Il sindaco geniale di Budapest ha un piano serio per buttare giù l'Orbanista

Micol Flammini

Elogio di Karácsony e del passo indietro: ha capito che l’attacco a Orbán deve arrivare da destra e alle primarie ha favorito il conservatore Péter Márki-Zay. Se fossero elezioni normali Karácsony e Márki-Zay sarebbero agli antipodi, ma quelle del 2022 non saranno elezioni normali

Gergely Karácsony  è uno dei politici più famosi in Ungheria e in questi giorni ha anche dimostrato di essere uno dei più lungimiranti. Non è stata una vittoria a consacrarlo, ma con un passo indietro coraggioso a favore del nuovo leader dell’opposizione ungherese: Péter Márki-Zay

 

Karácsony è il sindaco di Budapest, è stato capace di unire l’opposizione di qualsiasi colore per strappare al premier Viktor Orbán la capitale. Poi ha iniziato a diventare sempre più importante a livello internazionale, siglando con i suoi colleghi di Varsavia, Praga e Bratislava il patto delle città libere: le capitali dell’est roccaforti dell’europeismo. Si è intestato la lotta contro Pechino, mentre il premier dimostra una tale condiscendenza pericolosa nei confronti della Cina da volerle costruire una sua università a Budapest con il denaro dei contribuenti ungheresi. Durante la pandemia il sindaco ha contestato la gestione del governo e siccome ormai la stampa è quasi tutta nelle mani del premier, Karácsony aveva incominciato ad affiggere manifesti per le strade per spiegare come stavano andando veramente le cose e quali restrizioni seguire.

 

Con questo spirito battagliero era arrivato alle primarie, il voto per scegliere chi, tra i candidati dei sei partiti che costituiscono il blocco anti Orbán, avrebbe guidato l’opposizione. Con grande sorpresa, e molta amarezza, Karácsony è arrivato soltanto al secondo posto al primo turno. Davanti a lui Klara Dobrev, candidata della Coalizione democratica e vicepresidente del Parlamento europeo. Prima del ballottaggio Karácsony si è però tirato indietro, dando il suo sostegno a Péter Márki-Zay, che politicamente la pensa in modo opposto al suo.  Karácsony è di sinistra, è un ecologista e il suo profili poteva andare senza dubbio bene per la capitale, ma non per il resto dell’Ungheria, quella periferica che sostiene Orbán grazie all’elargizione dei fondi pubblici ma anche grazie agli ideali che propagandano. La Dobrev è molto più vicina a Karácsony, ma la sua carriera politica è sempre stata osteggiata da un problema non secondario in Ungheria: suo marito.

 

Klara Dobrev è la moglie dell’ex primo ministro Ferenc Gyurcsány molto detestato nel suo paese e spesso ai suoi fallimenti  viene ricondotto il grande successo di Orbán. La Dobrev era facilmente attaccabile dagli orbaniani, che infatti avevano già incominciato a dire che era lei la candidata migliore per l’opposizione. Il terzo arrivato al primo turno era l’uomo del momento, lo sconosciuto sindaco di Hódmezővásárhely, Péter Márki-Zay. Karácsony ha capito che l’attacco a Orbán non può arrivare da sinistra, che il proprio paese bisogna comprenderlo, al di là degli ideali politici. Márki-Zay è economista, un conservatore, un ex elettore di Orbán, ha sette figli, è un cattolico praticante ed era riuscito a vincere nella città di Hódmezővásárhely proprio mettendo d’accordo l’opposizione. Per un’elezione normale, se in ballo non ci fosse il futuro democratico del paese, Karácsony e Márki-Zay starebbero dalla parte opposta, ma questa, in Ungheria, non è un’elezione normale e il sindaco di Budapest lo ha capito meglio di tutti. L’affluenza è stata molto alta a questo secondo turno delle primarie.

  

L’Ungheria non è Budapest, è molto più simile a Hódmezővásárhely. E’ una nazione conservatrice, per battere Orbán ci vuole un conservatore amante della democrazia. Per Fidesz, il partito di Orbán, Márki-Zay sarà più difficile da attaccare, è un outsider, non ha  militato in altri partiti se non nello stesso Fidesz che adesso ha iniziato ad accusarlo di essere di sinistra e di voler alzare le tasse. Il punto debole di Márki-Zay potrebbe essere piuttosto tutto quello che gli sta attorno, la frammentarietà del suo blocco anti Orbán, l’incoerenza delle proposte elettorali. 

  

Il modello Karácsony è chiaro: queste non sono elezioni normali, da salvare c’è la democrazia. I programmi vengono dopo, prima servono i voti per buttare giù l’Orbanistan e nessuno può averne più di Márki-Zay. 
 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)