Polexit del diritto
La Polonia va allo scontro con l'Ue
Il premier polacco ha mandato una lettera all'Unione europea segnando un'ulteriore escalation nella resa dei conti sullo stato di diritto. La Commissione sta valutanto una serie di risposte. Quella che fa più male è una questione di soldi
Di fronte al rischio di vedersi bloccare decine di miliardi di euro per le violazioni allo stato di diritto, il premier della Polonia, Mateusz Morawiecki, ieri ha accusato l’Unione europea di trasformarsi in “un organismo centralizzato, guidato da istituzioni prive di controllo democratico” che usa la leva finanziaria per “usurpare poteri” e “imporre la propria volontà sugli stati membri per fas et nefas”. La citazione latina “in modo lecito o illecito” (per sottolineare l’intenzione di raggiungere un obiettivo a tutti i costi) è stata usata da Morawiecki in una lettera indirizzata all’Ue, nel momento in cui le sue istituzioni valutano la risposta alla sentenza con cui il Tribunale costituzionale polacco ha affermato il primato del diritto nazionale su quello europeo. Nelle righe iniziali il premier polacco ha spiegato di voler “rassicurare”: la Polonia “rimane un membro leale dell’Unione” e “riconosce il primato” del diritto europeo “sulle leggi nazionali”. Ma nelle altre cinque pagine Morawiecki ha fatto ricorso a tutte le argomentazioni che fanno temere una Polexit giuridica: la sovranità assoluta della Polonia, compreso il diritto di contestare le competenze dell’Ue e le sentenze della Corte europea di giustizia. Nonostante la richiesta di “dialogo”, la lettera di Morawiecki segna un’ulteriore escalation nella resa dei conti con l’Unione europea sullo stato di diritto.
Morawiecki oggi interverrà in un dibattito al Parlamento europeo sulla Polonia, a cui parteciperà anche Ursula von der Leyen. Dopo la sentenza del Tribunale costituzionale polacco, la Commissione sta valutando una serie di possibili risposte: aprire una nuova procedura di infrazione, chiedere una multa alla Corte di giustizia, attivare il meccanismo di condizionalità che permette di bloccare i fondi ordinari dell’Ue, aggiornare la procedura dell’articolo 7 del trattato sulle violazioni sistematiche dei princìpi fondamentali. Nel frattempo, la Commissione ha bloccato il via libera del piano di Recovery della Polonia da 36 miliardi di euro. Ciascuno strumento ha le sue procedure e i suoi tempi. Per il meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto ci potrebbe volere oltre un anno prima che la Commissione proponga di fermare l’erogazione di fondi alla Polonia. Le infrazioni ordinarie hanno tempi ancora più lunghi.
La procedura dell’articolo 7 non porterà a sanzioni fino a quando Ungheria e Polonia si proteggeranno a vicenda grazie al diritto di veto. L’arma più efficace rimane il piano di Recovery. Il via libera ai 36 miliardi di aiuti era già in stallo per il rifiuto del governo di Varsavia di adeguarsi alle raccomandazioni della Commissione sull’indipendenza della giustizia. La sentenza del Tribunale costituzionale polacco complica ulteriormente l’approvazione. Secondo Morawiecki, si tratta di “ricatti finanziari, punizioni, affamare stati non subordinati, pressioni antidemocratiche e centraliste”. Il tema potrebbe finire al Consiglio europeo di giovedì e venerdì, dopo che il premier olandese, Mark Rutte, ha promesso di chiedere di non approvare il piano polacco. Venerdì Angela Merkel ha risposto che sarebbe meglio risolvere la disputa con “colloqui” e “compromessi”. Nel frattempo, il ministro polacco della Giustizia, Zbigniew Ziobro, ha proposto di portare la Germania davanti alla Corte di giustizia per le modalità di nomina dei suoi giudici. Il vertice di questa settimana probabilmente sarà l’ultimo di Merkel. La coalizione tra Socialdemocratici, Verdi e Liberali annuncia una “Ostpolitik” molto meno accomodante di fronte alle derive di Polonia e Ungheria.