Interpol ed estradizioni. Così la Cina dà la caccia ai dissidenti
La vicenda di Idris Hasan, uiguro in attesa di estradizione in Cina dal Marocco, e i paesi occidentali che, loro malgrado, sono complici
La vita di Idris Hasan è quella di un fuggitivo. A casa sua in Cina, oppure in Turchia, in Marocco, ovunque vada Pechino riesce a raggiungerlo: non ha bisogno di spie in territori stranieri, né di sofisticate tecnologie, e nemmeno di dirottare voli aerei. Negli anni la Cina è riuscita a penetrare nel sistema delle relazioni internazionali e a stravolgerlo secondo i suoi interessi, con astuzia e, purtroppo, anche con estrema facilità. Qualche settimana fa la Corte suprema del Marocco ha deciso per l’estradizione in Cina di Idris Hasan, e molte organizzazioni non governative, da Amnesty a Safeguard Defenders, hanno denunciato il rischio che correrebbe in caso di effettiva deportazione. La Cina vuole Idris in carcere e lo accusa di essere un terrorista. Come in molti altri casi, tutti simili, il vero problema di Idris è essere un uiguro, ed essere un uiguro che parla pubblicamente.
Trentatré anni, conosciuto anche col nome di Yidiresi Aishan, Idris viene dallo Xinijang, e nel 2012 ha deciso di trasferirsi con la sua famiglia in Turchia. La minoranza uigura che Pechino perseguita è musulmana e di lingua turcofona, e molti di loro, durante il periodo di maggiore intensificazione della repressione nello Xinjiang, nei primi anni Dieci, hanno fondato intere comunità in Turchia. Idris lavorava come webmaster per un sito che diffonde informazioni sugli uiguri: lentamente, come molti altri, aveva iniziato a fare attivismo, a parlare in pubblico e a denunciare le violenze subite dalla sua comunità. In passato tutti si aspettavano che la Turchia avrebbe protetto i suoi cugini asiatici, ma poi è risultato chiaro che non sarebbe stato così.
La questione degli uiguri è molto scivolosa per il governo di Recep Tayyip Erdogan, dipendente economicamente da Pechino, e il Parlamento di Ankara ha da anni in sospeso l’approvazione del trattato di estradizione con la Cina. Quando Pechino chiede di silenziare certi dissidenti, però, la Turchia si applica: Idris è stato arrestato almeno altre tre volte durante la sua permanenza in Turchia, ha raccontato all’Independent la moglie Buzainuer Wubuli, e sempre sulla base di vaghe accuse che suonano più come intimidazioni. Per paura di una eventuale estradizione, Idris aveva deciso di fuggire in Europa passando per il Marocco, ma è stato arrestato il 19 luglio del 2021 al suo arrivo a Casablanca. Già nel 2017 la Cina, infatti, aveva emesso attraverso l’Interpol un red notice – l’equivalente di un “most wanted” americano, ma a livello internazionale – nei confronti di Idris. Quel red notice era stato poi cancellato dalla stessa Interpol, perché il sospetto che dietro alla sua incriminazione ci fosse una motivazione politica era troppo alto. Nonostante questo, la Corte marocchina ha deciso lo stesso per l’estradizione in base a un trattato bilaterale tra Rabat e Pechino.
La Cina è molto potente dentro alla polizia internazionale, quella che dovrebbe proteggerci tutti. Addirittura tra il 2016 e il 2018 era presieduta da un funzionario cinese, Meng Hongwei, che poco più di tre anni fa sparì dalla circolazione e poi si venne a sapere che era stato arrestato dalle autorità cinesi. Nonostante l’assurdità della vicenda, Pechino non ha rinunciato ai ruoli chiave dentro l’Interpol: all’ultima assemblea di fine novembre 2021 il candidato cinese Hu Binchen è stato votato nel comitato esecutivo dell’istituzione.
Ma a spaventare di più attivisti e dissidenti in giro per il mondo – compresi i numerosi cittadini di Hong Kong sfuggiti alla Legge sulla sicurezza – oggi sono piuttosto i trattati di estradizione bilaterali tra paesi occidentali e Cina-Hong Kong. A oggi America, Australia, Regno Unito, Germania, Irlanda, Olanda e Francia hanno sospeso i loro trattati di estradizione con Hong Kong, ma in numerosi paesi democratici sono ancora in essere trattati di estradizione con la Repubblica popolare cinese – che, ovviamente, per il principio di “un un’unica Cina” riguarda anche i cittadini taiwanesi. Il trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica popolare cinese è stato firmato nel 2010, è stato ratificato ed è entrato in vigore nel 2015. Da allora una decina di persone sono state estradate in Cina, quasi tutte accusate di reati finanziari dalle autorità cinesi.
Ufficialmente nessun cittadino può essere estradato dall’Italia se il reato di cui è accusato non è un reato anche qui, e se ci sono dietro motivazioni politiche. Ma i paesi autoritari, con uno stato di diritto piegato alla politica, sanno perfettamente come eludere queste garanzie.