il consiglio europeo

L'Ue cede al PiS: l'eredità ingombrante di Merkel

David Carretta

La cancelliera Angela Merkel blocca i metodi duri contro il governo polacco nello scontro tra Ue e Varsavia sullo stato di diritto. Bruxelles è pronta a fidarsi delle promesse della Polonia e a tornare al “business as usual”

Al suo ultimo Consiglio europeo, Angela Merkel ha giustificato il nazionalismo politico e giuridico del governo di Mateusz Morawiecki in Polonia contro il trattato dell’Unione europea, stoppando una risposta rapida ed efficace da parte della Commissione di Ursula von der Leyen alla sfida lanciata da Varsavia allo stato di diritto. “E’ necessario uscire da questa spirale”, ma “le discussioni politiche e il rispetto sono importanti per risolvere queste questioni difficili”, ha detto la cancelliera tedesca: “C’è volontà di creare dialogo”. Il presidente francese, Emmanuel Macron, le ha dato man forte, dicendosi “ottimista” sulla possibilità di un compromesso. Morawiecki ha incontrato von der Leyen al termine del Consiglio europeo. Malgrado le dure parole usate da alcuni leader come il premier olandese, Mark Rutte, diversi osservatori sono convinti che la Commissione tornerà al “business as usual” con la Polonia, dando rapidamente il via libera al piano di Recovery di Morawiecki anche senza garanzie effettive sull’indipendenza della giustizia e la primazia del diritto dell’Ue. “E’ importante che queste discussioni permettano di smentire ogni teoria del complotto: non vogliamo fare qualcosa contro uno stato membro”, ha detto Merkel.

 

L’espediente per tornare al “business as usual” sarà l’abolizione da parte di Varsavia della Camera disciplinare dei giudici, che la Corte europea di giustizia ha considerato incompatibile con il diritto dell’Ue perché viola l’indipendenza della giustizia. Macron ha spiegato di avere fiducia nella “determinazione” di Morawiecki di smantellare la Camera disciplinare. Anche se il premier polacco “non ha dato una data precisa”, ha promesso di “chiarire nelle prossime settimane”, ha detto Macron. Questo potrebbe bastare a von der Leyen per sbloccare il piano di Recovery della Polonia, che complessivamente vale 36 miliardi di euro. “Fallo!”, ha detto von der Leyen a Morawiecki, dopo che il premier polacco ha annunciato l’ipotesi davanti al Parlamento europeo martedì. Per non perdere completamente la faccia, von der Leyen potrebbe usare un altro espediente. Nel piano di Recovery “possiamo imporre degli impegni sull’indipendenza della giustizia con target e le milestone”, spiega al Foglio una fonte della Commissione. Rispettare target e milestone è indispensabile per ottenere ulteriori erogazioni dopo il prefinanziamento da 4 miliardi. Senza stare troppo a guardare i dettagli della nuova riforma della giustizia del governo Morawiecki, il problema verrebbe rinviato di almeno sei mesi o un anno. In Polonia si vota nel 2023 e quel che conta per il PiS di Morawiecki è far arrivare rapidamente i soldi dell’Ue alle circoscrizioni elettorali della sua base elettorale.

 

La Commissione ha a disposizione altri strumenti simbolici per cercare di non screditarsi. Il primo è l’avvio di una nuova procedura di infrazione contro la Polonia: per ottenere una condanna da parte della Corte di giustizia e l’imposizione di una multa ci vogliono tre o quattro anni. Il secondo è un aggiornamento della procedura dell’articolo 7 del trattato per sanzionare i paesi che violano i principi fondamentali. Von der Leyen sa benissimo che è un’arma spuntata: Ungheria e Polonia si proteggono a vicenda grazie al diritto di veto. Il terzo strumento è il meccanismo di condizionalità che permette di tagliare i fondi ai paesi che non rispettano lo stato di diritto. Ma anche in questo caso, prima di arrivare alle sanzioni, passerebbe almeno un anno. La Commissione è intenzionata a mandare un questionario alla Polonia, ma vuole attendere una sentenza della Corte europea di giustizia sul meccanismo di condizionalità prima di attivarlo. La notifica formale contro la Polonia non partirà prima del 2022. Poi serviranno altri 5-9 mesi prima che la Commissione proponga di tagliare i fondi.

 

Merkel è riuscita a lasciare la scena evitando una frattura tra est e ovest. Lo ha fatto svelando il lato oscuro della sua eredità: una certa compiacenza sulle violazioni dello stato di diritto di Polonia e Ungheria. In conferenza stampa ieri, Merkel ha ripreso le tesi di Morawiecki sull’analogia tra la sentenza del Tribunale costituzionale polacco sul trattato dell’Ue e quelle di corti costituzionali di altri paesi  sulle competenze della Corte europea di giustizia. “Questi temi non sono discussi solo in Polonia”, ha detto Merkel. La cancelliera ha giustificato le “difficoltà” di Morawiecki “nella ristrutturazione di un sistema giuridico che proviene dall’era comunista”. Alla fine ha anche mostrato comprensione per il nazionalismo dell’est. “Comprendo perfettamente che la questione di cosa determina la nostra identità nazionale, nel momento in cui viviamo in libertà e pace, gioca un ruolo importante per i paesi che non hanno avuto la democrazia dopo la seconda guerra mondiale”, ha detto Merkel.