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La Brexit oltre la Cop26. Quanto costa il nazionalismo di Bojo

David Carretta

Le liti nella Manica e l’autobus dirottato a Belfast. Se c’è una rissa, Johnson ci si getta. Pure a costo di rovinare il suo summit

Mentre Boris Johnson e Emmanuel Macron trascorrevano la domenica a scambiarsi minacce per la mancata concessione delle licenza di pesca nelle acque britanniche ai pescherecci francesi, ieri mattina vicino a Belfast un autobus è stato dirottato e incendiato in un attacco legato all’opposizione degli unionisti al Protocollo irlandese dell’accordo Brexit. Che sia in mezzo al canale della Manica o in Irlanda del nord, giocando  con il nazionalismo, Johnson rischia di provocare una guerra commerciale tra l’Ue e il Regno Unito.

  

Sulla pesca come sull’Irlanda del nord, Boris Johnson non è pronto a rispettare gli accordi che ha sottoscritto e ad accettare di pagare i costi della sua “hard Brexit”. La guerra del pesce è riesplosa la scorsa settimana, quando il governo di Emmanuel Macron ha annunciato l’intenzione di introdurre dal 3 novembre misure contro i pescherecci britannici e controlli severi su tutte le merci su navi e camion in provenienza e in direzione del Regno Unito. La ragione è la lentezza con cui il governo britannico concede le licenze per operare nelle sue acque ai pescherecci francesi, come previsto dall’accordo sulle relazioni post Brexit. I pescherecci devono dimostrare la loro attività passata nelle zone di pesca britanniche, ma finora il Regno Unito ha concesso licenze solo a 15 imbarcazioni francesi su 47 richieste per le acque dentro le 12 miglia (e solo 66 su 170 per le acque di Jersey).

 

“È tempo di usare il linguaggio della forza perché temo che questo è l’unico che il Regno Unito capisca”, ha spiegato il ministro francese per gli Affari europei, Clément Beaune. Il primo ministro, Jean Castex, ha scritto alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, per chiedere di attivare i meccanismi di risoluzione delle dispute previsti negli accordi con il Regno Unito e preparare “misure correttive”. Secondo Castex, “è importante mostrare chiaramente alle opinioni pubbliche europee che il rispetto degli impegni sottoscritti non è negoziabile e che ci sono più danni a lasciare l’Ue che a restarci”.

  

Quando c’è una rissa sulla Brexit, Johnson è sempre pronto a buttarcisi a capofitto, anche a costo di compromettere un summit del G20 o la sua Cop26. A sei mesi dalle presidenziali, anche Macron ha interesse a mostrare i muscoli per difendere i suoi pescatori. A Roma il presidente francese ha offerto al premier britannico una “de-escalation” sulla pesca, ma Downing Street si è affrettato a dire che non c’era alcuna tregua in vista. Johnson ha accusato la Francia di voler “punire” il Regno Unito per la Brexit. Truss ieri ha lanciato un contro-ultimatum all’ultimatum di Parigi. “I francesi devono ritirare queste minacce, altrimenti utilizzeremo il meccanismo di risoluzione delle dispute dell’accordo con l’Ue per reagire. Non cederemo di fronte a queste minacce”, ha detto il ministro britannico degli Esteri. La minaccia più grave sono i controlli che la Francia potrebbe attuare già domani a tutte le merci che attraversano la Manica, nel momento in cui il Regno Unito ha già scaffali vuoti nei supermercati. Il governo Johnson ritiene che i controlli sarebbero una violazione dell’accordo post Brexit. Il meccanismo di risoluzione delle dispute, invocato sia da Castex e sia da Truss, è il primo passo verso i dazi. La Commissione è corsa ai ripari con una riunione ieri tra Francia, Regno Unito e i responsabili di Jersey e Guernsey per cercare una soluzione alle licenze e evitare il pericolo di un mini-conflitto commerciale.

  

Una guerra commerciale molto più ampia rischia di scoppiare per l’Irlanda del nord. L’attacco contro l’autobus vicino a Belfast è avvenuto nel giorno in cui scadeva un vecchio ultimatum del Partito democratico unionista (Dup) per disfarsi del Protocollo, che crea una separazione tra l’Irlanda del nord e il resto del Regno Unito per tenere aperta la frontiera sull’isola e proteggere il mercato unico dell’Ue. Dall’estate il ministro per la Brexit, David Frost, chiede di rinegoziare il Protocollo. La Commissione ha sempre rifiutato, ma ha offerto un pacchetto di concessioni che permetterebbe di ridurre i controlli sull’80 per cento merci dirette dalla Gran Bretagna all’Irlanda del nord. Per Londra non è ancora abbastanza. Frost vuole escludere ogni ruolo della Corte di giustizia dell’Ue e ridurre ulteriormente le misure a garanzia del mercato unico dell’Ue. Nel frattempo, usa la scusa della violenza unionista per rinnegare gli accordi firmati in passato e minaccia di attivare già a metà novembre l’articolo 16 del Protocollo, che permette di sospendere la sua applicazione in casi eccezionali. I negoziati tra Bruxelles e Londra sono entrati nella terza settimana. In un articolo sul Telegraph il vicepresidente della Commissione, Maros Sefcovic, si è detto “sempre più preoccupato” che il governo Johnson scelga la “strada dello scontro”. Molto più della pesca, che viene vista come un problema bilaterale, il Protocollo tocca tutti perché è la tutela dell’integrità del mercato unico. Una delle rappresaglie che l’Ue sta studiando è la fine dell’accordo di libero scambio a “zero dazi e zero quote” per il post Brexit.

 

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