fine della saga
Theranos, l'unicorno fake di Elizabeth Holmes è stato scoperto. Condannata la ceo
La giovane imprenditrice ha preso per il naso tutto e tutti con la sua promessa di cambiare per sempre la salute di milioni di persone. Ora un tribunale della California ha stabilito che si è trattato di frode
Bastava una goccia di sangue per poter svolgere centinaia di analisi mediche in modo veloce e affidabile. Come? Grazie a una tecnologia rivoluzionaria, ovviamente, e a una ceo bionda, dagli enormi occhi azzurri e il tono messianico di chi ha guardato troppi keynote di Steve Jobs. La fine della saga di Theranos, famigerata startup che prometteva di cambiare per sempre la salute di milioni di persone, è stata scritta oggi, quando un tribunale della California ha condannato per frode la sua fondatrice, ceo, Elizabeth Holmes. Film, documentari, gli inevitabili podcast: tutti hanno raccontato l’ascesa e pirotecnica caduta dell’azienda, la Enron della Silicon Valley. Perché Holmes aveva fregato tutti. Tutto quel mondo alla continua ricerca di un paladino del progresso, di un nuovo totem dell’innovazione, che aveva trovato nella giovane dropout di Stanford il nuovo volto sorridente del progresso americano.
Se con iPhone tutto diventava a portata di app, infatti, ecco che con Theranos, fondata nel 2003, bastava appunto un piccolissimo campione di sangue per eseguire più di 200 analisi mediche. C’era solo un dettaglio: la macchina che avrebbe dovuto analizzarli non esisteva. Stava a Theranos inventarla, testarla e produrla. Per farlo, però, aveva bisogno di soldi, tanti: più di 700 milioni di dollari, per la precisione, ricevuti dalla crema degli investitori e venture capitalist d’America. Al picco dell’allucinazione collettiva, Theranos arrivò ad avere un valore di mercato di dieci miliardi di dollari. Un deca-unicorno.
Proprio come gli unicorni, però, la tecnologia promessa non esisteva. In compenso, l’azienda aveva costruito un fitto sistema di copertura delle sue orrende lacune, fatto di test truccati, bugie e caos interno. Furono proprio alcuni ex dipendenti dell’azienda, nel 2015, a rivelare al Wall Street Journal la turpe messinscena innescando una lunga inchiesta giornalistica a cui poi sono seguiti l’indagine e il processo. Nei due anni precedenti Holmes aveva invece conosciuto la sua età dell’oro, sotto forma di copertine di Forbes, Fortune, Inc. e persino del New York Times Style Magazine. In ciascuno di questi profili, la ceo costruiva il mito di Theranos ma soprattutto di se stessa, perfezionando la figura del founder californiano che lascia il college, si alza prestissimo la mattina, fa attività fisica e sembra leggere un libro al giorno (tutte cose che su LinkedIn e TikTok vanno ancora fortissimo).
A condanna avvenuta, resta però una domanda: Holmes è una traditrice della patria (intesa come Silicon Valley) o la sua perfetta espressione? Del resto il mondo delle startup è fatto anche di “fake it until you make it”, “fingi finché non ce la fai”, espressione con cui si indica come sia necessario un certo grado di fiction, per così dire, nel racconto di sé e delle proprie imprese, con l’obiettivo di arrivare un giorno a un punto in cui realtà e finzione coincideranno. Credercela, nonostante tutto. Nonostante ci vogliano davvero le care e vecchie provette di sangue per fare tutti quei test. Nonostante le macchine miracolose non siano funzionanti. E così via: dettagli sacrificabili nel nome della vision, o così pensava Holmes.
La quale, sia chiaro, sapeva quello che stava facendo. Nel 2015, quando i primi sospetti su Theranos si fecero strada nel mondo accademico, la ceo invitò l’allora vice-presidente Joe Biden a fare un tour della sede e dei suoi laboratori. Era il miglior modo per confermare che l’azienda c’era, funzionava. I dubbi? Ciance dei soliti hater. Per l’occasione, visto che la tecnologia era davvero inesistente, fu costruito un apposito laboratorio finto da mostrare a Biden. Fake it until you make it.
Il make it, però, non arrivò mai. Da lì a poco il castello di carte si smontò e la bolla Elizabeth Holmes scoppiò, rivelando una realtà ben più triste, per quanto a suo modo epica: una giovane imprenditrice aveva preso per il naso tutto e tutti, e l’avrebbe fatta anche franca, se solo la sua promessa non fosse stata così grande e ambiziosa.
Ben prima che lo spettro del tecno-pessimismo si facesse strada nella Silicon Valley, sono state Holmes e la sua Theranos ad aver dimostrato quanto fosse alto il margine truffaldino della “startup culture” locale. Quante altre Elizabeth Holmes ci sono a questo mondo? Forse più di qualcuna. Intanto, però, una di loro è stata fermata.