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L'appello sovranista

Ménard, il pontiere dell'ultradestra francese, dice a Le Pen e Zemmour: unitevi!

Mauro Zanon

Entrambi viaggiano tra il 16 e il 18 per cento e si contendono la leadership nazionalista: "Che spreco sarebbe disperdere voti per questioni di ego", li esorta il sindaco di Béziers. "Marine non vincerà senza Éric e viceversa"

I tempi in cui saliva in cima alla cattedrale di Notre-Dame, nel cuore della notte parigina, per sventolare una bandiera con scritto “Freedom in China”, alla vigilia dei Giochi olimpici di Pechino, sono un ricordo sbiadito. E l’epoca in cui militava nella Ligue communiste révolutionnaire, tra il 1973 e il 1979, sembra appartenere alla preistoria. Robert Ménard, cofondatore di Reporters sans frontières e sindaco in quota sovranista di Béziers, comune del Midi francese, anela oggi a diventare il pontiere tra Éric Zemmour e Marine Le Pen, il trait d’union tra il polemista radicale e la leader del Rassemblement national, ossia il demiurgo di quell’“unione delle destre” tanto sognata dai milieux conservatori e identitari francesi. “Éric non vincerai mai senza gli altri. Non vincerai mai senza Marine Le Pen. Abbiamo bisogno di tutti. Vi imploro di ritrovarvi il prossimo febbraio. In quel momento, colui che sarà dietro nei sondaggi deve accettare di ritirarsi e di sostenere l’altro. Non sprechiamo questa opportunità! Colui che sosterrà l’altro ritirandosi ne uscirà rafforzato”, ha detto Ménard al quasi candidato Éric Zemmour, sceso sabato a Béziers per presentare il suo ultimo libro, “La France n’a pas dit son dernier mot” (Rubempré).

 

Che non fosse una semplice tappa della tournée letteraria intrapresa dallo scrittore a inizio settembre, lo si era capito subito dai “Zemmour président” che si alzavano dalla platea (1.200 persone) della sala spettacoli Zinga Zanga, dove è stato organizzato l’incontro. I sondaggi in vista del primo turno delle presidenziali 2022 proiettano Zemmour tra il 16 e il 18 per cento. La presidente del Rassemblement national viaggia suppergiù sulle stesse percentuali. Ma mentre il primo è in una dinamica di ascesa (fino a un mese fa, era sotto il 10 per cento), la seconda continua a perdere consensi e non ha più il monopolio sui temi storici del partito: l’islam, l’immigrazione e la sicurezza. “Ho un po’ di difficoltà a ritirarmi visto che non sono ancora candidato. Non siamo in febbraio, ma in ottobre”, nicchia Zemmour, ex opinionista di Cnews e firma di lungo corso del Figaro. “Oggi, la cosa più importante è difendere le mie idee ed essere ascoltato dal maggior numero di persone. Non sono in una logica di partito. Le elezioni presidenziali a suffragio universale non sono elezioni per essere primo ministro”, ha aggiunto Zemmour, fedele alla mitologia gollista secondo cui le presidenziali francesi sono “l’incontro tra un uomo e un paese, tra un uomo e un popolo”. Anche Marine Le Pen, per ora, continua per la sua strada. “Voglio dire che al di là delle ambizioni e delle avventure personali che alcuni vogliono tentare, il nostro paese si sta impoverendo giorno dopo giorno (…) Tutti coloro che credono nella Francia devono radunarsi dietro la candidatura che raccoglie più consensi. Attualmente è la mia”, ha affermato la Le Pen durante una trasferta nel Vaucluse.

Un’unica candidatura del campo nazionalista fin dal primo turno, come raccontato dal Figaro, è nella testa di tutti, ma soprattutto in quella di Robert Ménard. “La destra nazionalista non ha mai raccolto così tante voci, il doppio della destra di governo”, ha dichiarato il sindaco di Béziers, sottolineando di non avere “alcuna voglia” di assistere a un “suicidio” perché ognuno ha deciso di correre per conto proprio, a una dispersione di voti per questioni di ego. L’unione della scuderia zemmourista e di quella lepenista non sarà un gioco da ragazzi. Soprattutto per via della poca stima che il primo ha della seconda. Più volte Zemmour ha dato a Marine Le Pen della perdente nata e di tenere un discorso simile a quello dei socialisti. “Marine ha i riflessi di una donna di sinistra”, ha tuonato Zemmour in diretta su Europe 1, dopo aver detto su Bfm.tv che “non ha alcuna possibilità di vincere le presidenziali, lo sa pure lei”. Ai microfoni di Bfm.tv, pur manifestando la sua determinazione ad avvicinare i due campi, ha ribadito le sue preoccupazioni: “Siamo in buona posizione per perdere se continuiamo a restare divisi. Potremmo non avere nessun candidato qualificato al secondo turno. La ragione e il buon senso devono spingere uno dei due a dire: ‘Abbandono la partita e lascio colui che ha più consensi in posizione di vincere’”, ha detto Ménard, secondo cui “Marine non vincerà senza Éric, così come Éric non vincerà senza Marine”. Ma non sarà facile creare le condizioni per un’entente cordiale tra i due concorrenti del sovranismo identitario francese.