Boom editoriali
Un piccolo giornale fa scoop sui sabotaggi del Mossad. Crederci?
Il caso del Jewish Chronicle, antico settimanale ebraico di Londra, che racconta le operazioni israeliane dentro i siti nucleari dell'Iran
Un antico settimanale ebraico pubblicato a Londra, il Jewish Chronicle (Jc), rivela informazioni incredibili sulla campagna segreta dell’intelligence israeliana contro il programma atomico dell’Iran. Così incredibili che in pochi le prendono per buone, salvo che otto mesi dopo le migliori penne del New York Times scrivono le stesse cose dopo un’inchiesta molto lunga e dopo avere ascoltato fonti di intelligence americane e israeliane. E questo fa nascere un sospetto: forse il periodico con una diffusione infinitamente più piccola del New York Times ha fonti migliori?
Il Jc è il più antico giornale ebraico, pubblicato senza interruzioni dal 1841 per divulgare le idee del sionismo, si occupa un po’ di tutto e il 10 febbraio di quest’anno ha rivelato che il Mossad per uccidere lo scienziato iraniano Mohsen Fakhrizadeh nel novembre 2020 aveva usato una mitragliatrice montata su un braccio robot nascosto a bordo di un furgoncino e manovrato da mille chilometri di distanza. Lo aveva fatto con questa formula vaga: “Il Jc può rivelare che”. La notizia del killer-robot era circolata subito dopo l’uccisione dello scienziato, ma arrivava assieme a molte altre versioni da fonti delle Guardie della rivoluzione iraniana e sembrava un’invenzione fantasiosa per coprire il fallimento dei servizi di sicurezza.
Anche l’articolo dettagliato sul Jewish Chronicle era scivolato via nell’indifferenza generale. Tuttavia il 18 settembre Ronen Bergman e Farnaz Fassihi, due giornalisti molto esperti che scrivono per il New York Times, hanno pubblicato dopo un’inchiesta che era durata mesi e dopo avere ascoltato fonti dei servizi americani e israeliani uno scoop sulla mitragliatrice e il braccio robot che aveva fatto trasecolare i lettori – ma non era che una versione migliorata delle cose che aveva scritto il Jewish Chronicle otto mesi prima. Certi particolari erano uguali, come il peso del marchingegno contrabbandato pezzo per pezzo in Iran da una squadra al servizio dell’intelligence israeliana: una tonnellata. Certi appena differenti: tredici proiettili scrive il JC, quindici il Nyt, ma la scena è la stessa.
Certe altre cose, infine, le ha soltanto il Nyt: il modello della mitragliatrice, il fatto che il sicario che la manovrava fosse aiutato da un programma di intelligenza artificiale che correggeva il ritardo di un secondo e mezzo tra quello che lui vedeva sullo schermo in Israele e la realtà in Iran. Perché parlare del fatto che il Jewish Chronicle ci aveva azzeccato in quell’occasione? Perché giovedì due dicembre ha pubblicato un’altra esclusiva incredibile sulle esplosioni nei siti atomici dell’Iran. “Il Jc può rivelare che” l’intelligence israeliana ha assoldato “fino a dieci scienziati iraniani”, che ad aprile hanno piazzato le bombe nel bunker sotterraneo di Natanz dove si trovano le centrifughe.
Gli scienziati hanno ricevuto l’esplosivo celato nei rifornimenti del catering o lasciato cadere da droni che hanno sorvolato la base. Dopo l’operazione sono stati portati in salvo fuori dall’Iran. Un altro attacco contro la fabbrica di Karaj, che produce le centrifughe, è stato compiuto da un drone quadricottero “pesante come una motocicletta” che dopo essere stato assemblato pezzo per pezzo in Iran ha sorvolato la fabbrica e l’ha colpita con missili. Uno leggerebbe con scetticismo, ma se poi il New York Times conferma tutto fra otto mesi?