L'imbroglio della Polonia sulla giustizia

Micol Flammini

Kaczynski finge un passo verso l’Ue e dice che smantellerà la Camera disciplinare, ma nel cassetto ha una riforma ben peggiore

Da Varsavia l’Unione europea continua a sembrare sdentata. Il governo non ha molta paura delle ritorsioni che possono arrivare da Bruxelles per lo scontro sullo stato di diritto, e dopo la sessione del Consiglio europeo di giovedì, quando la cancelliera Angela Merkel è riuscita a frenare la Commissione e anche i capi di stato e di governo più agguerriti che chiedevano azioni immediate contro la Polonia, è ancora più convinto che l’Ue non morderà. Anzi, il premier polacco Mateusz Morawiecki si sente più tranquillo a Bruxelles che a Varsavia. Teme più i suoi alleati di governo che i suoi rivali europei.

 

A Varsavia l’aria è talmente tranquilla che Jaroslaw Kaczynski, leader del principale partito di maggioranza, il PiS, ha anche pronto un imbroglio da presentare all’Europa. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha chiesto lo smantellamento della Camera disciplinare della Corte suprema, l’organo  accusato di funzionare come uno strumento di repressione dei giudici in Polonia. La sua riforma e il suo smantellamento erano stati richiesti come condizione per sbloccare i fondi del piano di Recovery della Polonia da 36 miliardi: l’unica arma immediata di cui dispone la Commissione. Kaczynski ha detto che il governo ha pronta una riforma che riguarda la Camera disciplinare, che quindi potrebbe anche portare all’ammorbidimento dello scontro con Bruxelles, ma la riforma prevede anche altri aggiustamenti. Il primo è quello che prevede di limitare le dimensioni e le competenze della Corte suprema e anche ridurre i tribunali amministrativi di diritto comune. Fingendo di acconsentire alle richieste degli europei, il governo è pronto ad aumentare lo scontro. Alla Corte suprema verrebbero revocati i suoi poteri di cassazione e il percorso punta a subordinarla alla Corte costituzionale. Uno dei primi passi del PiS è stato proprio quello di riempire la Corte costituzionale con i suoi fedelissimi, sostituendo prematuramente alcuni giudici in carica. La sentenza che prevede che la Polonia non riconosce il primato del diritto europeo su quello nazionale è stata emessa proprio da questa Corte.

 

Il controllo dei tribunali locali secondo la nuova riforma aumenterebbe e  si ridurrebbe il numero dei giudici, che già denunciano il caos della giustizia polacca dovuto soprattutto alla mancanza di personale. Non sono cose che finora sono contate molto in campagna elettorale per gli elettori,  e il  PiS conta che continui a essere così anche nel 2023. Il partito ha goduto di un grande sostegno finora che veniva soprattutto dalle zone più periferiche in cui in questi anni si è creata una situazione paradossale. La zone rurali della Polonia sono cambiate molto in questi anni, sono state ristrutturate e soprattutto sono aumentate le comunicazioni che le rendono più collegate e accessibili. Tutto questo è stato possibile grazie ai fondi europei. Il paradosso sta nel fatto che gli abitanti di quelle zone sono consapevoli quanto l’Ue abbia influito a migliorare le loro città – su strade ed edifici ristrutturati compare in bella vista la bandiera europea – ma comunque votano il governo più euroscettico della loro storia. Di questo il PiS ne è certo e semmai teme che i suoi voti possano andare ad altri partiti più a destra, ma sempre euroscettici, per questo non temono che la guerra sullo stato di diritto con l’Ue vada avanti e si faccia durissima. 

 

La debolezza con cui la Commissione europea ha reagito alle leggi illiberali ungheresi sono un ulteriore incentivo per il governo polacco e Viktor Orbán si è sempre vantato di poter fare tutto quello che voleva e anche questo dà a Kaczynski la libertà di aumentare la tensione, facendo però finta di pensarla, almeno su un punto, come Bruxelles: “L’anarchia che regna oggi nei tribunali deve essere messa sotto controllo e le istituzioni che non hanno dimostrato il loro valore devono essere liquidate. La Camera disciplinare non ha dimostrato il suo valore”. Facendo finta di cedere, la Polonia ha già pronta una nuova battaglia. L’opposizione se ne è accorta, il rischio è che non se ne accorgano a Bruxelles.

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)