Una certa idea di Europa vista dal tavolino di un café
Da Parigi a Praga, da Lisbona a Venezia, l’Ue è nata da dibattiti in luoghi iconici. Una mostra
“L’Europa è i suoi caffè, quelli che i francesi chiamano cafés. Dal locale di Lisbona amato da Fernando Pessoa ai caffè di Odessa frequentati dai gangster di Isaac Babel. Dai caffè di Copenhagen, quelli di fronte ai quali pensava Kierkegaard nel suo meditabondo girovagare, fino a quelli di Palermo. Non si trovano caffè archetipici a Mosca, che è già la periferia dell’Asia. Ce ne sono pochissimi in Inghilterra, dopo una fugace moda nel Diciottesimo secolo. Non ce ne sono nell’America del Nord, con eccezione dell’avamposto francese di New Orleans. Basta disegnare una mappa dei caffè, ed ecco uno degli indicatori essenziali dell’‘idea d’Europa’”. Così scrive George Steiner, saggista, critico letterario e pensatore raffinato, nel suo libro-manifesto “Une certaine idée de l’Europe”, dichiarazione d’amore all’Europa vista anzitutto come una grande entità culturale, come un immenso “caffè pieno di gente e di parole” (Mario Vargas Llosa), dove si filosofeggia, si pratica la conversazione civile, talvolta si dibatte e talvolta si cospira, si seduce, si fanno pettegolezzi, e sempre ci si incontra, uniti nella diversità.
Per celebrare questo testo capitale e la cultura del caffè che tutti gli europei condividono, il Quai d’Orsay, sede del ministero degli Esteri francese, ha appena inaugurato la mostra fotografica “Les cafés font l’Europe”. “È nei caffè che sono nati i più grandi movimenti letterari, culturali e artistici europei. È al loro interno che si sono sviluppati i grandi movimenti politici, di resistenza e di riflessione”, si legge nella presentazione.
Le foto di alcuni caffè mitici europei, con annessa descrizione, sono esposte lungo i cancelli del ministero degli Esteri, sulla rive gauche. C’è il Caffè Florian di Venezia, un’istituzione della Serenissima, il caffè più antico d’Europa, inaugurato il 29 dicembre del 1720 da Floriano Francesconi con il nome di Alla Venezia trionfante. C’è il Café de Flore di Parigi, il leggendario caffè degli esistenzialisti e dei mondani di Saint-Germain-des-Prés, c’è il Café comercial di Madrid, centro intellettuale della capitale spagnola, dove il poeta Antonio Machado animava regolarmente le “tertulias”, ma anche A Brasileira di Lisbona, con il suo stile Art Déco, frequentato da artisti e scrittori tra cui Fernando Pessoa. Uno sguardo verso est ci porta in seguito a Praga, alla Kavárna Slavia, dove Rainer Maria Rilke ha scritto diverse scene della sua storia praghese, e che durante il regime comunista era diventato un luogo di lotta clandestina, un presidio della libertà. La Kavárna Slavia era soprattutto il caffè preferito di Václav Havel, scrittore, leader del Rivoluzione di velluto e futuro presidente della Repubblica Ceca.