il compromesso
Circola il nome di Joachim Nagel alla guida della Bundesbank. E' di area Spd, ma rigorista
Cinquantacinque anni, dirigente della Banca dei regolamenti internazionali (Bri), Nagel rappresenta una scelta “interna”, avendo fatto carriera fra il 1999 e il 2016 nella BuBa di Francoforte. Al pari del cancelliere, è un migliorista, in termini economici un “falco”
Berlino. Per oltre un mese socialdemocratici (Spd), Verdi e Liberali (Fdp) tedeschi hanno lavorato a un nuovo patto di coalizione, il governo di Olaf Scholz è pronto al varo la settimana prossima, eppure a stilare un totoministri definitivo non si azzarda nessuno: c’è una grande riservatezza. Più importante ancora è la scelta del governatore centrale della Bundesbank: un ministro si può cambiare abbastanza facilmente mentre un capo della BuBa “è per sempre” (otto anni, rinnovabili). La scelta del governo semaforo deve essere molto ponderata: la coalizione mescola progressisti e conservatori, e la nomina del nuovo governatore coincide con la diffusione di dati mai così alti da 29 anni sull’inflazione in Germania.
Nelle scorse settimane sui giornali tedeschi sono circolati i nomi di diversi economisti e banchieri papabili per sostituire il governatore dimissionario Jens Weidmann, ma la soffiata considerata più credibile resta quella di Bloomberg e del Financial Times: a una settimana dall’insediamento del governo di Olaf Scholz i due media anglosassoni hanno fatto il nome di Joachim Nagel. Cinquantacinque anni, dirigente della Banca dei regolamenti internazionali (Bri), Nagel rappresenta una scelta “interna”, avendo fatto carriera fra il 1999 e il 2016 nella BuBa di Francoforte. Ha diversi punti di forza: economista competente e banchiere centrale di professione, ha in tasca la tessera della Spd, il partito del cancelliere designato Scholz. Al pari del cancelliere, anche Nagel è un migliorista, in termini economici un “falco”, che in passato non ha mancato di criticare la politica espansiva della Bce. Una posizione gradita ai rigoristi dell’Fdp il cui leader, Christian Lindner, si accinge a diventare ministro delle Finanze.
Nei giorni scorsi era circolato anche il nome di Jörg Kukies, sottosegretario alle Finanze targato Spd dall’impressionante curriculum Sorbona-Harvard-Goldman Sachs-governo federale. Ma Kukies sta a Scholz come Daniele Franco sta a Mario Draghi per cui, spiega il Financial Times, il prossimo cancelliere preferisce tenerselo stretto a Berlino anziché esiliarlo a Francoforte. Nella città sul Meno, c’è anche la preparatissima Isabel Schnabel, rappresentante tedesca al direttorio Bce, e perciò “colomba”. Schnabel è stata recentemente bastonata dalla Bild per essere poco o nulla preoccupata per la fiammata inflattiva degli ultimi mesi. Puntare su di lei obbligherebbe però il governo a due nomine, una scelta che Scholz preferirebbe evitare.
Per fare il punto sulla successione di Weidmann, il Foglio ha parlato con l’economista Stefan Kooths, vicepresidente del Kiel Institute for the World Economy, esperto di banche e globalizzazione. Senza perdersi nel gioco dei nomi, Kooths osserva che “chiunque sia favorevole a continuare l’attuale politica monetaria ultra-espansiva dovrebbe essere a favore della nomina di un ‘falco’ come successore di Weidmann. Dopo tutto, meno si radicano le aspettative per un’inflazione in crescita e più a lungo la politica espansiva può essere continuata. Un falco alla guida della Bundesbank contribuirebbe alla fiducia nella stabilità dei prezzi”. In sostanza, lasciate alla Germania il suo ruolo di rigorista brontolone tanto più che, conclude Kooths, se la partita si gioca dentro la Bundesbank “non ci sarà alcun cambiamento nella maggioranza del consiglio direttivo della Bce che sostiene l’attuale politica”.