Qui Bruxelles
La tassonomia del Green deal rischia di saltare
Berlino contro il nucleare vuole più flessibilità sul gas. Tutti contro tutti, anche in famiglia
La proposta della Commissione europea di inserire il gas e il nucleare nella tassonomia del Green deal rischia di non sopravvivere alla prova degli stati membri e del Parlamento europeo. La bozza inviata il 31 di dicembre 2021 alle capitali per chiedere un parere prima della proposta formale sulla classificazione degli investimenti verdi ha causato un’ondata di giudizi negativi. Nel fine settimana è stata la Germania a rendere pubblica la sua valutazione: il governo di Olaf Scholz non solo è contrario all’inclusione del nucleare tra le fonti energetiche considerate come verdi, ma vuole un regime più flessibile per il gas. Austria e Lussemburgo hanno già annunciato un ricorso davanti alla Corte di giustizia dell’Ue contro il nucleare. La Spagna ha criticato la bozza, perché “gas naturale e nucleare non possono essere considerati tecnologie verdi o sostenibili”. L’Italia, come la Germania, vuole regole meno rigide per le centrali a gas. I Paesi Bassi, per contro, hanno chiesto di escludere del tutto il gas.
Nel frattempo, la Piattaforma sulla finanza sostenibile – l’organismo di esperti che consiglia la Commissione – ha pubblicato un parere che equivale a una bocciatura: le soglie scelte dalla Commissione per considerare le centrali a gas compatibili con il Green deal sono troppo alte, mentre l’inclusione delle centrali nucleari (vecchie e nuove) vìola il principio del “do not significant harm”. La Piattaforma ha invitato la Commissione a modificare la sua proposta, che dovrebbe essere formalizzata il 2 febbraio. La riposta è arrivata dalla commissaria ai Mercati finanziari, Mairead McGuinness: “Potremmo modificare la proposta in un punto o in un altro per affrontare alcune obiezioni (...), ma abbiamo un margine di manovra limitato”.
La Commissione ha poco margine di manovra, perché la bozza è il frutto di un delicato equilibrio che doveva accontentare tutti. In primis la Francia e i paesi dell’est sul nucleare, ma anche la Germania, l’Italia e altri paesi dell’est con parametri molto laschi sul gas. A dicembre Emmanuel Macron e Olaf Scholz avevano trovato un’intesa per evitare uno scontro sulla tassonomia. Ma alla fine – come spiega al Foglio un diplomatico – “la Commissione ha cambiato nome allo status quo e lo ha chiamato verde”. Tutti sembrano scontenti. Al punto che potrebbe formarsi una coalizione di paesi con interessi divergenti, ma pronti a unirsi per formare la maggioranza qualificata necessaria a respingere la proposta sulla tassonomia. Anche il Parlamento europeo, che ha un potere di veto, è in rivolta. I gruppi dei Verdi, della Sinistra e buona parte dei Socialisti sono contro. Anche dentro il Partito popolare europeo si alzano voci in dissenso. “Forse la migliore cosa da fare è cestinare questo atto delegato”, ha detto il deputato tedesco, Peter Liese, portavoce del Ppe per l’Ambiente.
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