In Inghilterra
Chissà se BoJo sopravvive alla festa che gli preparano Cummings e Sunak
Il partygate s'allarga, il premier inglese si scusa di nuovo. La rivolta interna ai Tory è aspra, ma si vedono le tracce dell'ex consigliere molto arrabbiato e il cancelliere dello Scacchiere, molto defilato, sembra pronto per un'eventuale sostituzione
Ogni giorno si scopre una nuova festa a Downing Street durante il lockdown, anzi due, come è accaduto ieri: un consigliere del premier Boris Johnson fa il dj, altri vanno a comprare gli alcolici, poi a un certo punto ci si rincontra tutti. Era il 16 aprile e il paese era, oltre che in lockdown, in lutto nazionale: il giorno dopo ci sarebbero stati i funerali del principe Filippo. Le immagini della regina Elisabetta in chiesa da sola erano già strazianti allora e lo sono ancora più adesso, se si pensa all’assembramento alcolico a casa del premier e se si pensa anche alla settimana terribile che ha passato la regina per via di suo figlio Andrea. Johnson si è scusato di nuovo, l’inchiesta sul partygate ha nuovo materiale da valutare, la ribellione interna al Partito conservatore riprende slancio.
E’ difficile da fuori capire quanto grande sia la rivolta né soprattutto quali siano i suoi tempi, ma in questo stato d’allerta che monopolizza la politica inglese alcune tracce si vedono con maggiore chiarezza. Una su tutte: quella di Dominic Cummings. L’ex consigliere di Boris Johnson, defenestrato nel novembre del 2020 sembra il regista occulto di questa congiura. Non ha fatto mistero di voler affossare il suo ex capo: lo ha detto ai giornali, lo ha detto ai Comuni, lo scrive sul suo blog. L’arma che ha a disposizione è letale: ha screenshot dei messaggi, ha le comunicazioni interne, ha le email, ha i calendari, ha l’agenda del premier. Questa mole d’intelligence affosserebbe chiunque, figurarsi un premier così caotico e, scopriamo, festaiolo come Johnson. Anche il metodo, questo stillicidio di informazioni per cui sembra passata la tempesta e poi arriva un altro tuono, è tipico di Cummings, uomo meticoloso e brutale. Poi c’è, e questo è il problema più grande, un politico all’apparenza mite pronto a sostituire Johnson: Rishi Sunak.
Il cancelliere dello Scacchiere ha ottenuto questo suo incarico nel febbraio del 2020 sospinto da Cummings che voleva far fuori il predecessore di Sunak, Sajid Javid. Tra i due era in corso uno scontro di potere: Cummings aveva creato un team di consiglieri che di fatto facevano da controllori dell’operato del cancelliere dello Scacchiere, che sta alla porta accanto di Downing Street, al numero 11. Era una unità di collegamento, ma Javid la vedeva, probabilmente a ragione, come un’invasione e aveva chiesto a Johnson di sbarazzarsene. Il premier non era riuscito a convincere Cummings, Javid aveva minacciato le dimissioni, Johnson aveva riprovato a convincere Cummings, Javid si dimise. Quel tema di controllo è ancora lì, anche se pure Cummings nel frattempo non c’è più ed è considerato il fortino interno da cui Sunak, se mai lo farà, lancerà il suo attacco al vicino di casa.
Il cancelliere dello Scacchiere in questi giorni è stato molto tiepido nei confronti di Johnson. Non è l’unico – non è il momento in cui si fanno difese pubbliche del premier, questo – ma la sua vaghezza mentre si tiene a chilometri di distanza ha un luccichio sinistro, mentre fonti anonime riferiscono ai tabloid di freddezze palpabili e soprattutto di un precedente rilevante: nel 1990, quando la Thatcher capì di non avere abbastanza voti del partito per continuare, dov’era il suo cancelliere dello Scacchiere John Major? A fare il vago lontano da Londra. In realtà i ricordi della fine della Thatcher vengono citati ovunque come monito a Johnson: meglio andarsene che farsi cacciare dai propri stessi compagni. Ma il premier sembra che voglia resistere: si è chiuso nel palazzo, aspetta. Sunak, 41 anni, di origini indiane, mezzo filosofo e mezzo economista, sposato molto bene e da tempo, buoni rapporti con quasi tutti rappresenta l’alternativa perfetta a Johnson. Il quale potrebbe essere stato il primo a scambiare l’educata gentilezza di Sunak per fedeltà nella cattiva sorte.