L'analisi
Con il Trattato del Quirinale Francia e Italia guardano alla mutua crescita
Un nuovo strumento di governance per le partite economiche e industriali dei due paesi, che può evitare il ripetersi degli scontri avvenuti nel passato (vedi Edf/Edison o Stx/Fincantieri). Oggi Macron e Draghi scrivono una pagina di storia
La firma del Trattato del Quirinale – lanciato nel 2017 come strumento per rimediare alle numerose crisi fra Roma e Parigi – potrebbe avere un significato politico oltre le aspettative. Nelle pieghe del Trattato si capisce come per mandare avanti questa iniziativa stiano spingendo pesanti interessi: una forte indicazione è la creazione di un forum bilaterale di politica economica e industriale con un meccanismo di scambio di dirigenti dell’industria e del tesoro. Nella road map allegata al Trattato si menziona la cooperazione fra Confindustria e Medef, ma anche quella fra Caisse des Dépots e Cassa Depositi – il che delinea un forte segnale per quanto riguarda le partite economiche e industriali (tra l’altro con una serie di iniziative di investimenti comuni nelle nuove tecnologie).
Trattato del Quirinale, così eviterà nuove tensioni industriali tra Italia e Francia
L’accordo incarna anche una linea strategica che connette maggiormente l’ecosistema di produzione italiano (essenzialmente settentrionale) con la Francia. Basti pensare che il completamento dell’alta velocità fra Torino e Lione produrrà una linea di collegamento fra Parigi, Lione, Torino, Milano, Venezia e Bologna, rinforzando di fatto un sistema economico comune fra alcune delle zone più ricche d’Europa. Questo spiega il sostegno confindustriale al Trattato – il manifatturiero italiano è già molto integrato nella catena di produzione tedesca, particolarmente nell’automobile. L’aggiunta di un secondo motore con lo sviluppo di sinergie italo-francesi nel campo delle nuove tecnologie, anche beneficiando dell’attuale crescita della “French Tech”, rappresenta una ghiotta occasione di diversificazione e di crescita per l’ecosistema italiano, partendo dal manifatturiero fino alla finanza e ai servizi. Esiste quindi un ottimo scenario bilaterale economico e industriale che richiede maggiori strumenti di governance, anche per evitare gli scontri avvenuti nel passato con gli episodi Edf/Edison o Stx/Fincantieri. Se si ragiona poi su questo scenario nel contesto europeo, possiamo osservare altre tendenze favorevoli.
La prima è che il recovery plan rappresenta il segno manifesto di una politica europea espansiva: non si tratta di rimescolare carte già esistenti, ma di governare partite nuove. Ed è anche per questo motivo che il Trattato del Quirinale rappresenta una novità: non toglie niente a nessuno, ma aggiunge strumenti per indirizzare la fase attuale, sia nel contesto bilaterale che nel contesto europeo. La Germania rappresenta il convitato di pietra di questo sforzo dinamico. Il rapporto fra Francia e Germania è estremamente solido, poggiando non soltanto sui Trattati dell’Eliseo e di Aquisgrana, ma anche su una consuetudine di comunicazione permanente e di convergenza europea – un processo che ha sempre rappresentato un’ancora al cuore dell’Europa. Si tratta di una priorità indiscussa per Parigi. D’altronde il rafforzamento del rapporto fra Italia e Francia sta già procurando ai tedeschi un brivido di competizione nei rapporti europei, che apre ulteriori spazi per l’Italia.
L'effetto Draghi sull'accordo italo-francese
Fondamentale in questo Trattato l’effetto Draghi, con la concreta possibilità per l’Italia di guadagnare margini di azione nel contesto europeo. Queste dinamiche stanno trasformando un Trattato nato come semplice esercizio diplomatico, che sembrava dover scontare le scorie di percezioni storiche che troppi leggono come legate al passato. Le letture nazionaliste che interpretano in maniera ottocentesca il rapporto con la Francia sognano delle moderne versioni dello schiaffo di Tunisi. Tutto questo sembra oggi superato da un sano pragmatismo volto a solidificare le relazioni fra due paesi-membri dell’Unione con un obiettivo di mutua crescita: il che è anche dovuto all’incrocio fra due leader, Emmanuel Macron e Mario Draghi, che scrivono oggi una pagina di storia.
I conservatori inglesi