L'Orbán che serve a Macron durante il semestre europeo

Micol Flammini

Il presidente francese è andato a Budapest e ha incontrato il premier ungherese che aveva definito “un avversario politico" e "un partner europeo”. Durante le ore trascorse in Ungheria ha cercato di mantenere l'equilibrio tra le due definizioni, ma non sempre gli è riuscito 

Prima dell’inizio della presidenza del semestre europeo, Emmanuel Macron aveva promesso che avrebbe visitato tutte e 27 le capitali dei paesi membri. Fino a ieri ne mancava una: Budapest. Non si è trattato però di una visita ufficiale, anzi, Macron era in Ungheria per partecipare a un incontro del gruppo di Visegrád, di cui fanno parte Polonia, Slovacchia, Repubblica ceca e la stessa Ungheria e l’incontro con il premier Viktor Orbán è stato a margine, quasi accidentale. Nulla di ufficiale, nulla di pomposo, nessuna intenzione di dare all’incontro il valore di un piccolo vertice. Macron aveva già detto durante la presentazione del semestre cosa pensa di Orbán, lo aveva definito un “avversario politico, ma un partner europeo” e la visita è stata un gioco di equilibrio  difficile tra queste due definizioni, non sempre uscito bene. In presenza del premier ungherese, frettolosamente, Macron ha elencato tutti i temi per i quali non condivide la sua politica: erosione del pluralismo, condizione della giustizia,  diritti Lgbt. Lo ha fatto con un tono imbarazzato, esordendo con uno accomodante  “caro Viktor”.  Ma Macron non era a Budapest soltanto per sottolineare la distanza tra lui e il suo avversario, ma anche per curare il rapporto tra lui e il suo partner europeo. Macron e Orbán hanno due visioni dell’Ue molto diverse, Macron è un europeista convinto, Orbán vuole un’Europa più fragile, ma ci sono questioni in cui i due vanno d’accordo e durante il semestre europeo per la Francia sarà utile avere l’Ungheria dalla sua parte. 

 

Il primo punto è il nucleare, ma le versioni agli antipodi del presidente e del premier si toccano anche su altri argomenti come la difesa. I due hanno tenuto una conferenza stampa rapidissima, in cui Macron aveva un sorriso a denti molto stretti e Orbán ha esordito dicendo: saremo brevi. Ben conscio, e probabilmente fiero, di non aver riservato a Macron la stessa accoglienza lussuosa dedicata ai suoi possibili (la candidatura di Macron non è ancora ufficiale) rivali alle elezioni, Eric Zemmour e Marine Le Pen, ma anche consapevole di quanto bene possa fare alla sua immagine  a livello internazionale accogliere il capo dell’Eliseo. Macron non vuole chiudere del tutto la porta a Orbán, ma rischia di tenerla aperta più del dovuto.

 

Questo esercizio di equilibrio tra l’avversario e il partner però Macron l’ha voluto fare riempiendo la sua visita di simboli, una tappa dopo l’altra ha messo le distanze tra il suo pensiero e quello orbaniano. Il suo tour è iniziato nel cimitero ebraico di Kozma Utca, dove è sepolta la filosofa ungherese Ágnes Heller, morta nell’estate del 2019 a cent’anni mentre nuotava nel lago Balaton. Macron ha spesso detto che la Heller per lui era un punto di riferimento, una fonte di ispirazione per la sua battaglia contro il regime comunista, per la sua passione per l’Europa e di recente anche per la sua opposizione a Orbán. Macron ha posato un mazzo di fiori bianchi vicino alla lapide, ed è rimasto in silenzio per un po’. Dopo l’incontro con il gruppo di Visegrád – Macron ha bisogno di tutti loro per i punti del suo programma che riguardano l’energia – si è ritrovato con i rappresentanti dell’opposizione, con il sindaco di Budapest Gergely Karácsony, e con tutti i politici che si sono uniti per costituire il fronte anti Orbán compreso il candidato Péter Márki-Zay. 

 

Per Macron e Orbán il 2022 sarà anno elettorale, Macron punta molto sulla riuscita del semestre europeo per una maggior risonanza anche durante le elezioni. Un po’ di quella riuscita dipende anche da Orbán. Il partner, non l’avversario.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)