Voti americani
In Virginia spuntano osservatori repubblicani ovunque e si litiga su un libro del 1987
La sfida per l'elezione del governatore è combattuta, l'outsider in quota trumpiana ha recuperato sul democratico McAuliffe deformando almeno due delle fissazioni della destra
Nel giro di una settimana sono passati dalla Virginia Barack Obama (che ha tenuto uno di quei suoi comizi elettorali spaccatutto) e lo stesso Biden. Il messaggio è chiaro: andate a votare, è importante.
In Virginia si è già cominciato a votare e ai seggi ci sono moltissimi osservatori, volontari che controllano che tutto sia secondo le regole. Il presidente di uno di questi seggi ha raccontato al Washington Post di non aver mai visto tanti osservatori nei giorni prima dell’Election day (che è il 2 novembre) e mai così tanti per elezioni che non sono presidenziali: si vota per eleggere il governatore dello stato. Soprattutto non aveva mai visto tanti osservatori con spille o fazzoletti del Partito repubblicano, in numero molto maggiore rispetto a quelli del Partito democratico: “Credo che sia il risultato di tutto quel che è stato detto e scritto sui brogli del voto dell’anno scorso”. Gli osservatori sono stati formati all’interno del cosiddetto programma “Integrità”, che è stato molto sponsorizzato dal candidato dei repubblicani alla carica di governatore, Glenn Youngkin, che ripete che gli elettori devono essere sicuri che le macchine per il voto siano ben funzionanti, sottintendendo che ci sono dubbi al riguardo. E i dubbi sono figli della campagna trumpiana sulla “grande bugia”, secondo cui il presidente Joe Biden è un impostore che ha rubato l’elezione del 2020.
Secondo i primi dati, il candidato democratico, l’ex governatore Terry McAuliffe, è in vantaggio, ma la corsa è contesa e il vantaggio iniziale si è molto ridotto. Tra le ragioni di questo consenso in calo c’è che il ritorno di McAuliffe (era stato governatore dal 2014 al 2018) non scalda molto gli elettori.
E’ per questo che nel giro di una settimana sono passati dalla Virginia Barack Obama (che ha tenuto uno di quei suoi comizi elettorali spaccatutto) e lo stesso Biden. Il messaggio è chiaro: andate a votare, è importante. I sondaggisti dicono che i democratici sono più dei repubblicani, ma devono appunto presentarsi al seggio.
Un’altra ragione della tiepida reazione alla campagna di McAuliffe è che il suo rivale, Glenn Youngkin, è tutto il contrario rispetto a lui: è un finanziere ed è stato a lungo manager di Carlyle; è un outsider che può dire che la Virginia ha bisogno di un nuovo inizio e lui può costruirlo; è un oratore spumeggiante che sfrutta la vicinanza a Donald Trump ma la declina in modo rassicurante, ponendosi come un trumpiano senza gli eccessi di Trump. Youngkin promette meno tasse e più sostegno agli imprenditori, è contrario agli obblighi vaccinali (sono vaccinato come tutta la mia famiglia, dice, il vaccino è utile e va fatto, ma non deve essere obbligatorio) e si è intestato una battaglia culturale che fa saltare i nervi ai democratici: i diritti dei genitori sull’educazione dei propri figli a scuola. Una pubblicità elettorale dei repubblicani mostra una madre che aveva chiesto di togliere un libro dal curriculum scolastico di suo figlio perché era rimasto traumatizzato, ma l’allora governatore McAuliffe aveva messo il veto a una legge presentata al Parlamento locale (a maggioranza repubblicana) che “dava voce ai genitori”. “Ci ha messi tutti a tacere”, dice la madre nello spot.
Il libro non è citato (è “Amatissima”, un libro del 1987 della scrittrice premio Nobel Toni Morrison: parla di schiavitù, un tema non esattamente estraneo alla storia della Virginia) così come non si dice che il ragazzo traumatizzato era agli ultimi anni di liceo, non un ragazzino, e che poi ha lavorato per pochi mesi alla Casa Bianca di Trump e oggi partecipa alla campagna di Youngkin. Lo spot non specifica i dettagli, ma ora il candidato repubblicano appare come l’unico in grado di difendere i genitori silenziati da McAuliffe contro l’assolutismo liberal nelle scuole, un pericolo come quello dei brogli sovradimensionato dalla retorica trumpiana.