L'Olanda perde la pazienza con Varsavia. Torna il freno di emergenza
Rutte contro la Polonia per "gravi deviazioni" dai principi fondamentali sullo stato di diritto: in ballo 36 miliardi di Recovery fund, che il premier olandese chiede al Consiglio europeo di non approvare
Il “freno di emergenza” del Recovery fund, che Giuseppe Conte temeva potesse essere usato contro di lui per bloccare i miliardi di aiuti dell’Unione europea per la ripresa a causa di riforme insufficienti, potrebbe essere utilizzato dal premier olandese, Mark Rutte, contro la Polonia. La ragione è molto diversa dalla condizionalità macro-economica del Recovery fund, che aveva fatto tremare l’Italia. Nel mirino dei Paesi Bassi ci sono le violazioni dei princìpi fondamentali sullo stato di diritto, in particolare la mancanza di indipendenza della giustizia. La sentenza del Tribunale costituzionale polacco della scorsa settimana, che ha dichiarato incostituzionali due articoli del trattato affermando la supremazia del diritto nazionale su quello dell’Ue, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. All’Aia la Camera dei deputati ha approvato una risoluzione in cui chiede al governo di “non approvare il piano di Recovery da 36 miliardi di euro” della Polonia. “E’ molto importante e una priorità chiedere alla Commissione di non approvare il piano di Recovery polacco”, ha detto Rutte martedì in Parlamento. Il premier olandese ha annunciato che vuole discuterne al Vertice europeo del 21 e 22 ottobre. “Chiederò alla Commissione al Consiglio (europeo) della prossima settimana – anche sostenuto dalla Camera – di non approvare il piano di Recovery. In ogni caso di aspettare fino a quando la questione di quale diritto ha la priorità non sarà risolta”, ha detto Rutte.
Nel luglio del 2019 il “freno di emergenza” era stato oggetto di un braccio di ferro tra Conte e Rutte, comprese minacce reciproche di far saltare le trattative, durante i quattro giorni di Consiglio europeo che alla fine portarono all’accordo sul Recovery fund. E’ un meccanismo di ultima istanza nelle procedure di esborso dei fondi. Di fatto, equivale a un diritto di veto concesso a uno stato membro che ritiene che la valutazione della Commissione sui piani di altri paesi e la loro realizzazione sia sbagliata. Quando un governo considera che ci siano “deviazioni gravi” rispetto alle riforme richieste, ha la possibilità di chiedere una discussione al Consiglio europeo bloccando gli esborsi per tre mesi. Rutte e i leader dei paesi frugali aveva insistito per avere il “freno di emergenza” come garanzia che i soldi dei loro contribuenti sarebbero stati usati correttamente, andando a finanziare riforme strutturali (mercato del lavoro, pensioni, fisco) nei paesi del sud.
Ma tra le riforme da realizzare in Polonia e Ungheria ci sono anche giustizia e corruzione. In entrambi i casi non si è ancora arrivati alla necessità di usare il freno di emergenza. La Commissione non ha concluso la sua valutazione dei piani di Varsavia e Budapest. Il via libera è in stallo, perché nel piano della Polonia mancano riforme che erano state raccomandate nel campo della giustizia. In quello dell’Ungheria non ci sono misure sufficienti sulla lotta alla corruzione, l’assunzione di nuovi procuratori, gli appalti pubblici e il monitoraggio dei fondi. Il messaggio del Parlamento olandese è comunque chiaro: oltre a chiedere alla Commissione di non approvare il piano della Polonia, la Camera vuole che Rutte usi “tutte le altre opzioni” per bloccare i fondi.
L’annuncio di Rutte di volerne parlare al Consiglio europeo mette in imbarazzo il suo presidente, Charles Michel. Il Vertice dovrebbe essere dedicato ai prezzi dell’energia, digitale e commercio. Michel vorrebbe evitare una ripetizione dello scontro sui valori fondamentali dello scorso giugno, quando altri leader fecero un processo a Viktor Orbán sulla legge contro i diritti Lgbt. Ma la speranza di vedere la Polonia fare marcia indietro sta svanendo. Questa settimana, la sentenza del Tribunale costituzionale è stata pubblicata in gazzetta ufficiale, facendola entrare effettivamente in vigore. Il premier polacco, Mateusz Morawiecki, ha deciso di partecipare a un dibattito al Parlamento europeo sullo stato di diritto martedì, due giorni prima del Consiglio europeo. E’ un’indicazione della sua volontà di politicizzare lo scontro, probabilmente in chiave di politica interna per rispondere alle grandi manifestazioni dell’opposizione. A meno di una sorpresa positiva da parte di Morawiecki, difficile che la Polonia non finisca al Consiglio europeo. In ogni caso la resa dei conti sullo stato di diritto è sempre più vicina.