al confine

Il potere di persuasione dell'Ue funziona contro i danni di Lukashenka

Micol Flammini

La tratta aerea di Minsk non vale il mercato dell’Ue e le compagnie aeree coinvolte nella crisi dei migranti ci ripensano dopo la minaccia di nuove sanzioni. Bruxelles dà due lezioni importante al dittatore bielorusso

Roma. Il confine che separa  l’Unione europea dalla Bielorussia si fa sempre più freddo e sempre più affollato. Il governo polacco continua a mostrare video di migranti che costruiscono cittadelle al di là del filo spinato, la Bielorussia mostra immagini di gente disperata che si picchia per un tozzo di pane. La Polonia è interessata a dipingere i profughi come persone in combutta con il regime di Minsk. La Bielorussia invece mette in risalto la disperazione che l’Europa vuole lasciare fuori dalla porta. Di propaganda sono piene tutte e due le versioni. Polonia e Lituania hanno fortificato i loro confini e in aiuto sono arrivati anche dei contingenti britannici. Ieri, dall’altra parte, Russia e Bielorussia hanno dato il via a un’esercitazione militare a Grodno, città vicinissima tanto al territorio lituano quanto a quello polacco. Anche l’Ucraina ha incominciato a mandare soldati al suo confine settentrionale, teme che il dittatore bielorusso Aljaksandr Lukashenka possa decidere di cambiare rotta per spingere i migranti verso l’Europa, mentre gli Stati Uniti hanno segnalato un nuovo assembramento di truppe russe sull’altra frontiera ucraina, quella orientale. 

 

I primi segnali importanti arrivano da lontano e indicano che l’Unione europea non è così indifesa e attaccabile come spesso sembra. Dopo aver minacciato di imporre sanzioni alle compagnie aeree coinvolte nel traffico dei migranti, indipendentemente dal fatto che siano bielorusse o di paesi terzi, si cominciano a vedere i primi risultati. Le sanzioni non sono state ancora  imposte, ma già la Turkish Airlines, la compagnia turca, accusata di contribuire al trasporto dei profughi da Istanbul – che è uno dei principali aeroporti di partenza – ha annunciato che smetterà di vendere biglietti aerei a persone provenienti da Siria, Afghanistan e Yemen. Nei giorni scorsi i colloqui tra Bruxelles e Ankara sono stati intensi, la polizia tedesca aveva accusato la compagnia aerea di collaborare con Lukashenka, la Turkish Airlines ha sempre negato ma sa che non le conviene perdere il mercato europeo per preservare la rotta bielorussa. Dopo la compagnia turca anche la bielorussa Belavia ha annunciato misure simili, interromperà i collegamenti dalla Turchia a Minsk per alcuni cittadini mediorientali su richiesta delle autorità turche: si tratta dei voli che Belavia effettua per conto di Turkish Airlines. L’Ue è vicina a concludere accordi anche con gli Emirati Arabi Uniti, alcuni migranti partono da Dubai e il commissario europeo Margaritis Schinas ha detto che i colloqui con le compagnie Etihad ed Emirates stanno procedendo bene. Ieri Schinas era a Beirut, altra città di partenza, e in una breve conferenza stampa ha detto che ha avuto delle rassicurazioni da parte del Libano. “Stanno avvenendo dei cambiamenti”, ha detto il commissario che ha esortato tutti i paesi coinvolti a lottare contro un regime che usa le persone come fossero armi. 

 

I primi migranti che arrivavano in Bielorussia erano soprattutto iracheni e per capire il potere di persuasione che l’Unione europea può esercitare basti vedere come si è comportato l’Iraq che non si è limitato a fermare i voli diretti, ma a Erbil è anche stato chiuso il consolato della Bielorussia: una mattina la bandiera del regime di Minsk, quella rossa e verde non il vessillo bianco e rosso agitato durante le proteste contro il dittatore, è stata tirata giù. Ora Baghdad ha annunciato dei piani di evacuazione per riportare indietro i suoi cittadini rimasti bloccati in Bielorussia. Chi vorrà potrà tornare indietro, per ora esiste soltanto una lista d’attesa, ma l’Iraq assicura che si sta organizzando. Anche gli aerei di Aeroflot sarebbero  implicati nel traffico di migranti, da Mosca arrivano smentite, ma se l’Unione europea porterà a termine le sue sanzioni dovrà stabilire cosa fare con la compagnia  russa che ha detto di aver trasportato finora soltanto diciannove passeggeri in transito da Beirut a Minsk via Mosca durante i primi 10 giorni di novembre e non si trattava di siriani o di iracheni. Ma già solo la minaccia delle sanzioni giovedì ha fatto scendere il titolo in Borsa del due per cento. 

 

Quasi per errore, l’Ue, sempre restia a usare il suo potere e spesso anche a riconoscere di averne, sta riuscendo a persuadere i paesi implicati nel trasporto dei migranti. Per ora questa persuasione non ha contribuito ad alleggerire la situazione lungo il confine, ma se gli accordi verranno rispettati, come conviene ai paesi coinvolti, allora l’Ue potrà mandare  due segnali forti a Lukashenka. Il primo è che è più isolato di quello che pensa e il suo traffico di migranti così ben organizzato non ha retto di fronte alle  pressioni di un mercato grande e importante come quello europeo:  conviene stare più dalla parte di Bruxelles che da quella di Minsk. Il secondo è che le minacce europee possono essere più efficaci delle sue: finora il suo annuncio di voler tagliare il gas è stato smentito anche da Mosca, l’unica autorizzata a farlo. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)