Tra washington e roma

Il G20 di Joe Biden

Il multilateralismo è stropicciato, ma ha dimostrato di essere ancora importante con la pandemia e lo sarà anche con il clima

Micol Flammini

L’attenzione del presidente americano è sui bilaterali, anche quello con Emmanuel Macron, ma la priorità non è l’Europa, è l’Asia. Jeremy Shapiro ci racconta cosa guida le strategie del capo della Casa Bianca

Non è passato molto tempo dall’ultimo viaggio di Joe Biden in Europa. Era giugno, aveva incontrato i suoi alleati europei al G7, aveva rassicurato che “America is back” e che adesso è necessario unire tutte le forze democratiche contro la Cina. Ma di cose da giugno ne sono successe molte. Una enorme: l’Afghanistan. Altre grandi ma che non hanno toccato tutti, come il patto di difesa Aukus con Australia e Regno Unito che ha fatto arrabbiare la Francia. Il carico di aspettative che Joe Biden si porta dietro in questo suo secondo viaggio da presidente in Europa è molto più basso, gli alleati sono un po’ più freddi e lui, Joe Biden, ha altre priorità: il G20 a Roma è una fermata prima della Cop26, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima. A Glasgow ci sarà da litigare per dare al mondo  risposte serie per la lotta contro il riscaldamento climatico.  

 

Uno degli incontri più chiacchierati è stato  quello con il presidente francese Emmanuel Macron. I due si sono incontrati a Villa Bonaparte, ambasciata francese presso la Santa Sede. Macron era molto arrabbiato per l’Aukus e da allora Francia e Stati Uniti avevano cercato di lavorare per ricostruire la fiducia. Dalle dichiarazioni di ieri sembra che tutto sia tornato a posto, Biden ha detto che non esiste un alleato più leale della Francia e che pensava che Parigi dell’Aukus sapesse già tutto, ha anche definito il modo in cui è stato gestito il patto “maldestro”. Per recuperare  gli Stati Uniti si sono impegnati a sostenere la Francia nel Sahel. Macron ha detto che l’incontro è servito a chiarirsi e che adesso è necessario assumersi impegni ad ampio raggio: “E’ importante pensare al futuro”. 

 

Jeremy Shapiro, direttore della ricerca presso lo European council  on Foreign relations, esperto del Brookings Institution  ed ex consigliere del dipartimento di stato all’epoca dell’Amministrazione Obama, ci ha detto però che probabilmente non era questo l’incontro più atteso per Biden. “L’idea di riparare le relazioni con la Francia per l’America è importante, ma l’Amministrazione è più concentrata sui suoi incontri con gli alleati asiatici. L’incontro tra Biden e Macron è stato importante, ma gli Stati Uniti guardano altrove, e forse è proprio questa in fondo l’anima del disaccordo tra Parigi e Washington”. Gli europei, Francia inclusa, vogliono tornare all’Alleanza come era prima, ma gli Stati Uniti hanno cambiato obiettivo: “Da almeno dieci anni le Amministrazioni americane stanno mandando agli europei il messaggio che il problema è da un’altra parte. Il punto per Washington non è che gli europei non sono  più importanti ma che non sono problematici. Quando hai bisogno di parlare con una persona – dice al Foglio l’esperto – l’agenda è dettata dal grado di problematicità e la verità è che gli americani non vedono problemi con gli europei, o almeno non vedono problemi difficili da risolvere”. Washington ha spostato la sua attenzione sull’Indo-Pacifico, è lì che occorre stare per il confronto con la Cina e per questo vuole che gli europei siano sempre più indipendenti.  Macron, di questa indipendenza è uno dei più grandi sostenitori e infatti ieri i due leader hanno parlato molto di difesa europea. “Quella tra Stati Uniti e Unione europea sembra una danza: gli americani hanno un atteggiamento che offende gli europei, gli europei si sentono offesi, gli americani chiedono scusa ma senza dire che faranno qualcosa di diverso per non offendere più gli europei e alla fine gli europei accettano le scuse”. E ieri tra Macron e Biden è andata proprio così. I due si sono abbracciati e  stretti la mano: l’alleanza, seppur ammaccata, è pronta a ripartire.   

 

Il G20 sarà una buona occasione per incontrare leader e  conteranno  gli incontri a margine. Nessuno si aspetta decisioni dal G20 e la funzione di questi incontri multilaterali è sempre più criticata. Il multilateralismo appare sempre più sfilacciato, tanto da far sorgere il dubbio se serva ancora. Shapiro sostiene che questa crisi non sia  recente, soprattutto per quanto riguarda il G20, che dalla crisi finanziaria, motivo per cui è nato, ha perso via via importanza. “Non credo che il multilateralismo sia mai stato più efficace del bilateralismo o del minilateralismo è vero che però sta diventando più debole. Uno dei problemi sta nella sua mancanza di flessibilità. La realtà del potere fuori dal sistema multilaterale è cambiata e bisogna adattarsi”. Il primo cambiamento è stato la Cina, il sistema multilaterale non era disegnato per contenere il suo potere e quindi anche per questo Biden si muove di  lato. Ma non bisogna dare il multilateralismo per morto, “non credo sia un sistema completamente obsoleto, è meno efficiente”. Shapiro sostiene che potrebbe essere un momento, non la sua fine: “Non dobbiamo esagerare, durante la pandemia il multilateralismo ha funzionato”. 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Domenica i leader andranno a Glasgow e una delle parti più importanti del G20 saranno proprio le prenegoziazioni per la Cop26. Il settimanale Time ha fatto una delle sue copertine che raccontano tutto: i leader seduti in mezzo a una tempesta e sopra le loro teste la scritta “Last call.”. Ci sono sedie vuote – una è per Xi Jinping – e in prima fila, al centro, c’è proprio Joe Biden, che guarda avanti. Tutti separati, tutti con lo sguardo perso. Il senso è proprio questo: ci sono questioni che è impossibile risolvere fuori dalla cooperazione multilaterale, lo abbiamo visto con la crisi sanitaria e lo stiamo vedendo con la crisi climatica. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)