Sorpresa! Il capo dello Stato islamico in Afghanistan è un triplogiochista abile

Daniele Raineri

Il dipartimento di Stato americano svela l'identità del terrorista Shahab al Muhajir. Non è un arabo, come molti credevano, e finora è stato capace di fare l'infiltrato sia tra i talebani sia tra i soldati del governo 

Prologo. Prima il presidente repubblicano Trump e poi il presidente democratico Biden annunciano il ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan. Gli altri contingenti stranieri seguono, perché non saprebbero che altro fare. Da anni una parte dell’opinione pubblica considerava la presenza delle forze internazionali una missione di occupazione. A metà agosto, i talebani prendono il controllo della capitale Kabul e del paese intero. Finiti i vent’anni di guerriglia portati avanti anche grazie all’aiuto del Pakistan, adesso  tocca a loro governare. 


 

 

Lunedì sera il dipartimento di Stato americano ha svelato l’identità del capo dello Stato islamico in Afghanistan, nome di battaglia “Shahab al Muhajir” ed è saltato fuori che si tratta di un infiltrato molto abile che in questi anni ha fatto il triplo gioco fra talebani, forze del governo e Stato islamico. Un rapporto di luglio 2020 delle Nazioni Unite sosteneva che Shahab fosse un leader arabo arrivato da fuori per prendere il comando dello Stato islamico in Afghanistan, perché il gruppo in quel periodo era in stato confusionale. I suoi leader erano stati uccisi o catturati troppo in fretta – in genere non duravano più di un anno. Per questo si speculava sul nome “al Muhajir”, che in arabo vuol dire il migrante e nel gruppo indica chi viene da fuori. Invece Al Muhajir è Sanaullah Ghafari, un ingegnere di ventisette anni nato a Kabul e laureato al Politecnico della capitale afghana che diciotto mesi fa ha preso il comando del gruppo di terroristi che sta sfidando il nuovo regime dei talebani. La storiella del leader arabo era un espediente per depistare. Di Shahab al Muhajir si sapeva anche che aveva fatto parte della cosiddetta rete Haqqani, un clan di estremisti che fa da cerniera fra i talebani e al Qaida e in qualche modo era considerato il reparto speciale dei talebani, incaricato degli attentati e dei raid più devastanti. Come altri, ha deciso poi di cambiare fazione. A inizio ottobre Sami Yousufzai, inviato della rete americana CBS, era riuscito a mettere le mani su due documenti di Sanaullah, trovati dall’intelligence afghana. Il primo era una tessera (contraffatta?) che lo identificava come guardia del corpo del generale Rashid Dostum quando era vicepresidente dell’Afghanistan. Questo vuol dire che Sanaullah, prima uomo del clan Haqqani e poi  dello Stato islamico, aveva accesso al palazzo presidenziale di Kabul. Il secondo documento era una tessera che lo identificava come appartenente all’esercito. Questo mese è spuntato anche il suo passaporto valido, rilasciato nel 2016, con la sua foto in giacca e cravatta.  E’ possibile che Sanaullah per qualche anno sia passato attraverso i posti di blocco delle forze di sicurezza in tutto il paese senza alcun problema. 


Ecco un dubbio che arriva a posteriori: nel luglio 2018 il vicepresidente Dostum tornò in Afghanistan dopo un anno di esilio e scampò per un soffio a una strage. Quando il suo convoglio di macchine uscì dai cancelli dell’aeroporto e imboccò la rotonda che immette nel traffico della capitale, un attentatore suicida dello Stato islamico in ritardo di pochi secondi si fece saltare in aria e uccise venti persone e nove guardie del corpo del vicepresidente, ma non lui. Forse la soffiata sul suo arrivo a Kabul era arrivata da Sanaullah?  

 

Il capo dello Stato islamico secondo il già menzionato Sami Yousufzai è infiltrato anche fra i talebani e avrebbe persino incontrato Mullah Tajmir Javad, il vice dell’intelligence dei talebani, che non ha capito di essere davanti a “Shahab al Muhajir” – quindi all’uomo più ricercato dell’Afghanistan. Sanaullah proteggeva con cura la sua identità. Nel giugno 2020 il suo discorso d’insediamento come nuovo capo della divisione afghana dello Stato islamico non fu pronunciato da lui, ma da un portavoce, in modo che la sua voce non potesse essere riconosciuta (così da alimentare la storiella dello Straniero arrivato da fuori). Quando l’intelligence afghana catturava altri leader dello Stato islamico e chiedeva loro di indicare “Shahab al Muhajir” su una foto, quelli indicavano altri uomini. Forse sbagliavano apposta, forse erano stati ingannati agli incontri dallo stesso Sanaullah, specialista nel farsi passare per altre persone. 

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)