Narcostato assadista
Le rotture diplomatiche in medio oriente hanno un motivo: gira troppa droga
Export siriano ufficiale? L’olio, milioni di dollari. E poi? Anfetamine per miliardi
A partire da venerdì quattro regni importanti del Golfo hanno rotto in successione le relazioni diplomatiche con il Libano e hanno vietato le importazioni di qualsiasi cosa da quel paese – e c’è il sospetto forte che la decisione sia stata presa per contenere il traffico illecito di “Captagon”, un’anfetamina sintetizzata in laboratori clandestini. Il blocco totale è partito dall’Arabia Saudita e poi si sono uniti Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Kuwait e si tratta di una misura molto punitiva per il Libano, che è nel mezzo di una crisi economica grave e ora vede chiudersi mercati importanti. I sauditi erano il quarto partner commerciale per i libanesi e da soli assorbivano il sei per cento di tutte le loro esportazioni. D’altra parte il volume del traffico di Captagon dal Libano verso l’Arabia Saudita e gli altri paesi della regione ha raggiunto una grandezza imbarazzante. Ecco alcuni casi recenti: 26 giugno, 14 milioni di pillole dal Libano scoperte in un porto saudita; 2 agosto, otto milioni, stessa dinamica; 28 agosto, un milione; 9 settembre, mezzo milione; ottobre, diciassette milioni in due diversi sequestri. E queste sono le quantità che sono state intercettate. Walid al Bukhari, ambasciatore saudita a Beirut, ad aprile aveva dichiarato che negli ultimi sei anni i sauditi hanno confiscato seicento milioni di pillole di Captagon provenienti dal Libano, “abbastanza per far affondare il mondo arabo e non soltanto l’Arabia Saudita nelle sostanze psicotrope”.
A volte le pillole di Captagon (il nome non indica più il farmaco vietato molti anni fa ma in modo generico le pillole di anfetamine) sono nascoste dentro la frutta – nel senso che i trafficanti farciscono migliaia di melograni con la droga per superare i controlli – e per questo già ad aprile l’Arabia Saudita aveva bloccato tutte le importazioni di frutta e verdura dal Libano. Caroline Rose, ricercatrice del Newlines Institute che segue in modo specifico il traffico di Captagon, dice al Foglio che tale traffico “gioca un ruolo importante nella rottura delle relazioni diplomatiche fra regni del Golfo e Libano, anche se è un elemento non detto”. Dal punto di vista ufficiale, la rottura è motivata dal caos politico in Libano – tradotto: dallo strapotere di Hezbollah, il gruppo armato finanziato dall’Iran e rivale dei sauditi.
Il Libano non è però che il partner minore dell’asse del Captagon formato con la Siria di Bashar el Assad. L’establishment assadista a Damasco ha trovato nella produzione e nel traffico illecito delle anfetamine un modo per fare molto denaro in un paese devastato dalla guerra civile e colpito da sanzioni internazionali. Quest’estate l’Economist aveva definito la Siria di Assad “un narcostato”: secondo i dati citati nell’articolo, l’esportazione ufficiale più redditizia della Siria è quella dell’olio di oliva, per 122 milioni di dollari ogni anno e il traffico di Captagon prodotto in Siria rende invece tre miliardi e mezzo di dollari ogni anno. Sono grandezze non comparabili. Come la produzione di eroina per i talebani in Afghanistan e come la coca in America latina, il “Captagon” siriano è diventato un pilastro dell’economia di Damasco. Soltanto che in questo caso il narcostato è sul Mediterraneo e gli effetti si vedono anche da noi: a giugno 2020 la Guardia di Finanza sequestrò 84 milioni di pillole nel porto di Salerno arrivate dalla Siria – ma per un equivoco sensazionalista si disse che le pillole erano state prodotte e contrabbandate dallo Stato islamico.