Interpol senza diritti
Alla guida dell'Interpol vanno forte i candidati di Emirati e Cina
È in corso l’elezione del capo dell’agenzia poliziesca mondiale e pare tutta un affare di dittature
L’esito dell’assemblea generale dell’Interpol attualmente in corso a Istanbul rischia di provocare un terremoto all’interno dell’organizzazione internazionale della polizia criminale. Al vertice dell’istituzione che ha sede a Lione dal 1989, potrebbe essere eletto il sulfureo Ahmed Naser al Raisi, nominato nel 2015 ispettore generale del ministero dell’Interno degli Emirati Arabi Uniti dopo quarant’anni di carriera nella polizia, oggetto di molteplici denunce per tortura e abusi di diritti umani. “La presidenza di Interpol, un trofeo per i dittatori”, ha titolato ieri Libération, raccontando le grandi tensioni in vista dell’elezione del sostituto del coreano Kim Jong-yang, che già aveva preso il posto del suo ex capo il cinese Meng Hongwei, scomparso nel nulla nel 2018 (era stato arrestato e accusato di corruzione da Pechino). C’è oggi un altro cinese che potrebbe essere nominato nel comitato esecutivo dell’Interpol: si chiama Hu Binchen, è sostenuto dal governo di Pechino, quello stesso governo che è sospettato di aver usato l’agenzia per dare la caccia ai dissidenti e per far scomparire i cittadini non graditi al regime.
Ci sono molte discussioni in corso sul ruolo di questi paesi nell’Interpol, soprattutto in questa stagione in cui le informazioni ottenute nelle indagini sono utilizzate anche negli hackeraggi e negli attacchi cyber. La candidatura di Raisi alla guida dell’agenzia che raggruppa le polizie di 194 paesi fa anche urlare le associazioni per la difesa dei diritti umani. “Poiché il signor Raisi risiederà diversi giorni a Istanbul per partecipare all’assemblea generale dell’Interpol, è responsabilità della Turchia, in considerazione dei suoi obblighi internazionali, arrestarlo e aprire un’inchiesta in ragione degli atti di tortura subiti da Ahmed Mansour (blogger e attivista per i diritti umani condannato a dieci anni di carcere per la sua voce dissidente e posto in isolamento in condizioni disumane, ndr)”, ha detto al Point l’avvocato William Bourdon, all’origine della prima denuncia a Parigi sporta nel giugno 2021 per conto dell’ong Gulf Centre for Human Rights. “Interpol è un’organizzazione che nella sua carta obbliga a rispettare i diritti umani. Sarebbe una macchia indelebile il fatto di avere alla presidenza un individuo accusato di tortura”, ha detto l’avvocato francese.
Lunedì, anche i legali di Matthew Hedges e Ali Issa Ahmad, i due cittadini britannici che tra il 2018 e il 2019 sono stati torturati dalla polizia del paese del Golfo, hanno presentato una denuncia alle autorità turche. “Per due giorni non mi hanno permesso di dormire e bere, ho subìto torture fisiche e psicologiche”, ha dichiarato Ali Issa Ahmad, arrestato mentre era in vacanza negli Emirati per aver indossato una maglietta della squadra del Qatar. Matthew Hedges ha trascorso sette mesi in regime di isolamento negli Emirati, durante i quali è stato torturato e forzato ad assumere farmaci da cui è tuttora dipendente. In nome della “guerra contro il terrorismo”, Abu Dhabi fa una lotta spietata contro la minima opinione discordante. E Raisi è il simbolo di questa politica ultrarepressiva. Da anni, è nel mirino delle ong a tutela dei diritti umani anche per l’abuso dei cosiddetti avvisi rossi (“red notice”) emessi in quanto parte del comitato esecutivo dell’Interpol.
“Nel giro di vent’anni, l’Interpol è diventata una delle armi preferite dei regimi autoritari per perseguitare i loro oppositori in giro per il mondo”, ha commentato Dov Alfon, il direttore di Libé. L’aumento, negli ultimi anni, dei finanziamenti degli Emirati al budget dell’Interpol (nel 2016, da Abu Dhabi, sono arrivati 50 milioni di euro per finanziare sette progetti dell’organizzazione) non rafforza soltanto la candidatura di Raisi, ma pone anche un altro problema evidenziato dal ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin: la sede dell’Interpol potrebbe abbandonare la Francia per divergenze sul finanziamento del progetto di estensione della struttura tra il governo centrale e gli eletti della regione di Lione. Per respingere l’Opa degli Emirati Arabi Uniti sull’Interpol, si punta sulla candidatura della ceca Sárka Havránková, attuale vice presidente dell’istituzione.