Tusk anima l'esercito europeista in Polonia

Micol Flammini

L'ex premier raduna le truppe e organizza i prossimi incontri. Contro il PiS ha una strategia: aspetta che il partito si schianti da solo. E non è impossibile, basta contare i soldi

Non è stata la sola Varsavia, bastione antisovranista, a scendere in piazza domenica per gridare al governo: “Zostajemy”. Rimaniamo, sottinteso, nell’Unione europea. Anche le altre città della Polonia si sono organizzate per manifestare contro la sentenza della Corte costituzionale che la scorsa settimana ha stabilito che il diritto nazionale prevale su quello europeo. Anche i paesi più piccoli, risorsa di voti per il governo, hanno manifestato. Ovunque domenica si protestava, le insoddisfazioni di questi anni erano tutte in piazza con una causa che per la prima volta univa tutti: l’appartenenza all’Unione europea. L’opposizione polacca, fatta di rivoli e di diversi credo politici, si è tutta raggruppata dietro al richiamo dell’ex premier Donald Tusk, che ha accantonato la sua carriera europea per aiutare la sua nazione a uscire dalla guerra contro Bruxelles in cui l’ha intrappolata   il governo guidato dal PiS. Nel magma che compone l’opposizione in Polonia non tutti la pensano come Tusk, che è un conservatore, il suo partito Piattaforma civica (Po) siede tra i popolari in Europa, ma è quello che è riuscito meglio finora a motivare i suoi cittadini contro la deriva euroscettica che ormai va avanti dal 2015. Bisogna seguirlo, il tempo per sottolineare le diversità ci sarà. Per il momento l’opposizione ha sfilato in strada compatta, urlando gli stessi slogan. Si sono tutti allineati nell’esercito che Donald Tusk sta preparando contro il PiS.  

 

La strategia è semplice: Tusk allinea le truppe, fa rinascere uno spirito di orgoglio nazionale, ricorda ai cittadini che l’appartenenza all’Ue è sempre stata motivo di orgoglio,  è una garanzia di sicurezza e libertà, tinge di blu la scritta rossa di Solidarnosc, il sindacato che ha liberato la Polonia dal comunismo, e nel frattempo attende che il PiS si schianti da solo. Ed non è improbabile. Il partito di Jaroslaw Kaczynski governa con due partner minori. Polonia solidale, che minaccia continuamente di voler staccare la spina all’esecutivo, è fortemente euroscettico e di estrema destra. E Poruzumienie, più moderato e più docile. Per rabbonire Polonia solidale, il partito guidato dal ministero della Giustizia Zbigniew Ziobro, il PiS ha indurito i suoi attacchi all’Ue, ha reso le provocazioni più frequenti, accelerando il ritmo dello scontro con Bruxelles. Il guaio è che  l’esercito di Tusk ha i suoi validi alleati proprio a Bruxelles, dove ormai le istituzioni sono sempre più irritate dagli atteggiamenti di Polonia e Ungheria. Sanno che devono intervenire, altrimenti alle due nazioni se ne aggiungeranno altre e più gli attacchi vengono tollerati, più l’Unione perde importanza e valore. Questa volta gli europei sembrano meno propensi ad accettare la provocazione della Corte costituzionale polacca, e qualsiasi decisione prenderanno per dare un forte segnale alla Polonia avrà, molto probabilmente, a che fare con i soldi. Il PiS ha avuto finora grande sostegno non soltanto perché ha intercettato le paure di molti polacchi (crisi economica e immigrazione), ma anche perché beneficia di una crescita economica che non sarebbe mai stata possibile senza il denaro e gli investimenti dell’Unione europea. Per assicurarsi una futura vittoria alle elezioni del 2023, il PiS ha già pianificato un sistema di sostegni economici che si basano proprio sui soldi che riceve dall’Europa. Senza il denaro europeo tutto questo sarà impossibile, il voto al PiS diventerebbe per tanti polacchi privo di senso. Il governo sta mettendo Varsavia in una posizione molto difficile e tanto elettorato del PiS non è affatto euroscettico. Nel centrodestra, area al quale un tempo apparteneva il PiS, ci sono ben altri due partiti: il Po, che ha recuperato il suo leader naturale, e Polska 2050, un movimento fondato nel 2020 dal conduttore televisivo Szymon Holownia. I due partiti sono di area conservatrice e  saldamente europeisti. Il primo con una lunga tradizione, il secondo lo è sicuramente a parole ma non ha ancora avuto il tempo né di entrare in una famiglia europea né tanto meno di partecipare a un’esperienza di governo. 
Mentre Kaczynski è ostaggio della parte più estremista del governo, Tusk è tornato in Polonia per preparare la resistenza, domenica ha detto che è solo l’inizio, che le proteste andranno avanti, che l’appartenenza all’Ue non si mette in discussione. Ha i suoi soldati in Polonia e i suoi sostenitori in Europa, dai quali dipende molto. L’88 per cento dei polacchi dice di sentirsi fortemente europeista. Una percentuale molto alta che quindi non può certo andare d’accordo con un governo sempre più euroscettico. 
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)