Il ritratto
Letitia James, la sentinella di New York che ha in mano le indagini contro Donald Trump e Andrew Cuomo
Potente e ambiziosa, è la procuratrice che indaga sull'ex presidente degli Stati Uniti. Ma ha deciso, a sorpresa, di non candidarsi come governatrice. Ecco perché
La carica di procuratore generale di New York è molto visibile e molto mediatica, come sa bene l’attuale e ambiziosa tenutaria dell’incarico, Letitia James, che è anche alle prese con l’indagine sulla Trump Organization, la società che gestisce l’impero economico (e politico) dell’ex presidente. James, a sorpresa, ha rinunciato a candidarsi alla carica di governatrice. Memore del grande salto e della caduta politica dei suoi predecessori, Elliott Spitzer e Andrew Cuomo, ha deciso di continuare a guidare le indagini, per ora. Partire da questa carica, e arrivare alla presidenza, resta un’eccezione, come dimostra il caso di Martin Van Buren. Nato in una famiglia di origine olandese, nel villaggio di Kinderhook, Van Buren, parlando l’inglese come seconda lingua, fu ribattezzato dai contemporanei “l’astuta volpe”. Iniziando da questa carica locale, riuscì a costruire una macchina di potere, la cosiddetta “Albany Regency” (basata nella capitale dello stato di New York) che, di concerto con Tammany Hall di New York, la famigerata struttura politica clientelare dei dem cattolici e irlandesi, costituì la base del suo potere, per farsi eleggere come senatore, come segretario di stato del presidente Andrew Jackson, poi come suo vice e infine come ottavo presidente degli Stati Uniti dal 1837 al 1841. La stessa ambizione, si dice, che aveva Andrew Cuomo, il governatore che ancora occupa le cronache ma che lo scorso 23 agosto si è dimesso: anche lui è tra gli indagati eccellenti dell’ufficio di Letitia James.
La figura del procuratore generale differisce da quella di procuratore distrettuale – anche a questi ultimi non mancano ambizioni politiche. Ogni stato ha un procuratore generale che ricopre il ruolo di consulente legale del governatore, oltre a controllare l’applicazione delle leggi e lìistituzione delle indagini in alcuni casi. Quello di New York è uno dei più potenti e più pagati di tutto il paese. Da qualche anno, la posizione di procuratore generale rappresenta anche un trampolino di lancio per la carica di governatore dello stato, potenziale volano a sua volta per incarichi più alti.
Ed eccoci a Letitia James. Nasce nel 1958 a Brooklyn da papà Robert, emigrato dalla Virginia segregazionista e addetto alla manutenzione, e da Nellie, addetta alle pulizie in un’azienda poi passata al servizio clienti. Questa piccola ascesa ispirò molto Tish (ancora oggi James ama questo soprannome), che dopo gli studi in legge alla Howard University di Washington – e il perfezionamento in politiche pubbliche alla Columbia – trova il suo primo lavoro come legale di una piccola organizzazione solidaristica e no profit, la New York Legal Aid Society, che si occupa di raccogliere fondi per finanziare l’istruzione dei giovani provenienti da famiglie a basso reddito.
Arriva presto il primo contatto con la politica, come consulente del governatore Mario Cuomo nella task force per la diversity nel potere giudiziario. E’ però il suo successore, il repubblicano George Pataki, a nominare James nel 1999 come assistente del procuratore generale dello stato, Elliott Spitzer. Due anni più tardi, nelle elezioni cittadine di New York che vedono il trionfo di Michael Bloomberg post-11 settembre, sulla scia della forte leadership di un altro ex procuratore distrettuale, Rudy Giuliani, finito sulla copertina di Time come uomo dell’anno e sindaco d’America ideale, con un consenso superiore al 90 per cento, Letitia James fallisce il suo primo appuntamento con il voto popolare. Non stupisce che una democratica radicale come James avesse faticato: non riuscì a battere il democratico moderato James Davis per la carica di consigliere cittadino nel trentacinquesimo distretto. Davis sconfisse anche un altro avversario alle primarie, Othniel Askew: quest’ultimo, pur raccogliendo fondi, non riuscì a presentare in tempo utile la candidatura. Il 23 luglio 2003, nella City Hall, Askew sparò al consigliere Davis, ma fu ucciso dalle guardie di sicurezza. Un fatto tragico che portò all’ascesa di un’altra James, Letitia, eletta con il partito di sinistra radicale delle Working Families proprio nel 2003: per la prima volta dal 1977 New York contava una rappresentante nel consiglio cittadino eletta per un terzo partito. E poco importa che presto sarebbe tornata nel partito democratico (spesso i candidati locali a New York City corrono sostenuti da entrambi i ticket, mentre i repubblicani ricevono l’appoggio del Partito conservatore di New York).
In quella City Hall, James si fa conoscere come grande combattente contro l’Amministrazione Bloomberg, all'epoca ben lontano dall’essere uno dei principali finanziatori dem, ma emblema del tycoon conservatore liberista: nel 2003 decise di appaltare CityTime, un nuovo sistema di pagamento dei dipendenti newyorchesi, alla Saic una società di consulenza basata a Reston, in Virginia, senza gara e pagandoli 63 milioni. Non solo, cinque consulenti si appropriarono di 80 milioni di dollari, facendoli risultare come spese necessarie a realizzare l’appalto. Letitia James fu la prima in consiglio a citare come sospetti i crescenti costi di realizzazione del sistema di pagamento e ad anticipare l’inchiesta di un altro noto procuratore distrettuale, Preet Bharara, la cui figura ha ispirato il Chuck Rhoades della serie tv “Billions”, interpretato da Paul Giamatti. Nel 2013, invece, James capeggiò una battaglia legale contro la speculazione immobiliare del gruppo Acadia Realty Trust a Brooklyn, approvato senza valutarne l’impatto ambientale. Credenziali che la rendevano la candidata ideale per il posto di avvocato pubblico della città, succedendo a Bill De Blasio, che correva per la carica di sindaco proprio in quell’anno. Per entrambi fu un trionfo, per James addirittura senza un’opposizione, una delle ultime vittorie dem nell’epoca di Barack Obama, il presidente che aveva appena iniziato il secondo mandato.
La coalizione di James annoverava sindacati, organizzazioni per i diritti delle donne come Planned Parenthood, organizzazioni ambientaliste e i due periodici più importanti delle minoranze newyorchesi, il settimanale Amsterdam News, riferimento della comunità afroamericana, ed El Diario, il più antico quotidiano in lingua spagnola degli Stati Uniti. Nel 2018 uno scandalo colpisce il procuratore generale dello stato Eric Schneiderman, sull’onda del MeToo, accusato di maltrattare le sue partner con percosse e altri abusi fisici e verbali. Letitia James, anche stavolta, è al posto giusto. Non si ricandida per la carica di avvocato della città di New York, facendo il grande salto verso Albany. Da lì lancerà la sua sfida ai due uomini più potenti del suo stato: il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il governatore Andrew Cuomo.
Nel primo caso, abbastanza facile capire perché, dato che Trump è una specie di “pentolaccia” dei democratici newyorchesi: basta colpirlo per ottenere vantaggi politici facili. A dare avvio all’indagine era stata la testimonianza dell’ex avvocato di Donald Trump, Michael Cohen, di fronte a tre commissioni della Camera dal 26 al 28 febbraio 2019: a catturare l’attenzione della procuratrice generale, soprattutto l’affermazione di Cohen secondo cui ogni anno, nei resoconti finanziari, la Trump Organization avrebbe gonfiato il valore dei propri asset per ottenere prestiti e finanziamenti a condizioni più favorevoli, dall’altro lato queste proprietà venivano minimizzate per ottenere sconti fiscali.
Dopo aver chiesto collaborazione in modo spontaneo, il 24 agosto 2020 arriva il mandato dall’ufficio di Letitia James di presentare alcuni documenti e il mandato di comparizione per Eric Trump, vicepresidente della Trump Organization che fino ad allora si era rifiutato di collaborare. Si legge anche che l’organizzazione avrebbe “cercato di bloccare e di trattenere i documenti e di istruire i testimoni, tra cui lo stesso Eric Trump, a non rispondere ai mandati di comparizione”.
Lo scorso luglio l’indagine su Trump si arricchisce di 15 imputazioni che coinvolgono la Trump Organization e il direttore finanziario Allen Weisselberg. Tra le altre, evasione fiscale, falso in atto pubblico ma anche associazione a delinquere e furto aggravato. Molte delle accuse sull’evasione fiscale sono state sostenute da alcuni documenti che meticolosamente avrebbero annotato le imposte aggirate con trucchi di varia natura. E arriviamo allo showdown finale, con la richiesta allo stesso Trump di comparire il prossimo 7 gennaio, ma l’ex presidente potrebbe rifiutarsi ed essere perciò incriminato e portato in tribunale per questo.
Sono proprio queste “le importanti indagini” cui la procuratrice generale avrebbe fatto riferimento quando il 9 dicembre ha annunciato di non volersi più ricandidare alla carica di governatrice contro la moderata Katie Hochul, subentrata al dimissionario Andrew Cuomo il 23 agosto. Anche in queste dimissioni, James ha avuto un ruolo significativo mostrando di non temere di affrontare Andrew Cuomo, il governatore che nella prima fase della pandemia era ritenuto “eroico” dall’87 per cento degli elettori dello stato di New York ma che veniva definito da altri, come il sindaco uscente di New York Bill De Blasio, “il tiranno di Albany”. Lo scorso agosto, Cuomo si è dimesso, dopo che è stato reso noto un documento di 168 pagine dove vengono elencati minuziosamente i suoi comportamenti nei confronti di undici donne, due delle quali rimaste anonime: molestie, pressioni di vario tipo e battutacce a sfondo sessuale. Nell’America del post MeToo, ce n’è abbastanza per distruggere una carriera politica, cosa che è puntualmente avvenuta, con tanto di richiesta di dimissioni arrivata direttamente dalla Casa Bianca nel pieno della crisi afghana dello scorso agosto.
Ma Letitia James ha fatto di più: ha pubblicato dei report che distruggono anche il mito di Andrew Cuomo, autorevole voce nella lotta alla pandemia contrapposto alla cialtroneria della Casa Bianca. James aveva cominciato a distaccarsi già nel marzo del 2020 dal destino del governatore che fino a poco prima era il suo alleato nella lotta contro il trumpismo e il suo braccio finanziario – i due hanno creato un ambiente tanto ostile a Trump da fargli lasciare New York City per sempre dopo l’addio alla Casa Bianca. Nel corso del 2020 James indaga sul trattamento dei pazienti nelle case di riposo, ricevendo entro al 16 novembre ben 953 segnalazioni di maltrattamenti e abbandono. Lo scorso 28 gennaio pubblicò un report che stabiliva come il dipartimento newyorchese della sanità avesse artificiosamente diminuito il numero dei morti in queste strutture sanitarie del 50 per cento: l’analisi stabiliva che in venti diversi centri residenziali per anziani questi problemi non fossero stati risolti ma che rappresentavano una “preoccupazione anche nel prossimo futuro”.
Il 17 febbraio uno scoop dell’Albany Times-Union rivelò che era in corso un’indagine dell’Fbi sulla condotta della task force del governatore Cuomo: secondo le accuse avrebbe ridotto in modo totalmente fraudolente questi decessi dovuti al Covid19; secondo un altro articolo comparso sul portale The City, il Bureau avrebbe incluso anche un sospetto inserimento di un emendamento nel budget statale per il 2021 che avrebbe garantito un certo livello d’immunità alle organizzazioni che gestiscono le case di riposo e che questo suggerimento sarebbe arrivato direttamente da un’organizzazione lobbistica sulla scrivania del governatore. La parabola di Cuomo è stata come quella di Elliot Spitzer, passato dalla carica di procuratore generale a quella di governatore sull’onda dell’indignazione dell’opinione pubblica. Spitzer era lo “sceriffo di Wall Street” poi diventato “Luv Guv” dal nome di un’agenzia di escort con cui era molto coinvolto. Cuomo, invece, dopo la caduta di Spitzer arriva come “popolare procuratore generale”, scelto direttamente dal presidente Barack Obama. La fine la sapete
Letitia James ha scelto, almeno per ora, di non fare il grande salto, ma di finire il lavoro che ha iniziato contro Cuomo e Trump, due rappresentanti bipartisan di quella che viene definita “mascolinità tossica”, senza limiti e senza controlli: è pur sempre la prima donna e la prima persona di colore a fare la procuratrice generale, le aspettative sono altissime.