Come sono andate le elezioni di medio termine in Argentina
L’opposizione di centrodestra Juntos por el Cambio ha inferto una sconfitta pesante al Frente de Todos, la coalizione al governo con Alberto Fernández. I peronisti perdono il controllo del Senato per la prima volta dal 1983, anno del ritorno alla democrazia
Alle elezioni di medio termine in Argentina Juntos por el Cambio, l’opposizione di centro-destra imperniata sul partito liberale dell’ex-presidente Mauricio Macri, ha inferto una sconfitta pesante al Frente de Todos, la coalizione tra sinistra e peronisti al governo con Alberto Fernández, che ha come vice la ex-presidente Cristina Fernández de Kirchner. “Fernández-Fernández”, li chiamano. Simbolicamente, i nove punti di distacco inflitti da Juntos al Frente al voto per la Camera rovesciano gli otto punti con cui era stato invece Fernández alle presidenziali del 27 ottobre 2019 a staccarsi da Macri. 48,24 per cento per Fernández contro 40,28 per Macri era finita allora; 42,26 per Juntos contro 33,74 per il Frente sono i dati attuali.
Oltre che per 127 dei 257 deputati si votava anche per 24 dei 72 senatori. E lì il distacco è stato addirittura di venti punti. I peronisti perdono quindi il controllo del Senato per la prima volta dal 1983, anno del ritorno alla democrazia. Tuttavia la coalizione di Fernández ha ottenuto un risultato elettorale migliore rispetto alle primarie obbligatorie del 12 settembre: ha perso solo in 15 dei 24 distretti elettorali, invece di 18. Esito di una mobilitazione della macchina elettorale peronista per convincere gli elettori delusi ad andare alle urne, che ha in effetti fatto alzare l’affluenza dal 66 al 71 per cento. L’effetto di questa chiamata si è visto in particolare nella provincia di Buenos Aires, dove votano due argentini su cinque, e dove il vantaggio di Juntos si è ridotto di un quarto rispetto alle primarie, fermandosi all’1,3 per cento. Ma comunque anche lì l’alleanza di Macri ha vinto. Nel distretto federale della capitale, che malgrado il nome non fa parte della provincia di Buenos Aires, è finita 47 a 25 per Juntos, anche se è stato pure qui un calo rispetto alle primarie, dove aveva superato il 50 per cento.
Proprio perché è andata meno peggio del previsto i peronisti hanno provato a festeggiare, ma Fernández sembra rendersi conto che la seconda parte del suo mandato sarà in salita. “Oggi inizia la seconda fase del nostro governo e so che abbiamo bisogno di un orizzonte. Abbiamo diritto alla speranza. Ho parlato e ascoltato centinaia di persone: tutti hanno bisogno di più certezze. Sappiate che ogni giorno e ogni volta saremo un po' meglio”, ha commentato a caldo, provando a scaricare le proprie responsabilità. “Con queste elezioni si chiude una tappa molto dura per il nostro paese, segnata da due crisi: quella economica, ereditata dal precedente governo, e quella sanitaria causata da una pandemia che stiamo gradualmente superando”. I principali motivi di malcontento sono appunto un'inflazione ormai vicina al 50 per cento e una gestione dell’emergenza Covid piena di scandali. Esito di questi problemi è stata anche una crescente conflittualità tra la componente della maggioranza che fa riferimento al presidente e quella che invece è più vicina a Cristina. La stessa Cristina ha ora accampato problemi di salute per non apparire dopo l’annuncio dei risultati.
“Milioni di argentini in tutto il paese hanno detto basta”, ha risposto a Fernández María Eugenia Vidal: la candidata di Juntos che ha vinto nella città di Buenos Aires. Proclami a parte, il Congresso dovrà presto occuparsi di rinegoziare con il Fondo Monetario Internazionale un debito da 45 miliardi di dollari, che dovrebbe comportare anche riforme economiche e fiscali. Per questo, dopo aver provato a incolpare l’opposizione, il presidente ha poi subito chiesto di collaborare. “Servono grandi maggioranze per generare consenso. In tal senso, appena possibile, mi rivolgerò ai rappresentanti della volontà popolare e alle forze politiche che rappresentano per concordare un'agenda quanto più condivisa possibile”.
Dopo i grandi, assieme al 6,17 per cento preso dalla sinistra radicale e al 4,41 di liste peroniste locali c’è il 4,95 del gruppo La Libertad Avanza dei due anchormen ultraliberisti José Luis Espert e Javier Milei, che entra al Congresso con tre eletti. Milei ha avuto addirittura il 17,03 per cento nella Capital Federal, mentre Espert è arrivato al 7,50 per cento nella provincia di Buenos Aires.