Europa ore 7
Contro la Polonia adesso l'Ue gioca l'arma del Recovery
Dopo la lettera del primo ministro di Varsavia Mateusz Morawiecki, che ha scelto la via dello scontro, l'Europa potrebbe lanciare una nuova procedura d'infrazione e soprattutto bloccare i 36 miliardi di aiuti post pandemia
Il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, ha scelto lo scontro con l'Unione europea di fronte al rischio di vedersi bloccare decine di miliardi di euro di aiuti comunitari per le continue violazioni allo stato di diritto. In una lettera di cinque pagine inviata ieri ai presidenti di Consiglio europeo, Commissione e Parlamento europeo, Morawiecki ha detto che l'Ue potrebbe trasformarsi in “un organismo centralizzato, guidato da istituzioni prive di controllo democratico” che usa la leva finanziaria per “usurpare poteri” e “imporre la propria volontà sugli stati membri per fas et nefas”. La citazione latina significa "in modo lecito o illecito" e sottolinea l'intenzione di raggiungere un obiettivo a tutti i costi. Pur assicurando che la Polonia “rimane un membro leale dell'Ue" e "riconosce la primazia" del diritto europeo "sulle leggi nazionali", Morawiecki ha fatto ricorso a tutte le argomentazioni che fanno temere una Polexit giuridica: la sovranità assoluta del suo paese, compreso il diritto di contestare le competenze dell'Ue e le sentenze della Corte europea di giustizia. Come spieghiamo sul Foglio, nonostante la richiesta di “dialogo”, la lettera di Morawiecki segna un'ulteriore escalation nella resa dei conti con l'Ue sullo stato di diritto.
Questo è un estratto di Europa Ore 7 di martedì 28 settembre, la newsletter di David Carretta realizzata con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo. Per ricevere la versione integrale nella tua mail iscriviti qui. È gratis
Morawiecki oggi interverrà in un dibattito al Parlamento europeo sulla Polonia, a cui parteciperà anche Ursula von der Leyen. Dopo la sentenza del Tribunale costituzionale polacco, la Commissione sta valutando una serie di possibili risposte. La prima è lanciare una nuova procedura di infrazione, che tuttavia potrebbe durare un paio d'anni prima di arrivare a una prima condanna della Corte di giustizia dell'Ue. La seconda è chiedere una multa alla Corte di giustizia perché la Polonia non ha rispettato una precedente sentenza sulla primazia del diritto dell'Ue, ma la sanzione sarebbe essenzialmente simbolica. La terza è attivare il meccanismo di condizionalità che permette di bloccare i fondi ordinari dell'Ue ai paesi che non rispettano i principi fondamentali, ma tra lettere di richiesta di informazioni, notifiche formali e diritto di risposta per lo stato membro interessato, potrebbe passare un anno prima che la Commissione decida di stoppare le erogazioni. La quarta è aggiornare la procedura dell'articolo 7 del trattato sulle violazioni sistematiche dei principi fondamentali, ma le sanzioni rimangono impossibili fino a che Polonia e Ungheria si proteggono a vicenda con il diritto di veto in Consiglio.
L'Ue è dunque disarmata? In parte sì, ma non del tutto. L'arma più efficace nelle mani della Commissione in questo momento è il piano di Recovery presentato dalla Polonia per un ammontare di 36 miliardi tra sovvenzioni e prestiti. Il via libera da parte della Commissione era già in stallo per il rifiuto del governo di Varsavia di adeguarsi alle raccomandazioni della Commissione sull'indipendenza della giustizia nell'ambito del semestre europeo. La sentenza del Tribunale costituzionale polacco rende l'approvazione ancora meno probabile. “Non vedo come la Commissione possa dare il via libera”, ci ha spiegato una fonte europea. Von der Leyen è sotto pressione anche del Parlamento europeo, che minaccia di portare la Commissione davanti alla Corte di giustizia dell'Ue perché non ha ancora attivato il meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto contro Polonia e Ungheria. Se Angela Merkel venerdì ha chiesto di risolvere la disputa con “colloqui” e “compromessi” evitando i tribunali, l'arrivo della coalizione “semaforo” a Berlino con Olaf Scholz come cancelliere potrebbe spostare definitivamente il pendolo a favore della linea dura. Sia i Verdi sia i liberali della Fdp hanno un approccio più duro sullo stato di diritto.
Nella sua lettera Morawiecki ha denunciato “ricatti finanziari, punizioni, affamare stati non subordinati, pressioni antidemocratiche e centraliste” che non devono “trovare spazio” nell'Ue. Il fatto è che sempre più governi e parlamenti degli stati membri si chiedono perché dovrebbero finanziare regimi illiberali come quello polacco e ungherese. La scorsa settimana la Camera dei deputati olandese ha chiesto al premier Mark Rutte di usare il “freno di emergenza” per bloccare l'esborso dei fondi del Recovery alla Polonia. Nei prossimi sei anni il governo di Varsavia dovrebbe incassare oltre 120 miliardi di euro di sovvenzioni tra Recovery fund, React-Eu, politica di coesione, politica agricola comune e Fondo per la transizione giusta. Contrariamente a quanto sostiene Morawiecki nella sua lettera, l'Ue rimane un'organizzazione di stati sovrani. E alcuni di loro sembrano decisi a non finanziare più le derive del suo governo nazionalista a Varsavia.