Forse BoJo ora cadrà, ma non per la sua stravagante strafottenza
Perché adesso gli inglesi sono disillusi? Volevano un circo e l’hanno avuto
Secondo Mitterrand, la Thatcher aveva gli occhi di Caligola e le labbra di Marilyn Monroe, quando la fecero fuori i conservatori si ritrovarono con un perfetto steward del potere al posto di una star, John Major, e gli conferirono il più alto tasso di credibilità di un premier dai tempi di Churchill, salvo poi stancarsene perché era “un fesso vestito di grigio senza idee né ispirazione”, e passare allo scintillante Tony Blair. Clare Foges sul Times racconta questa strana alternanza politica, regolare come il tè con gli scones, mentre pare che i britannici siano tutti lì che aspettano l’avvento alla guida del governo del rassicurante Rishi Sunak, il composto cancelliere dello Scacchiere, al posto del sulfureo Boris.
Chissà. Le avventure politico-mondane di Johnson sono in effetti spericolate, e danno risultati, di recente, piuttosto rischiosi. Viene fuori, anche con photo-inap(propriate), che si assembrava al numero 10, per quanto distanziato nei giardini, con vino e formaggio, quando il resto del paese era costretto alla solitudine e alla rinuncia; in altre immagini il suo staff festeggia grossolanamente amalgamato nei locali di Whitehall, nello stesso periodo, e poi una portavoce dimissionaria scherza sul malfatto; si dimette e danna la linea del governo addirittura il ministro della Brexit, Lord Frost, pilastro del johnsonismo antieuropeo; slitta oltre un terzo dei voti in un seggio sicuro per i conservatori da molti anni, nelle Midlands, e vince a sorpresa una semi-sconosciuta liberaldemocratica, ahi ahi, che brutta fine il mito dell’invincibilità per l’uomo che ha oltre ottanta voti di maggioranza putativi ai Comuni.
Non si capisce bene la disillusione. Gli elettori inglesi volevano un circo, e l’hanno avuto. Hanno optato per un uomo che aveva scritto due articoli, uno pro e uno contro la Brexit, e all’ultimo momento aveva scelto uno dei due ai bussolotti. Johnson è un cinico allegro, del tutto indifferente al bene e al male come concetti statici o princìpi. Ma non sono novità, queste, e sono compatibili con grandi missioni, roboanti performance oratorie, salti nella luce abbagliante della grande storia.
Il modello di Boris, Winston Churchill, dirigeva la Gran Bretagna isolata e vessata dai bombardamenti a tappeto di Goering sfarfallando in una famosa vestaglia di seta su cui era disegnato un drago, affabulando gli ospiti fino alle tre di notte di vano in vano a Downing Street e ai Chequers, svuotava botti di whiskey e di brandy e tentava di ubriacare gli emissari di Roosevelt nell’intento di trascinare gli Stati Uniti nella comune difesa dell’occidente liberale, si faceva pagare i debiti privati ingenti dai finanziatori e chiusa lì, aveva come suo consigliori e ministro per la produzione aeronautica d’emergenza Lord Beaverbrook, inventore della stampa gialla, mondana, faziosa, incline alle vendette, uno convinto che “bisogna editare un giornale per scopi di propaganda e nient’altro”. Il circo di Churchill produsse buoni effetti sul morale e sull’innato coraggio dei sudditi di Sua Maestà, aiutando il mondo a liberarsi di Adolf Hitler. Ma sempre un efficientissimo circo, un bestiario colmo delle più straordinarie bizzarrie, era. Ci sono forse ragioni per pensare che stavolta Boris non ce la farà, ma la sua stravaganza elegante e ilare, la sua nota e ammirata strafottenza, non sembra passibile di essere inclusa tra queste ragioni.