Amici da proteggere

Il test dell'alleanza a Vilnius è sull'occidente

Paola Peduzzi

Russia e Cina scommettono che l’occidente non difenderà la Lituania. Facciamole perdere

La difesa della Lituania è il nuovo test dell’impegno di Unione europea e America nel difendere i propri alleati “il canarino nella miniera dell’ordine globale”, titola il Wall Street Journal. Meno di tre milioni di abitanti, una premier economista e conservatrice, Ingrida Simonyte, il ricordo del passato sovietico affatto sbiadito, la Lituania è nel mirino della Cina e della Russia, ed entrambe le potenze si osservano per capire come trarre vantaggio dal proprio bullismo, e ovviamente entrambe guardano noi per capire quanto e per quanto europei e americani siano disposti a esporsi per difendere il loro piccolo alleato.

 

Con la Russia l’ostilità è antica ma c’è stata un’accelerazione: la repressione del regime della Bielorussia, in perfetta sintonia con Mosca, mette sotto pressione la Lituania, che è diventata il centro d’accoglienza della leadership in esilio dell’opposizione bielorussa e dei bielorussi in fuga. Mosca intanto continua la militarizzazione dell’enclave di Kaliningrad, sul mar Baltico, un’operazione che assomiglia agli assembramenti di soldati al confine in Ucraina: un avvertimento. La Nato poi ha pubblicato alcuni dati delle sue missioni aree di quest’anno: i jet dell’Alleanza si sono alzati in volo 370 volte e per l’80 per cento lo hanno fatto a causa di aerei russi vicini, senza preavviso, allo spazio aereo degli alleati dei paesi baltici. “Pochissimi voli intercettati” sono entrati, e “non ci sono stati incidenti”, ma ancora: un avvertimento, o una provocazione

 

Con la Cina la situazione, se possibile, è ancora più brutta. La Lituania ha dovuto evacuare la sua ambasciata in Cina dopo che ha deciso di lasciare il gruppo 17+1 (è il format creato da Pechino con alcuni paesi europei, soprattutto ex stati dell’Urss, per gestire le relazioni con l’Ue) dicendo che l’Europa deve agire con i suoi 27 membri per essere più forte e credibile, e dopo che ha permesso a Taiwan di aprire un ufficio di rappresentanza a Vilnius. La Cina non riconosce Taiwan ma nemmeno dà riconoscimento diplomatico alle nazioni che considerano Taiwan indipendente. La settimana scorsa il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha detto: “La Lituania si pone dalla parte opposta dei nostri princìpi universali, una cosa che non finisce mai bene”. E ha aggiunto: “Chi insiste nella collusione con le forze secessioniste di Taiwan finiranno nel cestino della spazzatura della storia”. 

 

La reazione di Pechino non è stata soltanto diplomatica o retorica, ma economica. La Cina ha chiesto a parecchie multinazionali di sospendere i propri legami con la Lituania, pena l’espulsione dal proprio mercato. Gli scambi commerciali diretti tra Cina e Lituania sono modesti, ma l’economia lituana è basata sulle esportazioni e accoglie centinaia di aziende che producono mobili, cibo, vestiti per multinazionali che vendono in Cina. Mantas Adomenas, viceministro degli Esteri lituano, ha detto alla Reuters che alcune aziende hanno cancellato i loro contratti con produttori lituani, e la Confindustria locale ha confermato, riferendo anche una multinazionale europea (di cui non ha fatto il nome, ma molti pensano che sia tedesca), “e questa è la parte più dolorosa”. Vilnius sta cercando di creare un sistema di protezione per le sue aziende, ma ha anche chiesto l’intervento dell’Ue. Adomenas dice deciso: “Non ci sottometteremo a questa pressione, quel che abbiamo scelto di fare, chiamando Taiwan Taiwan, è una scelta che spetta a noi, non a Pechino”, ma senza una volontà politica e fattiva da parte dell’Ue di difendere un suo stato membro, la Lituania rischia di soccombere. E lo stesso vale per la volontà politica e fattiva degli Stati Uniti. 

 

Vassily Kashin, studioso dell’Accademia delle scienze russa e considerato uno dei massimi esperti dell’apparato industriale militare cinese, ha pubblicato un’analisi molto interessante su questo scontro. Dice che Pechino, con il suo boicottaggio, vuole testare il proprio “arsenale di coercizione” e quello dell’Ue: la scommessa cinese è che l’Europa non farà nulla per difendere la Lituania, preferendo di gran lunga trovare un compromesso con la Cina piuttosto che perdersi il mercato cinese. Pechino ha investito molto in Ungheria e in Grecia proprio per consolidare, se dovesse esserci una conta dentro l’Ue, quello che i cinesi chiamano “l’approccio pragmatico”, che si comprano e che poi pretendono. La stessa scommessa Pechino l’ha fatta nei confronti degli americani, che hanno già dimostrato di non dare sicurezza ai propri alleati (vedi il ritiro afghano). Kashin sottolinea anche lo sguardo russo: dice che il Cremlino è un po’ invidioso perché non ha le disponibilità economiche di Pechino, e un po’ preoccupato che un giorno possa toccare a lui la rappresaglia. Ma intanto il test è sull’occidente, che ha tutti gli strumenti per far perdere alla Russia e alla Cina la loro scommessa, se solo li usasse.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi