Cosa c'è dietro l'azienda che produce “Follow the Truth”, il social di Trump
L’attesa app dell’ex presidente sembra essere solo una pedina in un complesso gioco finanziario-politico che ha al centro la Trump Media & Technology Group
"Follow the Truth”, segui la verità. È lo slogan di Truth Social, l’annunciato social network di Donald Trump, attualmente disponibile nell’App Store solo in preordine. A due mesi dalla notizia della “futura” apertura del social però, inseguirne la verità è davvero difficile. Le poche immagini usate come teaser del prodotto ricordano un clone di Twitter, antico amore proibito di The Donald, e poco altro. Le cose non migliorano guardando le scartoffie burocratiche legate a Truth e all’azienda che dovrebbe produrlo. Il che è un peccato perché l’app è piuttosto attesa nel giro della destra repubblicana e pare interessare anche gli investitori. Lo scorso ottobre, infatti, nei giorni successivi all’annuncio, il titolo in borsa del social volò oltre il 350 per cento in poche ore.
Da allora le cose sono cambiate: il valore del titolo è sceso in borsa e l’azienda avrebbe bucato la deadline (era a novembre) per presentare la versione solo-su-invito di Truth Social. Fino a qui nulla di strano: è normale, specie nel settore tecnologico, giocare con le ambizioni e perdersi qualche scadenza. Il social network, però, sembra essere solo una pedina in un complesso gioco finanziario-politico che ha al centro la Trump Media & Technology Group, un’azienda di cui non si sa granché, che non sembra avere un ceo (solo un presidente: Trump stesso) ma che sta lavorando a una fusione con un’altra società, la Digital World Acquisition Corp. Quest’ultima è quella che viene definita una special purpose acquisition company (spac), cioè una società costituita per fare un investimento collettivo e poi sparire. In questo caso, la spac aiuterà l’azienda di Trump a quotarsi in borsa, con l’obiettivo di raccogliere 1,25 miliardi di dollari in investimenti.
Come? Con un Private Investment in Public Equity (Pipe), una pratica che si sta diffondendo molto negli Stati Uniti. Si tratta di un accordo in cui un investitore acquista da un’azienda grandi quantità di azioni a un prezzo inferiore rispetto a quello quotato in Borsa. I Pipe stanno andando forte perché consentono di raccogliere fondi in tempi brevi e veloci, sfuggendo in buona parte al controllo dalle autorità di regolamentazione. O, per usare le parole con cui Matt Levine di Bloomberg ha commentato l’affaire Trump-Digital World Acquisition: “Soldi gratis”. Pochi controlli, trasparenza a zero e la possibilità di fare di questa spac una sorta di raccolta fondi per la campagna elettorale di Trump. Oppure, come sostiene qualcuno, per la Trump Media Company che l’ex presidente avrebbe intenzione di creare: un’azienda di cui il social network (che per ora non esiste) sarebbe solo un tassello. E’ da tempo che circola la voce di una “tv di Trump” di cui “il social di Trump” sembra la nuova incarnazione – pare che la stessa campagna elettorale del 2016 servisse a lanciare un prodotto simile sotto l’egida di Roger Ailes, ex boss di Fox News, morto nel 2017.
Quel che è certo è che questo miliardo “facile” senza troppi controlli sta attirando le attenzioni delle autorità competenti. E della politica. La senatrice democratica (ed ex candidata alle scorse primarie) Elizabeth Warren ha già chiesto alla Securities and Exchange Commission (Sec, l’ente federale preposto alla vigilanza della Borsa negli Stati Uniti) di indagare su questa fusione, facendo riferimento a un report del New York Times e di Axios, secondo cui l’ex presidente avrebbe trovato fondi “avventurandosi in un angolo non regolato e spesso ombroso di Wall Street”, con l’aiuto di un ex concorrente di Apprentice – lo storico reality show di Trump –, una piccola società d’investimenti cinese e tale Patrick Orlando, di Miami, lo stesso della Digital World Acquisition Corp. Un’operazione goffa e opaca che avrebbe avuto l’obiettivo di raccogliere subito 300 milioni di dollari da investire in un media group conservatore. Il piano finora sembra aver funzionato. Ma proprio le mosse di Trump potrebbero porre fine alla pacchia delle spac, spingendo a regolamentare questa parte di mercato. Trump, nel frattempo, ha già ottenuto quello che voleva.