La ragazza di Kabul

Emiliano Ponzi ci racconta la cover del Foglio Review e l'idea che si fa disegno

Chiacchierata al telefono con chi ha illustrato la copertina del nuovo magazine del Foglio che da sabato 23 ottobre trovate con il quotidiano 

Emiliano Ponzi è un illustratore che lavora per molte testate internazionali – tra cui il New Yorker, il Monde, il New York Times – e che scrive anche, non solo libri: durante il lockdown ha raccontato e disegnato la prima fase della pandemia in Italia sul Washington Post. Ponzi ha illustrato la copertina del primo numero del Foglio Review, la rivista mensile del Foglio che trovate da sabato 23 ottobre in edicola assieme al quotidiano.

Abbiamo chiacchierato al telefono con lui dell’illustrazione per la Review, di come si fa a trasformare un’idea in un disegno e delle ragazze di Kabul.

 

Come hai trovato il tono giusto per illustrare l’idea della copertina della Review, “Leggere Sally Rooney a Kabul”?

Il tema è enorme ma la sua declinazione, le righe che mi avete mandato con l’idea, era così sottile, così mi viene da dire tra il buio e l’alba, quella fetta di luce che c’è sul mare tra il buio e l’alba, che è lì che dovevamo metterci – tra un’autrice come la Rooney, che è quanto di più pop e moderno si possa immaginare, e un un popolo che ha avuto un assaggio di modernità per una ventina di anni e che poi ha fatto un passo indietro gigantesco ed è tornato all’età della pietra. Così ho trovato il tono in una ragazza che avesse una mimica facciale moderna e occidentale, ma in un contesto che restituisse il suo contrario, un mondo vecchio, che è tornato indietro. Ho pensato al sorriso di una ragazza di Brooklyn calato in un contesto non nostro, non libero. Rispetto alla prima stesura ho cominciato a togliere, disegnare è spesso questo: togli quello che non racconta ciò che vuoi dire, che altera il tono che vuoi dare. 

 

Cos’è per te leggere e disegnare?

Dal punto di vista  professionale, leggere è il trampolino di lancio che mi porta a capire che cosa voglio disegnare. Leggendo decodifico, capisco i punti più importanti, il succo cui agganciarmi, il filtro che mi permette di riproporre un testo con un altro mezzo, il disegno. E’ un processo di trasformazione che assomiglia, e rubo la metafora a un amico, a ciò che fanno le api con il miele: un po’ di loro resta nel miele che producono. Se penso alla lettura non come lavoro,  per me leggere è scoprire, anche se sono diventato un lettore crudele e spietato. Abbandono moltissimi libri, lo faccio spesso, senza rimorsi né ripensamenti: tanti libri restano nell’indifferenza del comodino o della memoria dell’iPad. Non lo dico per criticare gli scrittori, credo che sia un problema mio.

 

Che cosa speri per la ragazza di Kabul della copertina della Review?

Potrei rispondere in modo molto articolato, con considerazioni politiche e geopolitiche. Però in fondo penso e spero che questa ragazza possa scappare, fuggire, che possa trovare altrove quello che il suo paese non le dà più. Lo dico con una grande tristezza, perché la fuga è sì evasione, ma se tutti scappano dai posti invivibili quei posti diventeranno ancora più invivibili, più poveri, senza vita. Succede anche da noi, che pure abbiamo avuto la fortuna di vivere in questa parte di mondo, ma se le menti più brillanti lasciano il sud dell’Italia, per dire, quel luogo resterà più povero.

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