in francia
Nella redazione del Figaro c'è uno scontro giovani-vecchi su Zemmour
L’opinionista (in congedo) e il “malessere profondo” della redazione per cui era firma di punta: alcuni temono una radicalizzazione delle idee, per altri si tratta di ordinaria dialettica in tempi di campagna elettorale
La comparsa di una pubblicità a tutta pagina dell’ultimo pamphlet di Éric Zemmour, lo scorso 10 novembre, non è stata digerita da tutti all’interno del Figaro, venerabile quotidiano conservatore francese fondato quasi due secoli fa (il 15 gennaio 1826). Perché se è vero che il giornale più letto di Francia ha già accolto le réclame delle opere di alcuni politici in periodi simili, è vero anche che nessuno ha mai avuto tutto quello spazio, e nessuno ha potuto ostentare in bella vista uno slogan così provocatorio: “Osa dire ciò che pensa, osate dire ciò che pensate”.
L’ombra di Zemmour, candidato outsider della destra identitaria alle presidenziali francesi e firma storica del Figaro, serpeggia tra i corridoi della redazione di boulevard Haussmann, anche se lui, il figlio di pieds noirs col mito di Napoleone, è attualmente in congedo non retribuito, in redazione non ci mette più piede e ha smesso di mettere la sua firma sulle pagine del quotidiano da quando si è messo in testa di essere il nuovo Charles de Gaulle.
“Al Figaro, il caso Zemmour crea un malessere profondo”, titola il Monde nella sua inchiesta, raccontando i mal di pancia di alcuni dipendenti del prestigioso quotidiano, ora che il più sulfureo degli ex colleghi è in corsa per l’Eliseo. “Ogni giorno, tutti noi subiamo il fatto di essere considerati come quelli che lavorano per il ‘giornale di Zemmour’”, ha scritto il Syndicat national des journalistes (Sdj) del Figaro in un comunicato interno diffuso il 7 dicembre. Il timore di una deriva editoriale è diffuso, alla luce di certi articoli troppo lusinghieri, in particolare sul Figaro Magazine, l’inserto del weekend, dove Zemmour è finito in copertina sia a settembre sia ad ottobre. Per alcuni, i più pessimisti, il direttore del Figaro Alexis Brézet sta ultimando la trasformazione radicale del quotidiano, spostando il baricentro della linea editoriale alla destra della destra e facendo da grancassa alle idee di Zemmour. Di più: il polemista, entrato per la prima volta al Figaro nel 1996, sarebbe soltanto un sintomo fra tanti altri di una “destrizzazione” paragonabile a quella che stanno vivendo ora i Républicains, con l’ottimo risultato del deputato reazionario Eric Ciotti, amico di Zemmour, alle primarie interne, e la linea di fermezza incarnata dalla candidata gollista all’Eliseo Valérie Pécresse.
Per altri, invece, accusare Brézet di portare avanti “una strategia trotzkysta dell’entrismo” per introdurre rappresentanti della destra radicale nel cuore della redazione non è altro che “complottismo chic”. “Le prese di posizione di Éric Zemmour producono regolarmente dei dibattiti interni, che risalgono a prima della sua candidatura alle presidenziali”, ha spiegato al Monde Jean-Baptiste Garat, presidente della Sdj, prima di aggiungere: “Ma Alexis Brézet ci ha assicurato che sarebbe stato trattato come gli altri candidati ‘né più, né meno’”. Charles Sapin, il giornalista che si occupa di “destra nazionalista” da ormai quattro anni e mezzo all’interno del Figaro, si è difeso così dalle accuse di zemmourismo: “Leggete i miei articoli, non penso di essere né particolarmente tenero, né particolarmente cattivo con Éric Zemmour”.
Ma è innegabile che sia in corso una querelle tra vecchie e giovani firme, tra chi vuole mantenere il Figaro in equilibrio tra gollismo e giscardismo e chi invece vorrebbe dare sempre più spazio a opinioni borderline, radicali, incendiarie. Gli occhi, in particolare, sono puntati sul FigaroVox, la sezione di idee e dibattiti del Figaro guidata da Vincent Trémolet de Villers. Nato da un’idea dell’attuale direttore del Figaro e di Patrick Buisson, intellò e eminenza grigia della destra identitaria francese, il FigaroVox è la valvola di sfogo di quei giovani giornalisti che vedono in Zemmour il rappresentante delle loro idee estremiste. Secondo uno storico del Figaro, “queste persone vanno avanti per ossessioni, vedono woke ovunque e i dibattiti sono in una situazione di impasse totale”.