I talebani scrivono al Congresso americano: dateci i soldi
L'emirato chiede di sbloccare le riserve della Banca centrale afghana, questione su cui la Casa Bianca avrebbe preferito glissare. La situazione umanitaria peggiora di giorno in giorno soprattutto perché il nuovo governo non sa come gestire i conti
“E’ vero, ci sono stati alti e bassi nelle nostre relazioni, come del resto succede a tutte le nazioni di questa terra”. Il ministro degli Esteri dei talebani, Mawlawi Amir Khan Muttaqi, ieri ha scritto una lettera aperta al Congresso degli Stati Uniti – anzi “agli onorevoli membri del Congresso americano!”, con il punto esclamativo – per ottenere lo scongelamento delle riserve di dollari della Banca centrale dell’Afghanistan che sono state bloccate dalle sanzioni americane dopo la capitolazione del governo di Ashraf Ghani a Ferragosto.
I toni usati da Muttaqi nella lettera sono da parodia. “Ammetto”, scrive, che a volte le cose tra noi sono andate meno che bene, ma quello che c’è adesso è un Afghanistan diverso, con molta meno corruzione e molti meno sprechi. Noi, è il messaggio sottinteso, meritiamo gli aiuti internazionali molto più di quelli che sostenevate voi. Insomma: scordiamoci il passato, cominciamo una nuova fase. Tanto più, dice, che quest’anno cade il centenario dei rapporti bilaterali fra Afghanistan e Stati Uniti. E poi fa una serie di esempi molto concreti sui bambini denutriti, le famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese e le donne in gravidanza che sono in pericolo perché non possono ricevere assistenza. E sottolinea spesso che tutto questo peggiorerà con il freddo dell’inverno che sta arrivando. Il ministro cita più volte gli accordi di pace di Doha, in Qatar, e lo fa per dire: vi abbiamo consentito di ritirarvi senza combattere e senza subire perdite, non è quello che volevate? Adesso trattiamoci da nazioni che hanno fatto la pace. E’ una lettura ipocrita perché, in verità, gli accordi di Doha impegnavano i talebani a negoziare con il governo Ghani e a cercare una soluzione di compromesso. Invece hanno dato il via a una campagna militare che nel giro di tre mesi e mezzo li ha portati a prendere anche la capitale Kabul.
Le frasi suadenti del ministro Muttaqi sembrano più adatte a un fidanzato che cerca di ricucire una relazione che a un appello fra due parti che si sono fatte la guerra fino a tre mesi fa. Ma la crisi umanitaria è reale e urgente, ed è vero che se non arriveranno presto aiuti dall’esterno, come se l’amministrazione Biden non sbloccherà gli asset della Banca centrale, l’inverno per la popolazione afghana avrà conseguenze catastrofiche. Già oggi il 95 per cento della popolazione non ha abbastanza cibo, tra un mese le cose andranno molto peggio. I talebani non hanno la più pallida idea di come gestire il sistema economico e i loro provvedimenti – il divieto di lavorare imposto alle donne e il divieto di fare transazioni con valuta estera che ostacola il commercio – non hanno fatto altro che aggravare la situazione. Il problema degli aiuti non è facile da risolvere perché i talebani hanno messo al governo elementi che sono ricercati per terrorismo e che hanno rapporti amichevoli con al Qaida, cosa che rende molto problematico per la comunità internazionale e soprattutto per gli Stati Uniti rimuovere le sanzioni e ripristinare gli aiuti. Sul tavolo sembrano esserci soltanto scelte sbagliate: se non aiuti i talebani è un disastro per la popolazione, se aiuti i talebani stai appoggiando in modo indiretto – e anche diretto – figure del jihad internazionale. E chissà fra dieci anni, o prima, cosa decideranno di fare con i tuoi soldi.
Alcuni economisti sostengono che sbloccare le riserve non aiuterebbe, che in questo momento l’economia è depressa più che altro dalla siccità e dall’instabilità, che i problemi sono molto concreti e solo in minima parte riconducibili alle casse della banca centrale. Sostengono poi che i talebani userebbero male le riserve e le brucerebbero nel giro di due anni, finiti i quali si tornerebbe alla situazione di partenza. Le Nazioni Unite hanno annunciato un programma sperimentale per pagare direttamente il sistema sanitario afghano, senza passare per i talebani. Ma non è detto che sia semplice da praticare, cioè che davvero i talebani non interferiranno in alcun modo quando le risorse saranno arrivate a chi lavora per l’Onu sul territorio. E anche in questo caso si rischia un finanziamento involontario, perché i soldi che i talebani non dovranno mettere negli ospedali saranno liberi di usarli ad esempio per l’acquisto di armi. L’unica cosa certa è che, adesso, la lettera di Muttaqi costringe l’Amministrazione Biden a prendere una posizione ufficiale sulla questione – la Casa Bianca finora aveva cercato di evitare proprio questo.