Il caso
La splendida lettera contro la cancellazione degli arazzi di Villa Medici
Alcuni studenti indignados chiedono di rimuovere dall'Accademia di Francia a Roma la "Tentures des Indes", perché proveniente da una "cultura visiva imperialista". Tipico caso di ignoranza su cui prospera la cancel culture
Parigi. “Sappiamo quali sono i danni provocati da ciò che gli americani chiamano ‘cancel culture’. Per fortuna, siamo ancora in molti a resistere grazie al nostro rapporto con la storia che è oggi diventata il bersaglio di tutti gli estremisti, l’oggetto del loro odio e del loro desiderio di epurazione, come si può constatare da ciò che sta accadendo a Villa Medici. Alcuni borsisti dell’Accademia di Francia a Roma (ma perché sono lì allora?) e i loro amici chiedono di rimuovere gli arazzi delle Indie che ornano il grande salone di Villa Medici così come altri abbattono le statue, imbrattano le opere o bruciano i libri come dei volgari talebani”. Inizia così la lettera aperta intitolata “Contre l’épuration” e pubblicata sulla Tribune de l’art lo scorso 17 novembre. Una lettera, sotto forma di appello, firmata da decine di illustri storici dell’arte, professori, curatori, filosofi e scrittori, preoccupati per l’irruzione della cancel culture nella prestigiosa istituzione culturale creata su impulso di Colbert nel 1666, che ogni anno accoglie artisti e ricercatori per favorire lo sviluppo dei loro progetti in un ambiente di dialogo culturale fecondo.
“Questi borsisti, che dovrebbero essere formati alla storia dell’arte e all’iconografia, confondono invece esotismo e immaginario coloniale, come ha spiegato Jérôme Delaplanche in un articolo virulento sulla Tribune de l’art apparso il 3 novembre 2021, che i firmatari di questo testo vogliono qui appoggiare”, si legge ancora nella lettera. E’ stato infatti Delaplanche, ex responsabile del dipartimento di Storia dell’arte presso l’Accademia di Francia a Roma, a lanciare per primo l’allarme sulle velleità talebane di alcuni ospiti, che vorrebbero fare tabula rasa dell’attuale Grand Salon, per via della presenza della “Tenture des Indes”, ossia di una serie di splendidi arazzi in lana e seta tessuti nella Manifattura reale dei Gobelins a Parigi, dove sono raffigurati alcuni dignitari congolesi con i loro servitori, impegnati, per conto del re, in una spedizione in Brasile (all’epoca colonia olandese, faceva parte delle Indie occidentali). La serie di arazzi è una delle rare testimonianze della storia diplomatica del regno cristiano del Congo nel Diciassettesimo secolo, pezzi pregiati che da dieci anni abbelliscono il grande salone di Villa Medici. Ma è ora di rimuoverli, secondo alcuni borsisti, perché “provengono da una cultura visiva imperialista che, attraverso il ricorso all’esotismo, celebra le violenze del colonialismo europeo e la schiavitù, lo sfruttamento intensivo della natura e la riduzione degli essere umani ad oggetti”.
Gli indignados di Villa Medici sono riusciti a convincere l’attuale direttore, Sam Stourdzé, a chiudere il Grand Salon durante l’ultima Notte Bianca di novembre, impedendo ai visitatori di apprezzare un patrimonio inestimabile come quello della “Tenture des Indes”. Come ricordato agli indignados di Villa Medici dai firmatari dell’appello sulla Tribune de l’art, “in maniera comica, credono di nascondere le tracce visive della schiavitù e del colonialismo, ma cancellano in realtà una delle più belle testimonianze degli antichi regni africani (…). Una magnifica testimonianza del contributo del continente nero agli inizi della globalizzazione del mondo”. Il Grand Salon, nei prossimi mesi, rimarrà chiuso al pubblico per lavori di restauro. Stourdzé, intervistato mercoledì dal Figaro, non ha dato certezze sul ritorno degli arazzi dopo i lavori. Secondo lo storico francese Franck Ferrand, “l’ignoranza della storia è il terreno fertile sui cui prospera la cancel culture”.
Dalle piazze ai palazzi