione di sfiducia contro il cancelliere mentre non è necessario sciogliere il Parlamento non intaccato dallo scandalo. Perché, ha spiegato, “vale la presunzione di innocenza, ma esiste una responsabilità politica e io mi chiedo: cosa deve succedere prima che Kurz tragga finalmente le conclusioni e si dimetta?”. D’accordo con lei gli ultraliberisti di Neos mentre non sarà certo l’ultradestra oggi guidata da Herbert Kickl a salvare il cancelliere che nel 2019 ha messo alla porta Strache e tutta la Fpö. Come ha ricordato ancora Rendi-Wagner, “sta ai Verdi decidere se vogliono restare partner dell’Övp, partner del sistema-Kurz”. (d.mos)

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