La Kabul liberata/1

Senza soldi stranieri ai talebani, milioni di afghani moriranno di fame questo inverno

Daniele Raineri

Alla fine di ottobre il capo del World Food Program, David Beasley, ha detto che “in Afghanistan c’è la peggiore crisi umanitaria in corso sul pianeta. L’economia sta collassando. Il freddo sta arrivando. Sarà l’inferno sulla terra”

Prologo. Prima il presidente repubblicano Trump e poi il presidente democratico Biden annunciano il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan. Gli altri contingenti stranieri seguono, perché non saprebbero che altro fare. Da anni una parte dell’opinione pubblica considerava la presenza delle forze internazionali una missione di occupazione. Durante un cambio della guardia a metà agosto, i talebani prendono il controllo della capitale Kabul e del paese intero. Il presidente Ashraf Ghani fugge all’estero con valigie piene di denaro. Finiti i vent’anni di guerriglia portati avanti anche grazie all’aiuto del Pakistan, adesso ai talebani tocca governare. L’inverno si avvicina. 


Nel 2020 gli attacchi dello Stato islamico in Afghanistan erano stati ottanta. Quest’anno sono stati duecentonovanta, finora, e a questo ritmo arriveranno di sicuro oltre i trecento prima di dicembre. Da quando i talebani sono saliti al potere anche grazie agli pseudo accordi di Doha che li impegnano a garantire una lotta senza quartiere al terrorismo, le operazioni dei terroristi nel paese sono aumentate di molto. E, si badi bene, si tratta dei terroristi dello Stato islamico che sono nemici dei talebani per ragioni ideologiche. Non sappiamo che cosa fanno gli altri terroristi, quelli di tendenza al Qaida che invece i talebani non considerano nemici e anzi ospitano sotto la loro ala protettiva. Questa accelerazione degli attacchi ci ricorda una verità più generale sui talebani e sull’Afghanistan del dopo ritiro. I talebani non sono un blocco potente che è salito al governo in virtù di una forza inesorabile e che ora controlla il paese in una morsa stretta. Sono piuttosto un piccolo esercito pashtun inferiore ai settantamila uomini e assai poco rappresentativo della diversità etnica dell’Afghanistan, che ha saputo aspettare l’ora della stanchezza occidentale e adesso si trova davanti a compiti molto al di sopra delle proprie capacità. 

 

Il primo problema è la mancanza di cibo sufficiente a tenere in vita la popolazione. Alla fine di ottobre il capo del World Food Program, David Beasley, ha detto che “in Afghanistan c’è la peggiore crisi umanitaria in corso sul pianeta. Ventitré milioni di afghani stanno andando verso la fame. Il novantacinque per cento degli afghani non ha abbastanza cibo. L’economia sta collassando. L’inverno sta arrivando. Sarà l’inferno sulla terra”. 

 

Il rischio fame non è cominciato con l’arrivo dei talebani a Kabul, era già molto grave prima e quest’anno in Afghanistan c’è stata una siccità senza precedenti che ha distrutto il quaranta per cento dei raccolti. Ma la presenza dei talebani al governo aggrava la crisi. Un po’ per colpa delle misure autolesionistiche che hanno annunciato, come il divieto di usare moneta straniera nelle transazioni commerciali o il divieto alle donne di andare a lavorare. Ma soprattutto perché l’economia del paese si regge per tre quarti sulle donazioni internazionali, che ora sono sospese perché c’è poca voglia di dare soldi ai talebani, che impiccano la gente alle gru in piazza e obbligano le donne alla reclusione in casa. La comunità internazionale è in stallo: se non manda soldi è una punizione collettiva per tutti gli afghani ormai sull’orlo del disastro, se manda soldi aiuta un governo formato da ricercati per terrorismo che predica l’oppressione totalitaria delle donne.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)