Macron sui No vax ha le idee chiarissime: rompergli le palle

Micol Flammini

Il presidente francese propone di "emmerder" chi rifiuta di immunizzarsi. Gli oppositori lo criticano,  ma nel clima di una Francia in cui si intrecciano emergenza sanitaria e campagna elettorale, il candidato Macron ha deciso di comportarsi come il presidente: con rigore, senza cercare di comprendere "gli irresponsabili" per qualche voto in più

Il presidente francese, Emmanuel Macron, in un’intervista al Parisien, ha detto che ha tutta l’intenzione di “emmerder”, rompere le palle, o anche i coglioni, ai No vax. In Francia si stanno intrecciando emergenza sanitaria e clima pre elettorale, virus e voto, e le parole del capo dell’Eliseo, che ancora non si è candidato ufficialmente ma che ha intenzione di farlo, sono state molto criticate, non tanto dai cittadini quanto dai politici. Macron vuole solo che sia chiaro che se non vuoi immunizzarti e non partecipi allo sforzo personale e collettivo richiesto per mettere fine alla pandemia, allora non puoi pretendere di vivere normalmente, di andare al ristorante, al cinema, al bar. Il candidato Macron sulla pandemia ha deciso di comportarsi come il presidente, ossia con rigore, senza cercare di comprendere i No vax per attrarre il loro voto. Tanto più che in Francia si discute da giorni dell’introduzione di un pass vaccinale che servirebbe appunto a proteggere i francesi  e “emmerder” i refrattari al vaccino. Sarebbe un passo in più rispetto al certificato verde e servirebbe ad accedere ai luoghi chiusi. Ma l’Assemblea nazionale continua a non prendere una decisione e intanto la Francia ha superato i  trecentomila contagi. I partiti che hanno candidati per le presidenziali e che sperano di vincere, come i Républicains, hanno festeggiato il rinvio della discussione, hanno parlato di schiaffi al governo, ma mentre Macron propone una strada, loro, prima delle elezioni, preferiscono non decidere.  

 

La candidata dei Républicains, Valérie Pécresse, ha detto che le parole di Macron sono fuori luogo, ha condannato i toni, ha detto che dividono i francesi e si è definita “indignata": “Si vede che i francesi lo esasperano, è ora di porre fine a questo quinquennato”. Éric Zemmour che ha basato il suo ingresso in politica spesso sui toni taglienti e sulle provocazioni, di fronte alle parole di Macron ha fatto venir fuori tutto il suo pudore: “Questa non è soltanto l’affermazione cinica di un politico che vuole farsi sentire in campagna presidenziale. E’ la crudeltà ammessa, presunta, che sfila davanti ai francesi disprezzati”. A colpire Marine Le Pen invece è stata la volgarità, “la violenza inaudita” di chi vorrebbe far scoppiare una guerra tra francesi, di chi ha dimenticato di dover essere “il garante della coesione nazionale”. Da sinistra, Jean-Luc Mélenchon ha definito il pass vaccinale “una punizione collettiva contro la libertà individuale”. 

 

A usare il verbo “emmerder”, Macron non è stato neppure il primo e l’opposizione si è subito gettata sul precedente illustre per contraddirlo. Prima di lui, George Pompidou aveva detto “dobbiamo smetterla di rompere le palle ai francesi”. Ma cosa infastidisce di più i francesi? Essere legati alle restrizioni per la resistenza di pochi? O il linguaggio di un presidente che ormai ha perso la pazienza con questi pochi? I cittadini sono a favore dell’obbligo vaccinale – secondo un sondaggio dell’Express sono almeno 6 su 10 – e come aveva già fatto con il certificato verde, Macron ha puntato sul rigore e anche allora si pensava che in termini di consenso gli sarebbe costato molto. Non è stato così. Era una scommessa allora come è una scommessa adesso, ma a Macron va il merito di non aver sdoppiato il presidente dal candidato, di non aver barattato i voti con la lotta alla pandemia. Va dritto al punto, perché  “emmerder les non-vaccinés” vuol dire anche proteggere tutti gli altri.  

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)