Attentato a Kunduz. Il mito dei talebani antiterrorismo si disintegra subito
Strage in una moschea, i nuovi padroni dell’Afghanistan non arginano lo Stato islamico
Al mattino il portavoce Zabihullah Mujahid, che ambisce a diventare il volto internazionale del nuovo Afghanistan governato dai talebani, aveva minimizzato: lo Stato islamico per noi “non è una minaccia, è un mal di testa. Sarà presto distrutto”. Stava bluffando. Già domenica scorsa per poco lo Stato islamico non era riuscito a uccidere proprio lui: aveva mandato un attentatore suicida fino alla porta della moschea di Kabul dove Zabihullah partecipava ai funerali di sua madre assieme ad altri dirigenti talebani.
L’attentatore era stato fermato dal servizio di sicurezza e si era fatto esplodere all’esterno, ma è chiaro che si era trattato del tentativo di uccidere i leader più riconoscibili del paese in un momento nel quale forse avevano la guardia abbassata. Oggi, due ore dopo la dichiarazione del portavoce talebano lo Stato islamico ha mandato un altro attentatore suicida contro una moschea sciita a Kunduz, nel nord del paese, quindi in una provincia dove non operava da molto tempo. Il bersaglio non era sorvegliato anche se era a rischio perché lo Stato islamico perseguita gli sciiti, l’uomo è riuscito a entrare a farsi saltare in aria in mezzo ai fedeli con effetti devastanti, il numero dei morti secondo l’agenzia Afp supera i cinquanta. Le immagini mostrano corpi abbattuti gli uni sugli altri, a gruppi. Ci sono molti feriti gravi e il bilancio diventerà più pesante.
Dopo l’operazione di alto profilo del 26 agosto, quell’attacco suicida contro l’aeroporto internazionale di Kabul che ha ucciso circa centosettanta afghani e tredici soldati americani, lo Stato islamico è entrato in una fase deliberata di sonno per organizzare la campagna contro i talebani. La pausa è durata tre settimane ed è finita bruscamente il 18 settembre, con una sequenza di attacchi in pieno giorno contro i talebani al ritmo di due ogni ventiquattr’ore che non si era mai vista prima in Afghanistan. Mine piazzate sulle strade, omicidi mirati, agguati. Gli attacchi più frequenti sono a Jalalabad, capoluogo della provincia di Nangarhar – che è la zona più infestata dallo Stato islamico –, ma da quella zona si sono allargati alla capitale Kabul, alla provincia di Parwan, che è la fascia di territorio appena a nord di Kabul e adesso su nel nord a Kunduz.
Ieri lo Stato islamico ha decapitato un talebano, oggi i talebani hanno decapitato un sospetto appartenente allo Stato islamico e lo Stato islamico ha risposto con un’altra testa mozzata fatta ritrovare a Jalalabad. I talebani tentano di non menzionare la questione attentati e intanto uccidono a caso e di nascosto salafiti, accusati di essere il vettore dei terroristi (i talebani seguono la scuola hanafita). Non funziona. L’idea che sarebbero in grado di controllare il territorio afghano per ora è un’illusione.
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