Preparandosi al G20
Il multilateralismo s'è rotto e i suoi surrogati pure. Vedi l'energia
America, Europa, Cina e Russia sono in competizione su tutto. Ci si accorda a piccoli gruppi, senza una visione
Nel giugno del 2009, in un articolo su Foreign Policy, Moisés Naím teorizzò la necessità del “minilateralismo” per affrontare in modo efficace le sfide globali. Il multilateralismo non funzionava più né alle Nazioni Unite né all’Organizzazione mondiale del commercio, ingabbiato dalla regola del consenso e dai veti. Secondo Naím, il minilateralismo doveva essere “un approccio più intelligente e mirato: dobbiamo portare al tavolo il più piccolo numero possibile di paesi necessario per avere il più grande impatto possibile per risolvere un particolare problema”. Nel settembre del 2009 il summit del G20, che aveva iniziato a riunirsi l’anno prima sull’onda della crisi finanziaria, affermò la sua ambizione di diventare il principale organismo della cooperazione economica internazionale. Da allora i temi in agenda si sono ampliati. Il summit sotto la presidenza di Mario Draghi discuterà di ripresa e pandemia, di clima e di sviluppo sostenibile. Ma l’atmosfera è molto diversa da quella del 2008-09. I due principali leader non occidentali, Xi Jinping e Vladimir Putin, non saranno a Roma. La loro assenza mostra che la cooperazione post crisi finanziaria del G20 ha lasciato il posto alla competizione post pandemia. Il “numero magico” del minilateralismo si è ridotto ancora di più.
Il fallimento del multilateralismo
In realtà cinesi e russi non sono del tutto assenti dal G20. Xi e Putin si collegheranno in videoconferenza. I loro sherpa stanno negoziando la dichiarazione del summit con quelli degli altri leader. Ma il loro attivismo rende più complicato l’accordo finale. Un esempio è l’aumento dei prezzi dell’energia. Secondo una fonte dell’Ue, “sarà uno dei temi più caldi della discussione a Roma”. L’approccio di Cina e Russia è il contrario della cooperazione del 2008-09 sulla finanza. Xi compete con gli europei per gli approvvigionamenti di gas. Putin ha un interesse a non fare abbassare i prezzi. L’Ue non è ottimista sulla possibilità di ottenere un impegno dei paesi produttori ad aiutare gli altri sui prezzi. Lo stesso spirito di competizione prevale sui problemi delle catene di approvvigionamento. Di fronte alla penuria di microchip o materie prime, Cina, Europa e Stati Uniti fanno a gara a chi se ne accaparra di più, non a come distribuirli in modo equo. Sul clima è impossibile ottenere la promessa cinese di un’uscita graduale dal carbone.
La mutazione del G20 è una conseguenza della mutazione della Cina sotto Xi Jinping. L’“ascesa pacifica” si è trasformata in aggressività, prepotenza e contestazione dell’ordine internazionale post Seconda guerra mondiale, in linea con quelli che Putin considera i suoi interessi strategici. Per l’Ue, che rivendica il ruolo di campione del multilateralismo, l’attitudine sino-russa al G20 costituisce uno choc. Gli Stati Uniti, per i quali il contenimento della Cina è la principale priorità, hanno scelto di restringere ulteriormente il concetto di minilateralismo per adattarlo alla sfida. Il Quad con India, Giappone e Australia e l’Aukus con Australia e Regno Unito ne sono due esempi. Con gli europei, Biden ha lanciato il Consiglio commercio e tecnologia per coordinarsi nei settori di competizione con la Cina. L’Amministrazione Biden ha reso di nuovo l’ultimo G7 il forum delle principali democrazie liberali. Come dimostrano le polemiche transatlantiche su Afghanistan e Aukus, ma anche l’atteggiamento ambiguo degli europei sulla Cina, ciò che manca al nuovo minilateralismo è una visione comune di quali siano le sfide e di come affrontarle.