colloqui incrociati
Il momento della diplomazia a tenaglia con la Russia
Se Mosca ha accerchiato militarmente l'Ucraina, Stati Uniti, Nato e Ue provano ad accerchiarla con la diplomazia, che serve anche a guadagnare tempo. Biden tiene stretti gli europei nel gestire la crisi. C’è solo un’eccezione, la solita: Orbán
Se la Russia ha accerchiato, fin dove possibile, l’Ucraina con l’esercito, Stati Uniti, Nato e Unione europea stanno cercando di accerchiarla con la diplomazia. Finché si parla non si spara, sono tutti convinti di questo, e l’ostinazione di Emmanuel Macron a proseguire il dialogo con Mosca non ha mire diverse rispetto a quelle degli Stati Uniti. Ieri il presidente francese ha parlato al telefono con il presidente russo Vladimir Putin. Putin gli ha detto che non è soddisfatto delle risposte avute dalla Nato e dagli Stati Uniti, che secondo il Cremlino non avrebbero preso in considerazione le preoccupazioni russe sulla sicurezza. Macron ha affermato che bisogna fare di tutto per evitare uno scontro militare e insieme hanno deciso di proseguire con il dialogo. Parlare serve se non a risolvere la situazione, a prendere tempo. Gli Stati Uniti stanno mostrando che le provocazioni russe avranno delle conseguenze, se Putin vuole aumentare i rischi, loro stanno sollevando davanti a lui un muro sempre più resistente contro il quale il presidente russo non può far altro che schiantarsi. La diplomazia per lui è un’offerta preziosa e ieri durante un incontro con la stampa, al quale il Foglio ha partecipato, l’ambasciatore americano a Mosca, John Sullivan, ha detto che anche i russi stanno prendendo la questione seriamente. Ha ribadito che il rischio di uno scontro è imminente, la situazione è molto diversa dall’aprile del 2021, quando Mosca aveva ammassato truppe lungo il confine orientale dell’Ucraina. Ora gli uomini e i mezzi sono di più, sono anche in Bielorussia: “Capisco quello che il governo russo ha detto pubblicamente, che non ha intenzione di invadere, ma i fatti sul campo raccontano una storia molto diversa”. La Russia esclude di voler attaccare, ma non ci sono dubbi sul fatto che le provocazioni arrivino dal Cremlino non da Bruxelles o da Washington. Sullivan ha semplificato bene il concetto: “Se metto una pistola sul tavolo e dico ‘vengo in pace’ è comunque una minaccia”. Mosca ha capito che il tempo dei negoziati serve anche a lei, ma predilige i bilaterali: spera ancora di dividere gli occidentali.
Biden è invece riuscito a riunire il fronte occidentale, in una dichiarazione assieme alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha anche detto che Stati Uniti e Ue sono pronti ad affrontare insieme il problema energetico, incluso lo choc di forniture di gas che potrebbe risultare da un’invasione dell’Ucraina. All’appello di fronte a questa unità che ha rinvigorito il fronte occidentale però manca sempre qualcuno. Non è la Germania, che tentenna e vuole proteggere i suoi affari, ma è l’Ungheria. Viktor Orbán ha detto che vuole aumentare le forniture di gas dalla Russia e il primo febbraio andrà a Mosca da Putin. Ha detto che sta con la Nato, ma ha un’alleanza molto forte con la Russia: gode della protezione dell’Alleanza, del denaro dell’Ue, ma come al solito ostacola i suoi e aiuta gli altri.
E’ stato John Sullivan a recapitare mercoledì le risposte americane presso il ministero degli Esteri russo. C’è una foto che lo ritrae mentre entra: il volto teso. “Se vi state chiedendo – ha detto durante l’incontro – cosa sta passando per la mente di un diplomatico americano in questi momenti di tensione e in procinto di impegnarsi in una diplomazia complessa, è, cavolo, spero di non cadere vista la neve e il ghiaccio qui sui gradini”. Non è caduto.