Quanto danno fa alla Polonia tenere l'Ue lontana dai suoi confini

Micol Flammini

Mercoledì Charles Michel è a Varsavia. Apre alla possibilità di un muro alla frontiera. Bruxelles aveva già offerto l'invio di Frontex, ma il governo polacco dice che può farcela da solo. E anche sui migranti cerca di colpevolizzare l'Europa: una strategia che l'ha portato ad accumulare ritardi nella gestione della crisi con la Bielorussia

“Mateusz – ha scritto il capo dell’opposizione polacca Donald Tusk, riferendosi al primo ministro – i migranti non sono oro politico (...). Non pensare a come guadagnare sui drammi e sui problemi dei polacchi. Pensa a come risolverli”. La Polonia, mentre lunedì cercava di respingere i migranti portati alla frontiera dalla Bielorussia, ha sottolineato l’eroismo dei suoi soldati, la vulnerabilità dei suoi confini e anche la solitudine del suo governo. I primi due punti sono sacrosanti, il terzo è un’altra sfaccettatura della sua battaglia contro l’Ue, accusata di aver lasciato la nazione da sola a difendersi, quando invece l’Ue è stata molto presente.

Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel mercoledì incontrerà Morawiecki a Varsavia e oggi ha aperto alla possibilità di costruire un muro alla frontiera pagato dall’Ue. L’Europa ha proposto da settimane di inviare Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, ma il governo polacco non ha voluto perché tenere l’Europa lontana dai suoi confini rende Varsavia più libera di effettuare i respingimenti e anche di lasciare che i migranti cerchino di raggiungere la Germania: è lì che vogliono andare e in tanti davanti al filo spinato non fanno altro che ripetere “Germany Germany”. Inoltre mostrare che i soldati polacchi stanno facendo tutto da soli è utile ad aumentare la statura del governo agli occhi degli elettori. Alla proposta di ricevere gli uomini di Frontex Morawiecki ha risposto: “Abbiamo 15mila guardie di frontiera, 13mila militari, Frontex ha meno di duemila dipendenti”.

Mercoledì il presidente polacco, Andrzej Duda, anche lui del PiS, ha detto che la Polonia ha “forze e risorse sufficienti per proteggere fisicamente il confine. Tuttavia, abbiamo bisogno di sostegno a livello politico e contiamo molto sull’aiuto dei nostri vicini, dei nostri alleati. Contiamo immensamente sul sostegno dell'Unione europea e della Nato”. Una parte del governo invece dice chiaramente di non volere gli europei al confine e anzi, accusa Bruxelles di voler intervenire  per avere una scusa e violare la sovranità polacca.

 

La Polonia non è la prima nazione europea ad avere problemi con Lukashenka, uno dei peggiori vicini che l’Unione abbia mai avuto. E’ però quella che sta cercando di usare la crisi per motivi interni con il risultato di  avere maggiori problemi. 

C’è una cronologia che un account che monitora la situazione lungo il confine orientale su Twitter ha scritto nel dettaglio per rilevare quanto in realtà il governo polacco sia in ritardo nella gestione dell'emergenza. Aprile: crisi in Lituania, zero reazioni da parte del governo. Maggio: crisi in Lituania, ancora zero reazioni. Giugno: primi migranti in Polonia, zero reazioni. Luglio uguale. Agosto: mega crisi, ma il governo ha aspettato l’ultima settimana per reagire. Il confronto che viene spesso fatto è quello con la Lituania, il primo paese a essere colpito dal traffico di Lukashenka, che ha però subito chiesto l’aiuto dell’Ue. Ha ottenuto  l’arrivo di Frontex che  aiuta a controllare la frontiera. Il governo lituano voleva che la situazione non diventasse caotica, quello polacco non soltanto aumenta il caos, ma lo usa per portare avanti i suoi continui scontri con l’Ue, alla quale ha anche detto di non voler pagare la sua quota al bilancio generale. Non può farlo, ma non riesce più a fermarsi con le minacce. 

La situazione alla frontiera polacca oggi era più calma, dalla mattina i soldati bielorussi avevano incominciato a spostare i migranti, a metterli a bordo di taxi e secondo alcune informazioni li avrebbero portati verso la Lituania, che è in attesa di proclamare lo stato di emergenza. A calmare la situazione è anche intervenuta la mobilitazione internazionale, l’Ue  sta stilando una nuova lista di sanzioni e il commissario Margaritis Schinas ha detto che inizierà dei viaggi nei paesi di provenienza dei migranti per spiegare il bluff di Lukashenka. Si è mossa anche la Russia, Vladimir Putin ha convocato un consiglio di sicurezza congiunto con i  bielorussi. Il suo portavoce Dmitri Peskov ha colto l’occasione per accusare l’Ue di non avere pietà per la vita dei migranti  e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha detto che l’Ue se ha tante difficoltà con i migranti dovrebbe finanziare la Bielorussia come fa con la Turchia. La Polonia teme che la situazione possa portare a un coinvolgimento diretto di Mosca, ma per il momento anziché stringere l’alleanza con l’Europa, l’unica sua sicurezza, agisce ancora nel campo dei dispetti. Sui migranti l’Ue ha dimostrato di essere pronta ad aiutare,  il governo polacco invece usa  l’occasione per dipingersi come una vittima. L’Ue va oltre le liti. Il PiS butta tutto nel calderone della discordia. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)