In Francia

L'intransigenza del colore nero secondo Samuel Paty

“Le noir, société et symbolique, 1815-1995” è un omaggio al professore francese a un anno dalla sua uccisione ed è la dimostrazione che le sue idee non sono morte

Mauro Zanon

“Il nero è intransigente, estremo, idealista, incorruttibile, puro. Non conosce il compromesso perché non può mischiarsi con le altre tinte senza smettere di essere se stesso"

È uno studente di storia di 21 anni Samuel Paty quando all’Université Jean Moulin-Lyon III si presenta davanti alla commissione per sostenere la sua tesi di laurea, “Le noir, société et symbolique, 1815-1995”: una lunga e arguta riflessione sulle rappresentazioni e la simbologia del colore nero attraverso la letteratura, la pittura, il cinema e la musica. Il tema è assai singolare per l’epoca. Siamo nel 1995 e il grande specialista francese dei colori, Michel Pastoureau, non ha ancora pubblicato “Noir. Histoire d’une couleur”, testo capitale che uscirà nel 2008 per Seuil. E il 16 ottobre 2020, giorno in cui le trame nere del terrorista islamico Abdoullakh Anzorov portano al collège du Bois d’Aulne, è ancora lontano.

 

La casa editrice Presses Universitaires de Lyon ha appena dato alle stampe la tesi di laurea di Samuel Paty, a un anno dalla tragica morte a Conflans-Sainte-Honorine: un omaggio a un professore che ha perso la vita mentre svolgeva la sua missione, insegnare lo spirito critico e l’amore per la libertà ai suoi studenti, ma anche a un lavoro per certi versi pionieristico visto che in pochi prima di lui si erano interessati alla simbologia dei colori con tale profondità. “Il nero è intransigente, estremo, idealista, incorruttibile, puro. Non conosce il compromesso perché non può mischiarsi con le altre tinte senza smettere di essere se stesso, senza perdere la propria anima. Il nero è sempre se stesso, contrariamente agli altri colori (tranne il bianco) che cambiano in continuazione”, scrive Paty nella sua tesi. E ancora: “Gli altri colori sono infedeli. Qualsiasi ideale è accompagnato da una rinuncia. Per consacrarsi al proprio assoluto, si abbandona sempre qualcosa. Anche il nero, colore idealista, è un colore di rinuncia, di rifiuto di qualcosa”.

 

Il nero su cui si sofferma lo studente erudito che era già all’epoca Paty, è quello dei preti, soprannominati “corvi” dai loro avversari politici, quello di Gustave Caillebotte e di René Magritte, il nero della redingote di Rastignac e dei vestiti di Robert Smith, il cantante dei Cure, ma anche il nero della bandiera anarchica e delle uniformi fasciste, il nero sacerdotale dell’arbitro di calcio e quello ribelle dei greasers. Spesso Paty cita Balzac: “Esistono nella nostra società tre uomini, il prete, il medico e l’uomo di legge (…). Sono tutti vestiti di nero, forse perché portano il lutto di tutte le virtù, di tutte le illusioni”. E talvolta Hugo. “L’uomo che non medita vive nella cecità, l’uomo che medita vive nell’oscurità. Non abbiamo altra scelta che il nero”.

 

Come sottolinea l’Obs, dietro le idee nere di Paty si cela una forza vitale, uno slancio d’ottimismo, quell’amore per il sapere che ha trasmesso ai suoi allievi per tutta la vita. “Per un ventunenne dell’epoca è qualcosa di spettacolare riuscire ad abbracciare le variazioni cronologiche del nero”, ha detto Michel Pastoureau al Point. L’idea di pubblicare il testo è venuta a Christophe Capuano, amico e compagno di studi di Paty all’Université Lyon III, oggi ricercatore in storia. “Subito dopo l’omaggio nazionale durante il quale la sua famiglia mi aveva chiesto di prendere la parola, leggendo la ‘Lettres aux instituteurs’ di Jean Jaurès, mi è parso importante che a Lione, dove aveva compiuto gli studi, si potesse rendere omaggio all’aspirante storico che era stato. E mi sono ricordato della sua tesi di laurea”, ha raccontato al Point Capuano. All’epoca dei loro studi lionesi, Christophe era rimasto affascinato dalla cultura eclettica di Samuel, nutrita dai due anni di classi preparatorie al liceo Édouard-Herriot, e dalla sua sensibilità letteraria e fotografica. “È a questa curiosità intellettuale che abbiamo voluto rendere omaggio”, racconta Capuano. Che, assieme al professore di Storia dell’Université Lyon III Olivier Faure, ha scritto la prefazione del libro: “Massacrandolo, gli islamisti volevano assassinare anche la cultura e l’intelligenza. Questa pubblicazione vuole dimostrare che non ci sono riusciti”.

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