Imperialista a chi? Una mappa della presenza militare della Russia nel mondo

Micol Flammini

Mosca accusa l'occidente di colonialismo e la Nato di espansionismo ai danni della sicurezza russa. Ma è il Cremlino a mandare i suoi soldati, regolari e non, ovunque

Il presidente del Kazakistan, Qasim-Jomart Tokayev, lunedì ha detto che la situazione nel suo paese è stata risolta e che le forze della Csto,  l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva intervenuta per reprimere le proteste nel paese, se ne andranno a breve. Poco dopo, Vladimir Putin, ha detto che le forze della Csto  verranno ritirate gradualmente: lasciando intendere che sarà Mosca a giudicare quando sarà il momento. 

  

Questa settimana si terranno colloqui importanti tra la Russia e la Nato, e Mosca ha detto che non intende parlare di Kazakistan, ma solo di Ucraina, un argomento alla volta. Ieri è stata la giornata dell’incontro russo-americano a Ginevra, è stata Mosca a volere tutti questi vertici e vorrebbe che da questi appuntamenti uscisse una nuova architettura della sicurezza internazionale disegnata a suo piacimento.  

 

Il Cremlino accusa l’occidente di imperialismo, dice che la Nato ha  aumentato  le sue aree di influenza a discapito di Mosca. Ma alla base di queste affermazioni c’è molta propaganda, perché la Russia è una potenza militare che è presente ovunque, in Asia centrale, in medio oriente, in Africa, in Sudamerica, nei Balcani, in Bielorussia. In questi anni è stata molto abile a riempire gli spazi lasciati vuoti dagli occidentali, come è accaduto durante la guerra in Siria o in Libia, dove ha mandato i suoi mercenari a sostenere  il generale Haftar.

 

 

 
Militari russi fuori dal proprio territorio
Infogram

 

 

Oltre alle truppe regolari, Mosca usa spesso milizie mercenarie, uomini affiliati alla compagnia privata Wagner, ma che rispondono agli ordini del Cremlino. Sono loro che agiscono là dove la Russia vuole essere presente, ma non vuole farsi vedere, dove spesso va a riempire l’assenza occidentale. Come in Mali, dove i francesi si sono ritirati e  sono stati sostituiti subito dai russi. I mercenari sono presenti anche nella Repubblica centrafricana, in Sudan, in Mozambico, in Madagascar. Sono impegnati a proteggere gli interessi russi, legare i governi locali a Mosca e addestrare  truppe. Spesso mercenari ed esercito regolare convivono, come in Siria. 

    

Ci sono molti dubbi sulle effettive capacità militari della Russia, la situazione economica del paese è sempre più compromessa, è difficile immaginare che Mosca possa mandare avanti la ricerca militare quanto  uno stato ricco come gli Stati Uniti. Per questo spesso l’arte di Mosca è battere gli altri sul tempo: destabilizzare prima che colpire. Nei territori di interesse europeo è presente in Ucraina, in Crimea con i suoi uomini e nel Donbass con i mercenari;  in Transnistria, la parte separatista della Moldavia, non riconosciuta come stato dalla comunità internazionale. La Bielorussia ha aumentato la sua dipendenza militare da Mosca da quando Aljaksandr Lukashenka ha inasprito il suo regime rubando le elezioni del 2020. Molti dittatori per non essere rimossi hanno chiesto aiuto a Mosca, ha fatto così il venezuelano Nicolás Maduro, che per tenere in piedi il suo  regime brutale ha lasciato il suo territorio anche nelle mani dei mercenari. 

 

La Russia protegge i suoi interessi di sempre, come in Asia centrale o in Abkhazia e Ossezia del sud, i due territori che confinano con la Georgia, ma esplora nuovi territori. Anche se va dove nessuno guarda, segue una logica imperialista.  

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)