Steinmeier bis o “una donna”? I crucci di Berlino per la presidenza

Daniel Mosseri

La Cdu e i Verdi sostengono che sia arrivato il momento di una donna a Palazzo Bellevue, mentre il Partito socialdemocratico non fa nomi: non ha alcun interesse a licenziare il candidato alla rielezione

Tramontata una cancelliera, in Germania è arrivata l’ora di un capo dello stato donna. Forse. Anzi no. Come l’Italia, la Repubblica federale è alle prese con l’elezione del presidente. Come in Italia, il primo cittadino tedesco è eletto dal Parlamento integrato da un numero di elettori scelti su base regionale. E come in Italia la questione di genere è spesso strumentalizzata per ostacolare l’elezione di un politico dello schieramento opposto. Il 13 febbraio, il Bundesversammlung si riunirà per scegliere il prossimo presidente federale, e il capo dello stato uscente, il socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier, si è candidato alla rielezione da prima dell’estate. In Germania è quasi la regola: dei dodici capi dello stato, tutti uomini, che i tedeschi si sono dati dal 1949 – due liberali, sei moderati, tre socialdemocratici e un indipendente – quattro sono stati rieletti (Theodor Heuss, Heinrich Lübke, Richard von Weizsäcker e Horst Köhler), un paio non ci hanno provato perché troppo avanti con gli anni o perché non interessati, altri hanno rinunciato perché non avevano una solida maggioranza dietro di loro, altri ancora sono stati implicati in scandali giudiziari.

 

Nel 2017 Steinmeier fu eletto con i voti della große Koalition e la benedizione di Angela Merkel. Negli ultimi cinque anni l’ex ministro degli Esteri non ha lasciato il segno per aver avviato dibattiti di rilievo ma ha garantito la governabilità convincendo il proprio partito al terzo esecutivo di larghe intese sotto la guida della leader venuta dall’est. Oggi però le condizioni politiche sono cambiate: la Cdu è finita all’opposizione e i Verdi fanno parte della coalizione di governo. Sono stati proprio questi due partiti a sostenere in tempi recenti che è venuto il momento di mandare una donna a Palazzo Bellevue. Il primo a parlare è stato Hendrik Wüst, presidente dallo scorso ottobre del grande Land Nord Reno-Vestfalia al posto del dimissionario Armin Laschet. “Dopo che l’Unione Cdu-Csu ha fornito il primo cancelliere donna, il primo ministro della Difesa donna e il primo presidente donna della Commissione Ue, sarebbe logico che proponesse anche il primo presidente federale donna”, ha argomento Wüst a inizio dicembre, rivendicando il femminismo di fatto del grande partito moderato tedesco.

 

“Il nostro candidato dovrebbe incarnare la Germania moderna”. Nomi? Nessuno. Parole che avrebbero dovuto mettere in difficoltà la Spd, “colpevole” di aver sostituto la cancelliera federale con un uomo. E’ evidente che il Partito socialdemocratico non ha alcun interesse a licenziare Steinmeier; d’altro canto, non si può facilmente accusare il più antico partito tedesco di essere maschilista: la nuova legislatura è iniziata con l’elezione della socialdemocratica Bärbel Bas a presidente del Bundestag, la seconda carica dello stato, mentre il neocancelliere Scholz ha affidato a quattro compagne di partito gli Interni e la Difesa, l’Edilizia e la Cooperazione allo Sviluppo.

 

Nelle scorse settimane anche i Verdi si erano espressi a favore di un presidente donna, avendo fra l’altro l’eleganza di fare almeno un nome. Dal cilindro degli ecologisti è così apparsa Katrin Göring-Eckart, classe 1966 nata e cresciuta nella Ddr, studi di Teologia non completati, eletta al Bundestag nel 1998 e presidente del Sinodo della  chiesa evangelica in Germania dal 2009 al 2013. Quando poi a metà dicembre i Liberali hanno appoggiato la linea della Spd per la rielezione di Steinmeier, i Verdi si sono trovati isolati. Rompere l’appena varata intesa politica della coalizione semaforo non era certo possibile e così anche i Grünen, il partito tedesco più al femminile di tutti, hanno acconsentito alla rielezione del capo dello stato uscente.

 

Gli ecologisti sono stati imitati a ruota dalla Cdu: il suo presidente uscente Armin Laschet, ha descritto Steinmeier come “il candidato giusto”, capace di “rafforzare la coesione del paese”. E le donne? Di loro si è ricordato in queste ore il segretario generale designato dei Liberali (Fdp) Bijan Djir-Sarai, nato a Teheran nel 1976 e cresciuto a Grevenbroich, in regione renana. “Uno dei compiti per me importanti è rafforzare la percentuale di donne in posizioni dirigenziali”, ha dichiarato ad Ard. Con tre ministri uomini e una donna, l’Fdp è l’unico partito della maggioranza semaforo che non ha rispettato la parità di genere.