Tra Italia e Francia
Viva il trattato del Quirinale, viva il sovranismo europeo
Compromesso storico tra nazionalisti e anti nazionalisti. L'accordo è lo specchio di un populismo impotente, che accetta di passare dalla stagione del protezionismo a quella della protezione. Indagine su una svolta
Più protezione uguale meno protezionismo. Più solidarietà uguale meno egoismo. Più integrazione uguale meno nazionalismo. Più europeismo uguale meno populismo. La prima volta Mario Draghi lo dice in modo sfumato e, mentre è lì a scambiarsi sguardi dolcissimi con Emmanuel Macron, la mette giù così: “Il senso più profondo di questo Trattato – ha detto ieri mattina il presidente del Consiglio in conferenza stampa, subito dopo aver firmato il trattato del Quirinale – è che la nostra sovranità, intesa come la nostra capacità di indirizzare il futuro, può rafforzarsi solo attraverso una gestione condivisa delle sfide comuni”. Pochi minuti dopo, Draghi torna sul punto e lo dice con più insistenza: “Quello che vogliamo è la ricerca di una sovranità europea. E quello che questo Trattato permette a noi di fare è dotare l’Unione europea di strumenti che la rendano più forte”. La terza volta, qualche istante dopo, Draghi lo dice uscendo dai binari della democrazia e centra il punto. E che punto.
Questo trattato offre la possibilità di “disegnare il proprio futuro come lo vogliamo noi europei. Perché il futuro non ce lo vogliamo far disegnare da altri. Per far questo serve la sovranità europea (rieccola, ndr). Per essere sovrani (rieccoci, ndr), occorre che l’Europa sappia proteggersi, sappia difendere i propri confini. Bisogna creare una vera difesa europea. E un’Europa più forte fa la Nato più forte”. Abbiamo deciso di pubblicare il testo integrale del duetto andato in scena ieri mattina al Quirinale tra Draghi e Macron perché, al netto dei punti presenti nel Trattato, sia quelli espliciti sia quelli impliciti (una volta al mese, spiegano fonti qualificate di Palazzo Chigi, grazie al trattato del Quirinale i ministri italiani potranno partecipare al Consiglio dei ministri del governo francese e viceversa), l’accordo di cooperazione rafforzata siglato ieri tra Italia e Francia certifica la chiusura di un cerchio e la nascita di una corrente di pensiero trasversale che costituisce una sorta di compromesso storico tra nazionalisti e antinazionalisti: il sovranismo europeo, appunto. Il principio è questo ed è dirompente: per difendersi dai nemici esterni, i paesi europei non hanno bisogno di alzare muri, non hanno bisogno di agitare la bandiera del protezionismo, non hanno bisogno di cavalcare le politiche della solitudine, ma hanno bisogno di costruire assi, alleanze, accordi, patti, coalizioni per poter proteggere i propri cittadini, e anche i propri elettori, dalle minacce esterne.
Tema: il mondo è popolato da molti elefanti e di fronte agli elefanti è meglio organizzarsi per evitare di dover affrontare le grandi sfide globali indossando i panni dei topolini. L’affermazione del sovranismo europeo (o se volete, come dice Macron, della “disciplina dell’amicizia”) è una rivoluzione copernicana che incoraggia la nascita di un nuovo e pragmatico sentimento di appartenenza europea che scoraggia la proliferazione delle nuove e vecchie dottrine antieuropeiste, che di fronte alla prova dei fatti oggi si trovano semplicemente in mutande. È il sovranismo europeista che ha permesso nei mesi più duri della pandemia di trasformare l’alleanza tra i paesi europei in un asset strategico da utilizzare contro alcune inadempienze dei produttori dei vaccini (ricordate il blocco delle esportazioni dei vaccini AstraZeneca fuori dall’Europa?) ed è sempre il sovranismo europeista che ha permesso nei mesi più cupi dell’emergenza pandemica di portare i partiti più scettici a osservare con interesse i meccanismi di solidarietà dell’Europa. In sintesi: cedere un po’ di sovranità non significa lavorare contro l’interesse nazionale (vedi il debito comune dell’Europa) ma significa creare un meccanismo virtuoso in grado di trasformare l’unione delle forze in iniezioni di denari e di responsabilità (vedi il caso del Pnrr: molte riforme, molti soldi). Più protezione uguale meno protezionismo. Più solidarietà uguale meno egoismo. Più integrazione uguale meno nazionalismo. Più europeismo uguale meno populismo. E il fatto che a firmare questo Trattato sia un governo sostenuto da due partiti che l’Europa tre anni fa la volevano scassare è qualcosa in più di un gesto simbolico: è la chiusura di un cerchio. Viva il sovranismo europeista!