dialogo sull'impunita'
Un attivista ci racconta come funziona il sistema di repressione in Kazakistan
Il paese, occupato dalle truppe di Putin e Lukashenka, è chiuso da una cortina di ferro all’interno della quale si continua a sparare ai civili protagonisti della più massiccia protesta pacifica dopo 30 anni di terrore, corruzione e propaganda. E l'Ue sta a guardare
Il sistema di Nursultan Nazarbayev ha costantemente eliminato ogni tipo di dissenso durante i suoi trent’anni al potere. I più importanti esponenti dell’opposizione e della società civile sono stati uccisi o imprigionati. Per questo non ci sono leader chiaramente riconoscibili nella protesta all’interno del Kazakistan”, dice al Foglio Barlyk Mendygaziyev, attivista per i diritti umani in esilio ora residente negli Stati Uniti con una moglie cittadina americana. In origine Mendygaziyev era un imprenditore: nel 1998 aveva creato la Karachaganak Support Services (Kss), specializzata nel trattamento dei fanghi oleosi che restano nei serbatoi: “L’unica in Kazakistan ad applicare le tecnologie più avanzate per evitare danni all’ambiente”, dice. Nel 2016, con un valore di mercato di 40 milioni di dollari, aveva deciso di dare la sua società ai 120 dipendenti, rimanendo come investitore e consulente, ed era poi andato negli Stati Uniti. “All’inizio del 2020 ho creato la fondazione Freedom Kazakhstan per sostenere la società civile kazaka di fronte alla repressione di massa del regime di Nazarbayev – ricorda – Ma alla fine del 2020 ho ricevuto una minaccia diretta da Karim Massimov, il capo del Comitato per la sicurezza nazionale del Kazakistan: o interrompevo la mia attività per i diritti umani, o i miei parenti e i miei colleghi sarebbero stati presi in ostaggio”. Sì, si tratta proprio di quel Karim Massimov, che è stato arrestato nel fine settimana e accusato di alto tradimento. “Rifiutai, e a quel punto il regime kazako chiese la mia estradizione per terrorismo. Ovviamente l’Interpol rifiutò ma degli uomini armati e mascherati andarono a casa di mio fratello maggiore Kalyk, che è disabile, in sedia a rotelle e quasi cieco, accusandolo di aver rubato 10 cavalli e 300 metri di cavo. All’altro mio fratello Bekizhan è stata messa della marijuana in tasca per accusarlo di traffico di droga, oltre che di finanziamento di estremisti, riciclaggio di denaro, organizzazione di un gruppo criminale ed evasione fiscale. In custodia cautelare dal 3 giugno 2021, dovrebbe essere ricvoverato perché si è aggravata una malattia cronica. Alcuni parlamentari europei hanno chiesto il suo rilascio e anche di visitarlo, ma il regime non dà il permesso”. E non lo darà certo oggi.
“In questo momento il paese è occupato dalle truppe di Vladimir Putin e Aljaksandr Lukashenka – dice – ed è chiuso da una cortina di ferro all’interno della quale si continua a sparare ai civili protagonisti della più massiccia protesta pacifica dopo 30 anni di incessante terrore, corruzione e propaganda. La richiesta è: ‘Shal, ket’”, vecchio, vattene. “Non sappiamo quanta gente sia stata uccisa, perché gli obitori di Almaty sono presidiati dai cecchini. E i parenti che stanno cercando disperatamente di ritrovare i loro cari dispersi o morti finiscono agli arresti a loro volta”.
Si parla però anche di gravi violenze da parte dei manifestanti. E c’è questo scenario su un tentato golpe montato proprio da Massimov, con la partecipazione armata di stranieri. “La cosa peggiore è che governi e media stanno ripetendo la propaganda di Nazarbayev – dice Mendygaziyev – In realtà, questo è uno schema consolidato da tempo per screditare i manifestanti pacifici. Esattamente lo stesso scenario che si verificò a Zhanaozen, durante le proteste del 2011. Anche allora agenti di polizia e criminali controllati dai servizi di sicurezza organizzarono pogrom in modo da consentire alla polizia di aprire il fuoco sui cittadini pacifici, imporre lo stato di emergenza e bloccare le informazioni su quanto accaduto. Il principale flusso di informazioni sui pogrom viene infatti da Almaty, dove operava la banda di criminali del boss Dikiy Arman, che era in realtà sotto il controllo del Comitato per la sicurezza nazionale. Così il regime di Nazarbayev ha avuto il pretesto per introdurre lo stato di emergenza e far uccidere impunemente i manifestanti. Ha dovuto far venire gli occupanti Putin e Lukashenka, perché la polizia e l'esercito del Kazakistan si stavano schierando dalla parte del popolo”.
Davvero la protesta è iniziata per il gpl? “La comunità internazionale crede che la protesta sia iniziata il 2 gennaio, ma in realtà è cominciata molto prima. La situazione stava montando da tempo, e come accade nei paesi autoritari non si sa mai quale sarà la scintilla finale. Negli ultimi cinque anni più di novemila persone sono state vittime di persecuzione politica in Kazakistan per aver partecipato a proteste o criticato le autorità, ci sono stati sei omicidi politici, e ogni mese c’erano notizie di retate per prevenire altre proteste. Ci sono 16 prigionieri politici e più di 200 attivisti condannati a varie restrizioni, in base alle sentenze segrete con cui sono stati messi al bando i movimenti di opposizione pacifica Koshe Partiyasy e Scelta democratica del Kazakistan, definti entrambi estremisti. Qualsiasi critica in Kazakistan è trattata come estremismo, sullo sfondo di una baldoria senza fine per la famiglia Nazarbayev, che si crogiola nel lusso a spese di cittadini che sono costretti a indebitarsi per comprare da mangiare. L’aumento del prezzo del gpl non è stata che l’ultima scintilla. E’ anche significativo che le proteste siano iniziate a Zhanaozen, dove le autorità non permettevano ai residenti di partecipare a cerimonie di commemorazione dei cittadini che erano stati uccisi nel 2011. I kazaki hanno approfittato delle vacanze per uscire finalmente in massa e protestare. La polizia non è stata in grado di reagire rapidamente e ne è seguita una reazione a catena, con adesioni in tutte le città. Alle richieste sociali si sono subito aggiunte quelle politiche: ‘Shal, ket’, licenziamento del governo, rilascio dei prigionieri politici. Nemmeno la concessione del regime di abbassare il prezzo del gpl e il licenziamento del governo sono bastati. I kazaki sono uniti da una chiara richiesta: il regime di Nazarbayev deve finire”.
Ma chi è che manifesta? “Kazaki comuni, di tutte le professioni ed età – dice Mendygaziyev – Persone che in questi anni si sono rese conto di vivere in povertà nel paese più ricco del mondo e che i loro diritti venivano sistematicamente violati, e non hanno potuto più sopportarlo”.
Quali sono i rapporti tra l'opposizione storica e questa protesta? “Gli slogan della protesta erano gli stessi di Scelta Democratica e del Koshe Partiyasi. Insieme, questi movimenti contavano oltre 200 mila follower nelle chat di Telegram, tra il 2017 e il 2020. Lì si discuteva di riforme politiche attraverso un processo pacifico, ma le autorità li hanno definiti terroristi. Onu, Ocse, dipartimento di stato americano, Parlamento europeo hanno tutti denunciato come il Kazakistan abusi della legislazione antiterrorismo per perseguitare il dissenso, e adesso il presidente Qasim-Jomartč Tokayev col definire i manifestanti ‘terroristi’ continua con quel copione. Con la risoluzione dell’11 febbraio 2021 il Parlamento europeo aveva raccomandato di imporre sanzioni personali ai trasgressori dei diritti umani in Kazakistan, ma i diplomatici europei hanno preferito dare credito alle pseudo-riforme del regime. Sia le ambasciate sia la delegazione dell’Ue ad Astana hanno generalmente evitato incontri con l’opposizione, e al contrario hanno appoggiato la propaganda di Nazarbayev, anche facendo pressioni per la rimozione dei nomi degli assassinati e dei prigionieri politici dalla risoluzione del Parlamento europeo. Fortunatamente, i deputati non li hanno assecondati, però il regime di Nazarbayev è rimasto impunito. Mentre Lukashenka e l’entourage di Putin sono soggetti a sanzioni dell’Ue per crimini simili, i carnefici di Nazarbayev sono liberi di godersi il bottino e riposare all’estero. Il regime di Nazarbayev ha ben compreso questo messaggio e per questo ora si aspetta di rimanere impunito”.
Ma Nazarbayev non è stato ormai esautorato da Tokayev? “Tokayev è totalmente dipendente da Nazarbayev, e la gente lo chiama ‘il mobile’. Come una sedia che il padrone sposta dove vuole: è assolutamente senza fegato. E’ sempre stato disprezzato, e la sua opinione non è mai stata presa in considerazione. Tutti capiscono che Tokayev è solo un esecutore testamentario degli ordini criminali di Nazarbayev. Anche adesso, le dimissioni di Nazarbayev dal Consiglio di sicurezza non sono che un altro trucco per evitare la responsabilità di repressioni e sparatorie di civili, e salvare i beni di Nazarbayev dalle sanzioni personali. E’ la Costituzione stessa del Kazakistan a dire che Nazarbayev è il ‘capo della nazione’. Il ‘Führer’. Ricopre la carica di primo presidente e capo del Consiglio di sicurezza a vita e può ‘reintegrarsi’ in qualsiasi momento. Nessuno della famiglia è stato colpito dalle epurazioni, e sia suo nipote Kairat Satybaldy sia il figlio di suo nipote Samat Abish sono rimasti nelle loro posizioni al vertice. Solo Masimov è ora usato come capro espiatorio. Teniamo conto che dal settembre del 2021 Tokayev è stato associato alla resa della sovranità del Kazakistan a Russia e Cina attraverso un memorandum che prevede la piena cessione di tutti i dati del governo e i dati personali dei cittadini a un ente privato controllato da Putin e tecnologicamente mantenuto dalla cinese Huawei. Ora Tokayev è odiato non meno di Nazarbayev: è la personificazione della repressione, e il traditore che ha chiamato in Kazakistan almeno 15 mila soldati russi”.
Come finirà? “Il popolo del Kazakistan ha sentito la forza della propria unità, ma purtroppo più a lungo i regimi di Nazarbayev, Putin e Lukashenka rimarranno impuniti per aver sparato sui kazaki, più ci saranno vittime, più difficili saranno la crisi e la ripresa. E’ un grande fallimento dell’Ue: l’acquiescenza dei suoi diplomatici verso il regime ha portato il paese a essere completamente occupato dalla Russia. Sono sicuro che il popolo del Kazakistan non accetterà l’occupazione. Dopo la caduta dei monumenti a Nazarbayev, inizierà una guerriglia contro gli occupanti. Per evitare che il paese e l’economia sprofondino nel caos totale e ci sia una nuova ondata di profughi, il finanziamento del terrore sanguinario dei regimi di Nazarbayev, di Putin e di Lukashenka deve cessare. Ci devono essere nuove sanzioni personali, e immediate”.