IL NUOVO LIBRO DI FIAMMA NIRENSTEIN
Quei combattenti per i diritti umani che vogliono la distruzione di Israele
Esce in libreria per Giuntina "Jewish lives matter". Nella sua nuova opera, la giornalista fiorentina parte dall'ultimo capitolo del conflitto tra israele e Hamas per analizzare la nuove forme dell'antisemitismo, che coinvolgono i movimenti in lotta per i diritti umani
Nella lunga storia dell’antisemitismo sta accadendo qualcosa di nuovo. L’ostilità verso Israele (non verso la sua politica che, come tutte le politiche, può essere aspramente criticata, ma verso l’esistenza stessa di Israele come stato che ha diritto di figurare tra le nazioni del mondo e di difendersi e difendere i propri cittadini) coinvolge apertamente anche chi mai avremmo immaginato. Gli anni appena trascorsi sono stati quelli “in cui l’antisemitismo sarebbe dovuto sparire, e invece è cresciuto e si è fatto esplicito. Abbiamo fallito”. Parte da questa amara constatazione l’ultimo libro di Fiamma Nirenstein, Jewish Lives Matter. Diritti umani e antisemitismo (Giuntina). Poco più di cento pagine, una sorta di lettera aperta a chiunque voglia ascoltare, in cui della nuova “Israelofobia”, professata senza imbarazzo o vergogna in occidente si spiegano radici, motivazioni, fenomenologia e soprattutto esiti, che ci riguardano tutti.
Il libro è dedicato “a chi combatte davvero per i diritti umani, senza farsi imbrogliare”. Perché – è questa la novità – sono ora gli strenui lottatori per i diritti umani, i benintenzionati, i combattenti dell’antirazzismo alla “Black lives matter”, a gareggiare con l’Iran degli ayatollah nel giudicare Israele come “una radice ammarcita che deve sparire”. Sono loro a trovarsi in stupefacente assonanza con il ministro degli Esteri nordcoreano, quando definisce lo Stato ebraico “sponsor del terrorismo che cerca di obliterare altre nazioni” (gran pulpito, non c’è che dire). Israele terrorista, razzista, che pratica l’apartheid? Bisogna davvero arrampicarsi sugli specchi, per associare all’apartheid la circostanza che del collegio che ha giudicato e condannato per crimini sessuali un ex presidente di Israele faccia parte un giudice arabo, o che arabi siedano alla Knesset, regolarmente eletti e votanti. Ma nulla ferma lo zelo del nuovo antisemita che nega di esserlo, perché ottime sono le sue intenzioni. A scandire “dal mare al fiume la Palestina sarà libera” nelle manifestazioni a Londra, a New York, a Parigi, vediamo campioni dei diritti umani di cui sopra. Chissà, si chiede Fiamma Nirenstein, se chi urla quello slogan sa di inneggiare alla realizzazione del sogno di Hamas, predicato fin dai libri di scuola per i piccoli palestinesi: la cancellazione di Israele, dal Mediterraneo al Giordano. Il nuovo antisemitismo non trova contraddittorio commuoversi per la Shoah o indignarsi per la leggenda nera dei Protocolli dei Savi di Sion, e sostenere allo stesso tempo che difendersi con il sistema antimissilistico Iron Dome dai lanci di razzi, pianificati a freddo da Hamas, fa di Israele uno stato terrorista. Nel caso di Israele, la legittima difesa è sempre una colpa, e la colpa è quella di esistere.
Jewish Lives Matter parte dalla guerra dello scorso maggio, l’Operazione guardiano delle mura, per descrivere l’ondata antisraeliana che, come sempre è accaduto per analoghi momenti di conflitto, ha “assordato di cacofonie e dissonanze l’informazione e le piazze”. Ma questa volta, come non mai e senza alcun ritegno, “ha avuto un carattere specificamente antisemita”. Ebrei con la kippà sono stati aggrediti in America e in Canada, nella progressista New York e nella multietnica Toronto, mentre a Londra, nei quartieri abitati da ebrei, manifestanti urlavano al megafono “fuck the Jews, scopa le loro mogli, violenta le loro figlie e libera la Palestina”. “Nella cultura occidentale odierna – scrive Fiamma Nirenstein – l’antisemitismo più estremo, ovvero il desiderio di veder sparire gli ebrei dal mondo, trova le sue ragioni in un castello di menzogne costruite intorno alla figura dell’ebreo come oppressore. E’ il modo postmoderno di giustificare l’odio più antico. E’ la nuova versione dell’antisemitismo, che si arrampica fino all’identificazione dell’ebreo col ‘suprematista bianco’”. Pazienza per gli ebrei etiopi o yemeniti, suprematisti bianchi pure loro. Precariamente aggiornata, dilaga nuovamente tra di noi l’antica leggenda della sete di dominio che anima “ontologicamente” l’ebreo, a prescindere dalla sua storia, dalle sue azioni, da ciò che concretamente è.
Nel suo libro, Fiamma Nirenstein condensa e fa dialogare la sua lunga esperienza di giornalista che segue sul campo, da decenni, le vicende di Israele e del conflitto con i palestinesi, con quella di attenta studiosa dell’antisemitismo per come si è storicamente espresso dall’antichità fino ai nostri giorni. E quando afferma che “l’odio per Israele getta il mondo nel caos”, che è poi la tesi centrale di Jewish Lives Matter, non pensa solo alla tragedia passata del nazismo, che ha devastato l’Europa pur di perseguire l’annientamento degli ebrei. Pensa anche al presente e al futuro, perché la logica “su cui poggia l’attuale insorgenza ideologica contro lo stato degli ebrei è una spaventevole destrutturazione della nostra stessa natura democratica e antifascista, ed è una logica suicida, perché oblitera il senso critico su cui si è costruita l’etica democratica”. Quando questo accade, nessuno è più al sicuro.
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