Cosa succede se Putin chiude il rubinetto del gas

David Carretta

Per il momento non c'è ancora una crisi, ma “quest'anno è più difficile per la situazione geopolitica e la situazione globale del mercato”, spiega al Foglio un funzionario della Commissione

Bruxelles. L'Unione europea è in grado di superare l'inverno se il presidente russo, Vladimir Putin, decidesse di tagliare le forniture di gas ai suoi stati membri? Nel contesto delle tensioni sull'architettura di sicurezza in Europa, con la Russia che minaccia di invadere l'Ucraina e l'occidente che dice di essere pronto a “sanzioni massicce”, lo scenario di una rappresaglia da parte di Putin non è escluso. Anzi. Gli Stati Uniti e l'Unione europea stanno prendendo in seria considerazione l'ipotesi che il presidente russo chiuda il rubinetto del gas. Il presidente americano, Joe Biden, e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, hanno pubblicato una dichiarazione congiunta sulla cooperazione sulla sicurezza energetica. Stati Uniti e Ue stanno lavorando insieme “per far fronte a shock di forniture di gas, incluse quelle che potrebbero risultare da un'ulteriore invasione russa dell'Ucraina”. L'amministrazione Biden ha avviato contatti diplomatici con produttori di Gnl (gas naturale liquefatto) per verificare se possono rifornire l'Ue. Von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, hanno avuto conversazioni telefoniche con l'emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani. Obiettivo “accelerare la partnership Ue-Qatar, incluso sull'energia”, ha detto von der Leyen: "E' importante rafforzare la sicurezza energetica dell'Europa con tutti i partner affidabili”.

 

Sono tre gli scenari su cui sta lavorando l'Ue in caso di rappresaglia di Putin: interruzione parziale delle forniture di gas, interruzione grave e interruzione totale. Per il momento non c'è ancora una crisi del gas, ma “la situazione quest'anno è più difficile per la situazione geopolitica e la situazione globale del mercato”, spiega al Foglio un funzionario della Commissione. Putin ha già iniziato a ridurre le forniture, con Gazprom che onora i contratti di lungo periodo, ma ha smesso di rifornire lo “spot market” (gli acquisti immediati) europei. “Abbiamo meno flussi dall'est”, spiega la fonte. Il livello delle scorte di gas attualmente è al 40 per cento, il 10 per cento in meno degli anni precedenti. L'Ue ha già aumentato le forniture di gas naturale liquefatto (Lng). Le capacità di rigassificazione sono usate al 66 per cento, ma a partire da gennaio potrebbero arrivare al 75-80 per cento. Gli Stati Uniti sono già il principale fornitore di Lng. Nella dichiarazione congiunta con von der Leyen, Biden promette “forniture energetiche abbordabili”. Ma sono “prezzi di mercato”, spiega al Foglio un'altra fonte della Commissione. Quanto al resto del mondo, la commissaria all'Energia, Kadri Simson, la prossima settimana sarà a Baku, in Azerbaijan, altro importante produttore che potrebbe compensare parzialmente il gas russo. La Commissione intende discutere anche con gli altri paesi del Golfo, l'Egitto e l'Algeria, e proporrà ad alcuni paesi asiatici degli accordi “swap” (scambio) per ricomprare loro del gas. Ma la capacità Lng non basterebbe a compensare le forniture russe, che rappresentano il 40 per cento delle importazioni di gas dell'Europa. La Commissione non vuole svelare quali sono i piani in caso di interruzione totale. Ma – spiega un terzo funzionario – entreranno in gioco le riserve con fornitori aggiuntivi, i gasdotti interconnessi, il nucleare, le rinnovabili, probabilmente anche le vecchie centrali a carbone. Inoltre sarebbe necessario “controllare la domanda”, dice il funzionario.

 

Cosa significa controllare la domanda? Il think tank Bruegel ha provato a rispondere alla domanda di cosa accadrebbe in caso di taglio delle forniture da parte della Russia. La conclusione è che le misure per sostituire il gas russo non saranno sufficienti a reggere più di questo inverno e che l'Ue dovrà tagliare la domanda, con decisioni difficili e costose che possono includere l'interruzione della produzione industriale in alcuni settori e meno riscaldamento nelle case. In un articolo uscito firmato da Ben McWilliams, Giovanni Sgaravatti, Simone Tagliapietra e Georg Zachmann, il Bruegel evoca la possibilità di una riduzione delle forniture russe o nello scenario peggiore un completo arresto. "L'Europa può sostituire le importazioni di gas russo questo inverno e nei prossimi due inverni? A prescindere da cosa accade, al soluzione più efficiente richiede aggiustamenti sul laro della domanda per ridurre la dipendenza dal gas, invece che limitari a sostituire il gas russo con importazioni da altri paesi". Vediamo i diversi scenari.

 

Il primo riguarda il 2022. Le riserve di gas sono ai minimi storici, la domanda globale è ai massimi, e i prezzi sono più che triplicati nell'ultimo anno. Un inverno finora relativamente mite non ha provocato scenari peggiori. Ma la Russia ha già iniziato a usare l'arma del gas, destabilizzando il mercato europeo con la decisione di Gazprom di non accettare forniture aggiuntive oltre a quelle dei contratti di lungo periodo. Secondo il Bruegel, "fino all'estate, l'Ue sarebbe probabilmente in grado di sopravvivere a interruzioni su larga scala delle forniture di gas russe, sulla base di una combinazione di maggiori importazioni di Gnl (nella misura limitata ciò è tecnicamente possibile) e misure dal lato della domanda come la riduzione del gas industriale". Al di là del Gnl, la prima scelta difficile e costosa da fare nel 2022 sarebbe di interrompere la produzione industriale in alcuni settori. Questo "avrebbe un costo per l'economia dell'Ue e potrebbe persino portare alcuni paesi (quelli più esposti al gas russo e meno interconnessi con altri paesi dell'Ue) a dover adottare misure di emergenza", spiega Bruegel.

 

L'altra domanda che si è fatto il Bruegel è cosa potrebbe accadere se la Russia tagliasse il gas anche nei prossimi anni. "Se una sospensione del gas russo dovesse essere prolungata nei prossimi inverni, sarebbe più difficile per l'Ue farvi fronte", risponde il think tank. "Dal lato dell'offerta è disponibile una certa capacità di importazione inutilizzata, ma raggiungere la scala richiesta per sostituire interamente i volumi russi sarebbe nel migliore dei casi molto costoso e nel peggiore fisicamente impossibile", spiegano i ricercatori: "I fattori limitanti includono i vincoli sulla capacità di liquefazione globale, gli obblighi esistenti nell'attuale mercato del Gnl e le considerazioni sulle opportunità commerciali nei paesi produttori in relazione al dirottamento delle spedizioni dall'Asia". Il risultato "sarebbero anche implicazioni sui prezzi ed effetti di secondo impatto sui paesi più poveri". Secondo il Bruegel, "l'Ue dovrebbe quindi ricorrere a misure dal lato della domanda, che si rivelerebbero dolorose per diversi paesi". L'impatto politico per l'Ue sarebbe significativo con "interrogativi su come condividere equamente l'onere". Per "gestire la situazione in modo ordinato - conclude il Bruegel - dovrebbero essere prese decisioni difficili e costose".

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