Chi è la prossima presidente dell'Honduras
Xiomara Castro, ex first lady, è in netto vantaggio rispetto agli avversari. È la prima volta dopo un secolo di un presidente civile non appartenente a nessuno dei due partiti tradizionali, la prima volta in assoluto di un presidente donna e anche una decisa svolta a sinistra
Sarà Xiomara Castro la prossima presidente dell’Honduras. 62 anni, quattro figli, già “Primera Dama” tra 2006 e 2009 con suo marito Manuel “Mel Zelaya”, entrata in politica dopo la sua deposizione, è in netto vantaggio nel conteggio, con il 53,37 per cento dei voti. Sono dati quando era stato scrutinato solo il 48,30 per cento dei voti, il Consiglio Nazionale Elettorale avrà 30 giorni di tempo per dare i dati definitivi, ma appare incolmabile il vantaggio rispetto ai candidati dei due partiti tradizionali: il 33,85 per cento di Nasry “Tito” Asfura, del Partito Nazionale; e il 9,25 per cento di Yani Rosenthal, del Partito Liberale.
Elezioni Honduras, chi è Xiomara Castro
Asfura, magnate delle costruzioni e sindaco della capitale Tegucigalpa, è di origine palestinese; Rosenthal, figlio di un facoltoso banchiere, è ebreo: una curiosità destinata a attrarre l’attenzione, per una sfida elettorale in America Centrale. Ma la novità adesso è la prima volta dopo un secolo di un presidente civile non appartenente a nessuno dei due partiti tradizionali; la prima volta in assoluto di un presidente donna; e anche una decisa svolta a sinistra. In realtà anche il marito di Xiomara era stato eletto nel 2006 come liberale, ma all’improvviso aveva iniziato a svoltare in senso pro-Chávez: non è del tutto chiaro se per genuina conversione ideologica, perché attratto dai petroldollari che allora il regime venezuelano distribuiva con generosità o perché in cerca di una giustificazione ideologica per la sua proposta di riforma costituzionale in modo da farsi rieleggere. Così, nel 2009 fu destituito con voto del Congresso cui contribuì la maggioranza del suo stesso partito.
Ne seguirono una serie di vicende rocambolesche, con Zelaya che dopo essere stato prelevato in pigiama dai militari fu portato a forza in aereo in Costa Rica, poi riuscì a tornare nascosto in un bagagliaio per asserragliarsi nell’ambasciata brasiliana. Xiomara, fino ad allora aliena dalla politica anche se attiva nelle imprese agricoli e forestali della famiglia e anche laureata nel settore, prese la testa della mobilitazione dei suoi seguaci. Era comunque diventata popolare come volto di campagne di programmi sociali e sussidi per bambini.
Tanto si è identificata col marito che ha iniziato anche lei a portare in pubblico un cappello da cow-boy come quello associato alla immagine di lui. Alla fine ne venne fuori un partito che si chiama Libertad y Refundación (Libre), e con cui già nel 2013 si era candidata alla presidenza, prendendo il 20,30 per cento dei voti. Nel 2017 aveva invece appoggiato Salvador Nasralla: giornalista sportivo poi diventato leader di un movimento antipolitico in salsa grillina, anche lui oriundo palestinese, che quest’anno le ha ricambiato il favore, ritirandosi dalla corsa. Nel 2013 Nasralla da solo aveva preso il 13,34, nel 2017 col suo appoggio il 41,42, adesso al momento di ritirarsi stava nei sondaggi al 13, e sembra evidente che il suo ruolo è stato determinante.
“Credo fermamente che il socialismo democratico che propongo è la soluzione per far uscire l’Honuras dall’abisso in cui oggi ci hanno sprofondato questo modello neoliberale, la narcodittatura e la corruzione”, è la sua professione di fede. Propone anche la legalizzazione dell’aborto, il matrimonio per persone dello stesso sesso, ridurre le commissioni per le rimesse, creare una commissione internazionale contro la corruzione con l’appoggio dell’Onu, abolire la legge sulle zone economiche speciali e convocare una Costituente, ma promette che a governare sarà lei e non il marito: che pure ha un incarico formale di coordinatore del partito, ma che ha evitato di fare campagna con lei.
La campagna elettorale combattuta sul "pericolo dei comunisti"
Il partito di Xiomara appartiene al Foro di San Paolo, che organizza anche i partiti che si richiamano al “socialismo del XXI secolo”, e la campagna elettorale del Partito Nazionale ha battuto sul “pericolo comunista”. Gli analisti prevedono che potrebbe ora esserci qualche accostamento formale con i regimi di Cuba, Venezuela, Bolivia o Nicaragua. Finiti però i petroldollari di Chávez, la fortissima dipendenza economica dell’Honduras dagli Usa non dovrebbe permetterle di andare molto oltre, e anzi l’amministrazione Biden potrebbe essere soddisfatta per una svolta che pone termine a una serie di governi sospettati di contiguità con i narcos.
In particolare iI presidente uscente Juan Orlando Hernández, che ha fatto due mandati, è accusato da un tribunale degli stati Uniti di essere complice del fratello, che sempre in nord America è stato condannato all’ergastolo per narcotraffico; e anche di aver ricevuto per la sua campagna del 2013 un milione di dollari dal Chapo Guzmán, il potente “narco” messicano che era finito nella classifica Forbes dei miliardari e che sta ora anche lui scontando un ergastolo negli Stati Untii. Asfura a sua volta è indagato per appropriazione indebita di fondi pubblici; Rosenthal, ex-ministro di Zelaya. ha trascorso tra 2017 e 2020 tre anni in un carcere americano per riciclaggio di narcodollari, e ammette che fu una condanna giusta che lo ha riabilitato; nel 2020 il Congresso ha sciolto la missione dell'Organizzazione degli stati americani contro la corruzione e l'impunità e ha approvato un nuovo codice penale che riduce le condanne per corruzione e traffico di droga.
Il tutto in un paese dove il 59 per cento dei 10 milioni di abitanti sta sotto la linea di povertà, e un milione vive negli Stati Uniti da dove invia ogni anno 7 miliardi di dollari in rimesse equivalenti al 30 per cento del pil. Quinto esportatore di caffè al mondo, è però anche quinto come tasso di omicidi (37,6 per ogni 100.000 abitanti), almeno 31 omicidi a sfondo politico hanno macchiato di sangue la campagna elettorale, e 92 giornalisti vi sono stati uccisi negli ultimi 20 anni.
Il voto per il presidente - 128 deputati al Congresso con 128 supplenti, 20 deputati al Parlamento centroamericano, 298 sindaci, 298 vicesindaci e 2092 consiglieri comunali - chiudeva un intenso novembre elettorale latino-americano già passato per le elezioni generali in Nicaragua del 7 novembre, le elezioni di mezzo termine in Argentina del 14 e le elezioni generali in Cile e regionali in Venezuela del 21. A parte il quadro autoritario di Nicaragua e Venezuela, il dato dell’Honduras si inserisce in una tendenza generale che non è tanto di svolta a sinistra, quanto di punizione dei governi, di qualunque colore siano. In Argentina infatti il governo peronista di sinistra ha subito un grave rovescio di fronte all’opposizione liberale e di destra, e in Cile si va al ballottaggio tra i due candidati più estremi: come era già successo in Perù a aprile.